PORFIRIO

42. Ancora un’altra specie di Simboli era di questo genere.

Non passare oltre la bilancia, cioè non prevaricare.

Non attizzare il fuoco con il coltello, cosa che significa non

eccitare con parole taglienti chi è gonfio di collera.

Non sfronadare la corona, vale a dire non violare le leggi,

perché esse sono le corone della città.

Non mangiare il cuore, come a dire non ti tormentare con

afflizioni.

Non stare seduto sul moggio, non vivere ozioso.

No ti voltare indietro quando parti per un viaggio : non ti

aggrappare a questa vita al momento di morire.

Non camminare per le vie frequentate dal popolo, precetto

per cui intendeva dire di non seguire le opinioni dei più

ma di correr dietro a quelle dei pochi e dotati di cultura.

( Porfirio, vita di Pitagora, Rusconi )

  

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DISPERATE ALEGRE

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O dunque forte, vittoriosa e trionfatrice mascella d’un asino

morto, o diva, graziosa e santa mascella d’un polledro defunto, or

che deve essere della santità, grazia e divinità, fortezza, vittoria e

trionfo dell’asino tutto, intiero e vivente, – asino, pullo e madre,-

se di quest’osso e sacrosanta reliquia la gloria ed exaltazion è tanta ?

E mi volto a voi, o dilettissimi ascoltatori ; a voi, a voi mi rivolto, o 

amici lettori de la mia scrittura ed ascoltatori de mia voce ; e vi dico,

e vi avertisco, e vi esorto, e vi scongiuro, che ritorniate a voi medesimi.

Datemi scampo dal vostro male, prendete partito del vostro bene, banditevi

dalla mortal magnificenza del core, ritiratevi alla povertà del spirito, 

siate umili di mente, abrenunziate alla raggione, estinguete quella 

focosa luce de l’intelletto che vi accende, vi bruggia e vi consuma ;

fuggite que’ gradi de scienza che per certo aggrandiscono i vostri 

dolori; abnegate ogni senso, fatevi cattivi alla santa fede, siate quella

benedetta asina, riducetevi a quel glorioso pulledro, per li quali 

soli il redentor del mondo disse alli ministri suoi : – Andate al 

castello ch’avete a l’incontro – ; cioè andate per l’universo mondo

sensibile e corporeo il quale come simulacro è opposto e supposto al

mondo intelligibile ed incorporeo.

– Trovarete l’asina ed il pulledro legati : v’occorrerà il popolo ebreo e 

gentile, sottomesso e tiranneggiato dalla captività di Belial.

( G. Bruno, Cabala del cavallo pegaseo con l’aggiunta dell’asino cillenico,

Riccardo Ricciardi ed. )

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GIAMBLICO

 XX : E dunque nel corso della ‘prova’ cui erano sottoposti gli aspiranti,

egli anzitutto osservava se essi fossero in grado di tacere e di tenere per

sè, nel corso dell’apprendimento, gli insegnamenti ricevuti; in secondo

luogo osservava se si mostravano verecondi.

Quanto a lui poneva più impegno nel tacere che nel parlare.

Ma prestava attenzione a ogni altra cosa : a esempio se fossero sfrenati 

nella passione e nel desiderio, in particolare come si comportassero di 

fronte all’ira o al desiderio, e se fossero litigiosi o ambiziosi, e quanto 

inclini alla rissosità o all’amicizia. 

Se dopo aver osservato ogni cosa con estrema cura gli apparivano provvisti

di buoni costumi, allora si dava a considerarne l’attitudine all’apprendimento

e la memoria, valutando in primo luogo se fossero in grado di seguire 

con rapidità ed esattezza le parole e poi se fossero provvisti di un senso

di affezione e di un atteggiamento di sobrietà intellettuale nei confronti di

quanto apprendevano.

Esaminava quanto la loro natura inclinasse alla mansuetudine, perché

reputava inconciliabile con la sua regola di vita un atteggiamento fiero

e indomabile.

