I PROPRIETARI

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Già molto prima del 1789, infatti, la borghesia era la forza economica più potente

della nazione e alla base della sua prosperità e della sua potenza stavano proprio

la tratta degli schiavi e le colonie.

La tratta e la schiavitù furono dunque la base economica della Rivoluzione francese.

‘Triste ironia della storia umana’, commenta il Jaurès.

‘I patrimoni creati a Bordeaux o a Nantes, dal traffico negriero permisero alla borghesia

di inalberare il vessillo della libertà che tanto contribuì all’emancipazione dell’uomo’.

Il centro della tratta degli schiavi era Nantes.

Già nel 1666 salparono ben 108 navi per la costa della Guinea, imbarcando 37.430 schiavi,

per un totale di oltre 37 MILIONI di franchi in valore, offrendo alla borghesia cittadina

un guadagno netto tra il 15 e il 20% del capitale investito.

Nel 1700 Nantes inviava 50 vascelli ogni anno nelle Indie Occidentali, esportandovi carne

salata irlandese, pezze di lino per le famiglie e per gli indumenti degli schiavi, oltre al

macchinario per le raffinerie di zucchero.

Quasi tutte le attività industriali sviluppatesi in Francia nel corso del XVIII secolo ebbero

origine dai beni e dalle derrate destinate alla costa della Guinea o all’America.

Il capitale accumulato con la tratta degli schiavi ne fu il fertilizzante, poiché, anche se

la borghesia commerciava in altri beni, ogni attività dipendeva dal successo o dal

fallimento del traffico negriero.

Lungo il viaggio qualche nave imbarcava a Madera il vino per i coloni e a Capo Verde

la carne di testuggine essiccata per gli schiavi. Al ritorno importavano a Nantes i

prodotti grezzi delle colonie e da qui le navi olandesi avviavano la merce in Europa

settentrionale.

Dalla Rochelle e da Oberon 60 imbarcazioni trasportavano a Nantes il merluzzo per

il mercato dell’entroterra o per le colonie come alimento per gli schiavi.

Alcune navi di ritorno dalle Indie passavano dalla Spagna o dal Portogallo, per scambiare

i prodotti coloniali con quelli iberici.

Nell’anno 1758 fece per la prima volta la sua comparsa la manifattura della stoffa

indiana, ottenuta con la lavorazione del cotone grezzo proveniente dall’India e dalle

isole delle Indie Occidentali.

I piantatori e i piccoli imprenditori manifattirieri di Santo Domingo furono in grado

di mettere solide radici soltanto grazie ai capitali anticipati dalla borghesia mercantile

marittima.

Nel 1789 i mercanti della sola Nantes avevano già 50 MILIONI di franchi investiti

nelle Indie Occidentali.

Bordeaux aveva cominciato con l’industria vinicola che offriva ai suoi armatori ed

equipaggi un’ottima occasione di traffici in ogni angolo del mondo; poi venne il

cognac, diretto in ogni porto, ma soprattutto alle colonie. Verso la metà del XVIII

secolo c’erano ben 16 stabilimenti che raffinavano annualmente 10.000 tonnellate

di zucchero grezzo domenicano, impiegando quasi 4000 tonnellate di carbone.

Le manifatture locali fornivano alla città pentolame, stoviglie e bottiglie.

Le attività commerciali avevano carattere cosmopolita: a Bordeaux si trasferivano

fiamminghi, tedeschi, olandesi, irlandesi e inglesi, ammassando ricchezze e

contribuendo allo sviluppo generale.

Bordeaux trafficava con l’Olanda, con la Germania, col Portogallo, con Venezia

e con l’Irlanda, ma la fonte, origine e sostentamento di questa prospera attività

industriale e commerciale erano sempre la schiavitù e gli scambi con le colonie.

(C.L.R. James, I giacobini neri)

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IL MISSIONARIO

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orrore di altri mondi

da una migrazione all’altra

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Una volta, dopo che gli altri se ne furono andati, il missionario

le si sedette vicino sul banco e le prese una mano fra le sue.

Gli occhi della ragazza s’allargarono a quel contatto.

Ella non aveva mai conosciuto mani tanto larghe né tanto de-

boli, e soffici come quelle di un neonato: mani che evidentemen-

te non avevano mai impugnato una lancia né maneggiato una

frusta.

– Come ti chiami, figliola?,

Kohartok le domandò affettuosamente.

– Ivalù.

– E’ un bel nome: il nome della prima donna che Dio creò dalla

costola del primo uomo.

– Sì, e una ragazza è stata molto commossa nell’apprenderlo.

– Hai seguito tutte le lezioni attentamente quanto la prima,

figliola?

– Sì.

– Allora ti rendi conto che la tua bella anima continuerà a vive-

re eterna in un mondo migliore di questo, dopo che il tuo mise-

ro corpo sarà morto?

– Certamente: è una delle pochissime cose che sapevo già da

piccola.

– E sei disposta a farti salvare?

– Salvarmi da chi? Nessuno cerca di farmi male. Tutti sono

buoni con me.

– Salvarti da te stessa. E’ dentro di te che cova il vero pericolo.

– Che vuol dire, Kohartok? La stupidità di qualcuno non ha

limite.

– Dio ama i semplici, Ivalù. Ricordati: Beati i poveri di spirito,

perché di essi è il regno dei Cieli; beati i puri di cuore, perché

vedranno Dio.

– E credi che lo si vedrà una volta?

– Certamente, Ivalù, se confidi la tua anima a Lui. Sei disposta

a confidargliela?

– Le nostre anime non sono tutte in mano Sua?

– Certo che lo sono. Ma sei pronta a lasciarlo entrare nel tuo

cuore?

– Forse che egli non ha accesso dappertutto?

– Insomma, sei disposta o no,

esclamò Kohartok con un gesto d’impazienza,

– a riconciliarti con il tuo Creatore?

Ivalù arrossì e abbassò gli occhi.

– Perché?  Ci eravamo forse bisticciati?

(H. Ruesch, Paese dalle ombre lunghe)





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