Questo infatti comportava irriverenza, sfrontatezza, sfrenatezza,

inopportunità, ottusità, anarchia, ignomia e simili ; mentre la mitezza e

la mansuetudine comportavano qualità esattamente opposte.

Questo faceva l’intelligenza nell’esserlo e divenirlo. 

( Giamblico, La vita pitagorica, Bur classici )

  

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BRABISIMO !

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SEBASTO : …Ma vorrei intendere come questa bestiaccia potrà

distinguere che colui che gli monta sopra, è Dio o diavolo, è un

uomo o un’altra bestia non molto maggiore o minore, se la più

certa cosa ch’egli deve avere, è che lui è un asino e vuole essere

asino, e non può far meglior vita ed aver costumi migliori che di

asino, e non deve aspettare meglior che di asino, nè è possibile,

congruo e condigno ch’abbia altra gloria d’asino ?

SAUL : Fidele colui che non permette che siano tentati sopra quel

che possono : lui conosce li suoi, lui tiene e mantiene gli suoi per suoi,

e non gli possono esser tolti.

O santa ignoranza, o divina pazzia, scrivendo a Caio, afferma che la

ignoranza è una perfettissima scienza ; come per l’equivalente volesse

dire che l’asinità è una divinità.

Il dotto Agostino, molto inebriato di questo divino nettare, nelli suoi

Soliloquii testifica che la ignoranza più tosto che la scienza ne conduce

a Dio, e la scienza più tosto che l’ignoranza ne mette in perdizione.

In figura di ciò vuole ch’il redentor del mondo con le gambe in piedi

de gli asini fusse entrato in Gerusalemme, significando anagogicamente

in questa militante quello che si verifica nella trionfante cittade; come

dice il profeta salmeggiante : ” Non in fortitudine equi voluntatem

habebit, neque in tibiis viri beneplacitum erit ei. “

( G. Bruno, Dialogo primo, Cabala del cavallo Pegaseo )

  

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SI SABRA’ MAS EL DISCIPULO ?

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Ma tornando a casa.

Io, Asinone, umil servo di vostre Asinissime Signorie,

col quel meglio asinil modo che so e che posso, con cor

di vero asino fedele e senza alcun disegno, vi offerisco

questo tal ragionamento, vel dono e vel consacro come

a coloro che del sangue e de la genologia de l’Autore se

li conviene e come a più degni di chiunque si reputasse

esser degno d’averlo.

A voi, dunque, s’appartiene assicurarlo da marioli, a voi 

vi conviene farlo onorar da furfanti , a voi spetta farlo pregiar

da poltroni e far sì ch’ogni animal invidioso si li pieghi, ogni

bestia malèdica lo lodi e ogni asino mal criato li faccia di 

scappuccio ; e per finirla, la vostra asinil liberalità ricompensi

il duon asineo ch’el vostro Asinone, in memoria del padre

Arculano, così cortesemente vi fa con – solamente – tenerlo

vivo ne la memoria di vostre asinissime acioni…

( Giovan Battista Pino, Ragionamento sovra de l’asino, Salerno ed. )

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NORTHERN TERRITORY

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Ripresi il cammino, lei stava male, dovevo proseguire.

L’affare con Eurimaco non si concluse.

E dopo qualcosa attirò la mi attenzione : un vecchio cartello.

“Il mio cammino attraversa

la Valle dell’Ombra della Morte

ma non temo nulla di male

perché sono Bruce

il più lurido figlio di puttana della Valle”.

Accanto alle bottiglie di South Comfort c’era una vecchia bottiglia

piena di liquido giallo con una scritta sull’etichetta :- Autentica pipì di 

aborigena del Northern Territory.

Rimasi ad aspettare.

Sentii Bruce dire a uno degli avventori che aveva comprato un locale 

nel Queensland dove un Boong puoi ancora chiamarlo Boong.

Entrò un tecnico del telegrafo, grondante di sudore e ordinò due 

birre.

– Ho sentito dire che un pirata della strada ha fatto fuori qualcuno

qui davanti – disse.

– Sii!.

Bruce mise in mostra i denti.

– Un altro po’ di carne !

– Come ?

– Ho detto un altro po’ di carne buona da mangiare.

– Da mangiare ?

– Era un bianco !

Bruce tirò fuori la lingua e rise sguaiatamente.

Vidi con piacere che il tecnico si accigliò e non replicò.

In quel momento entrò un collega del tecnico e si sedette su 

uno sgabello davanti al banco.

Era un mezzosangue, giovane e dinoccolato, con un sorriso

cordiale e umile.

– Niente coons, qui dentro !

La voce di Bruce sovrastò il baccano dei tiratori di freccette.

– Mi hai sentito ? 

Ho detto :- niente coons, qui dentro !

– Io non sono un coon- rispose il mezzosangue.

Bruce rise, gli operai risero e il mezzosangue continuò a sorridere 

a denti stretti.

Vidi le sue dita contratte intorno alla lattina di birra.

Poi Bruce, con voce esageratamente cortese, mi disse :

– Sei molto lontano dalla tua patria. Che ti servo ?

Ordinai.

– E un Violet Crumble – aggiunsi.

– E un Violet Crumble per il signor viaggiatore !

Pagai senza replicare.

Uscendo guardai a destra dell’interruttore della luce e nella 

tappezzeria vidi un foro di un proiettile.

Aveva intorno una cornice dorata con una targhetta d’ottone

– il genere che si attacca sotto le corna di cervo o i pesci imbalsamati

su cui era scritto : ‘Mike, 1982’.

Distribui le bibite e gli aborigeni le presero senza dire una parola.

( B. Chatwin, Le vie dei canti, Adelphi ed. )

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LIBRO DICIOTTESIMO

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…..Poi si rivolse a Odisseo, il distruttore della città : – Forestiero,

hai voglia di lavorare, se ti prendo al mio servizio, in qualche

lontano podere ?

– La paga ti sarà sufficiente.

Vuoi raccattare pruni e piantare alberi ?

Là ti darei da mangiare, in abbondanza : ti vestirei di panni, ti

fornirei calzari per i piedi.

Ma dopo che hai imparato – a mal fare -, non avrai certo voglia di

attendere a un lavoro, e preferisci mendicare curvo fra la gente e

nutrire così il tuo ventre insaziabile.

E a lui rispondeva il saggio Odisseo : – Eurimaco, oh, se noi due

si venisse a una gara, a chi lavora di più, nella stagione di primavera

 quando le giornate sono lunghe, dentro un prato; e io avessi una falce

ben ricurva, e anche tu ne avessi una simile, per provarci in quel lavoro,

digiuni fino al buio, e ce ne fosse dell’erba !

O si avessero da guidare buoi, dei migliori, buoi lustri di pelo, grossi,

tutti e due sazi di fieno, di uguale età, portanti uguale peso, e di forza

non facile a crollare; e ci fosse un campo di quattro iugeri, e la zolla sotto

cedesse all’aratro : allora mi vedresti se so tagliare un solco dritto e 

continuo.

E se anche suscitasse, il figlio di Crono, da qualche parte, una battaglia,

oggi stesso, e io avessi uno scudo e due lance e un elmo tutto di bronzo,

ben adatto alle tempie : allora mi vedresti nella mischia tra i primi 

combattenti, e non parleresti così rinfaccciandomi il ventre.

(  Omero, Odissea, libro XVIII )

     

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ANCORA DOMENICA (o lunedì)

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Un freddo vapore si leva dai campi rivoltati e aperti.

Davanti a me camminavano due africani gesticolando con le mani

in modo tutto africano, immersi nel loro discorso.

Fino all’ultimo non si sono accorti che ero dietro di loro.

La cosa più squallida erano le palizzate di un Hot Gun Western

City qui in pieno bosco, tutto nudo, freddo, vuoto.

Una ferrovia che non tornerà mai più in funzione.

La strada si fa lunga.

Per chilometri e chilometri di aperta campagna, su una strada

provinciale, ho tenuto dietro a due adolescenti bellezze di paese.

Loro, una in minigonna e borsettina, andavano un po’ più piano 

di me e io per chilometri continuavo a raggiungerle. 

Mi vedevano di lontano, si giravano, e poi tornavano a rallentare

un poco.

Solo in prossimità del paese si sono sentite sicure.

Quando le ho sorpassate, sono state , credo, deluse.

Poi una fattoria al margine dell’abitato. 

Da lontano ho visto una vecchia andare carponi nascosta dietro

una macchina, voleva alzarsi…e non poteva.

( W. Herzog, Sentieri nel giaccio, Guanda ed. )

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DOMENICA (e lunedì)

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Un cacciatore, accompagnato da un secondo cacciatore, mi ha

chiesto che cosa facevo lassù.

Io gli ho detto che il suo cane mi piaceva più di lui.

Wildenroth, albergo ‘Dal vecchio oste’.

Seguito il corso dell’Amper; villette da fine settimana, vuote, 

invernali.

In una nuvola di fumo c’era un anziano che riempiva di mangime 

per le cinciallegre appesa a un abete ornamentale; il fumo veniva

dal cammino.

L’ho salutato e quasi gli chiedevo se non aveva un caffè caldo sul 

fuoco.

All’inizio dell’abitato ho visto una vecchia, piccola, con le gambe

storte, con la follia sul viso; spingeva una bicicletta, andava a 

distribuire il ‘ Bild am Sonntag’.

Si accostava alle case come a un nemico.

Un bambino vuol giocare a monopoli.

La cameriera sta giusto mangiando e arriva masticando, con la 

bocca piena.

Nel mio angolo è appeso un basto di cavallo in cui hanno inserito

una lanterna stradale rossa a mo’ di lampada, più sopra c’è un 

altoparlante.

Di là viene una musica di cetra e tanto di hollereidi, mio bel 

Tirolo.

Un freddo vapore si leva dai campi rivoltati e aperti.

Davanti a me camminavano due africani gesticolando….

( W. Herzog, Sentieri nel ghiaccio, Guanda ed. )

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IL MUSCHIO GRIGIO ARDE

…Piegarsi sotto il peso delle ripetizioni, nella mancanza di

opportunità, trascinare il proprio destino : la maledizione della

loro razza.

Piccole creature umane nella vastità infinita.

Ma nonostante ancora capaci di farsi grandi, quando la dimensione

unica dei giorni allenta la sua stretta oppressiva; e l’uomo fugge 

in un altra dimensione e abbraccia la terra, si fa terra; e la terra si 

fa uomo, con le sue montagne impenetrabili e le sue selvagge distese

inviolate, i suoi ghiacciai e le sue sorgenti calde, le sue piane buie e

le sue vette infuocate che sfavillano nel vento, le sue gole in cui i 

fiumi ruggiscono precipitandosi tumultuosi, scavandosi un passaggio

tra le rocce, e intagliando sulle pareti di pietra immagini che l’uomo

affrancato in una razza di schiavi percepisce a tratti.

Sotto l’effetto di quella grazia, si dilata nella mente dell’uomo 

l’immagine della sua razza, pietrificata, riflessa dalla roccia in un 

mondo di giganti, di dei e di nani, che si apre all’impetuoso rombo

del fiume; combattimento vociante di pietra e acqua.

E da lì parte il ragazzo, divenuto poeta.

E vola sopra la sua terra sulle ali spuntate, tanto ampie da farlo

planare in ampi cerchi…

( Thor Vilhjàlmsson, Il muschio grigio arde, Iperborea )

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