DIRITTI INGLESI CONTRO DIRITTI UMANI (2)

In Francia, dove si sperava                                       razze umane.jpg

di risolvere il problema

delle tribù negre con

l’educazione e

l’assimilazione, il

grande scienziato

de Buffon aveva

presentato una prima

classificazione delle razze

umane che, partendo

dai popoli europei e

ordinando tutti gli

altri secondo le loro

differenze, si era attenuta

al principio dell’eguaglianza

mediante un rigoroso

affiancamento dei vari tipi.

Il XVIII secolo, per usare la frase mirabilmente precisa di Tocqueville, ‘credeva nella varietà

delle razze, ma nell’unità della specie umana’.

In Germania Herder si era rifiutato di usare per gli uomini l’ ‘ignobile parola’ razza, e anche

Klemm, il primo storico delle civiltà che si era servito della classificazione dei tipi umani,

aveva rigorosamente rispettato l’idea di un’umanità unitaria come cornice generale della

sua indagine.

Ma in America e in Inghilterra dove, dopo l’abolizione della schiavitù, si dovettero risolvere

i problemi pratici della convivenza furono molto meno facili. Ad eccezione del Sudafrica,

questi due paesi furono i primi a dover affrontare politicamente la questione razziale.

L’abolizione della schiavitù aggravò i conflitti invece di favorire una soluzione delle

difficoltà esistenti. Ciò specialmente in Inghilterra, dove i ‘diritti degli inglesi’ non lasciarono

il posto a un nuovo orientamento politico compatibile con la proclamazione dei diritti

dell’uomo.

L’abolizione della schiavitù nelle colonie britanniche nel 1834 e il dibattito precedente alla

guerra civile americana trovarono quindi in Inghilterra un’opinione pubblica estremamente

confusa che costituì un fertile terreno per le varie concezioni naturalistiche apparse in

quei decenni.

Il darwinismo riscosse uno                                                       89786756.jpg

straordinario successo

perché, sulla base

dell’ereditarietà, fornì le

armi ideologiche per un

dominio di razza come

per un dominio di classe,

e si prestò ad essere

impiegato per e contro

la discriminazione

razziale.

Politicamente neutrale,

contò invero fra i suoi

seguaci tanto pacifisti

e cosmopoliti d’ogni

tendenza quanto gli

imperialisti più accaniti.

Negli anni settanta del

secolo scorso, esso fu

comunque in Inghilterra monopolio quasi esclusivo del cosiddetto partito utilitarista

anticoloniale.

E il primo filosofo evoluzionista, Herbert Spencer, che trattò le scienze sociali come parte

della biologia, ritenne che la selezione naturale avrebbe giovato all’umanità e automaticamente

instaurato una pace perpetua. Alla discussione politica il darwinismo offrì due importanti

concetti: la lotta per l’esistenza, con l’ottimistica previsione dell’inevitabile ‘sopravvivenza

del più valido’,e le sconfinate possibilità racchiuse nell’idea dell’evoluzione dell’uomo

dalla vita animale, da cui prese l’avvio la nuova scienza dell’eugenetica.

La teoria della selezione naturale dei più forti morì della stessa malattia di cui era morta

la dottrina della conquista, quando le classi dominanti in Inghilterra, o i loro rappresentanti

nelle colonie, non si sentirono più completamente sicuri e si fece strada il dubbio che i più

forti sarebbero stati i più forti di domani.

L’eugenetica promise di superare le tormentose incertezze sull’identità di chi sarebbe

risultato più vigoroso e di fornire i mezzi per assicurare alla nazione un vigore perenne.

Questo aspetto dell’eugenetica applicata venne accentuato negli anni venti in Germania

come reazione al Tramonto dell’occidente di Splengler. Bastava semplicemente trasformare

il processo di selezione da necessità naturale, operante all’insaputa degli uomini, in

uno strumento fisico ‘artificiale’, consapevolmente impiegato.

La bestialità era sempre stata un tratto caratteristico, ed Haeckel avva affermato che

l’eliminazione degli ‘inabili’, malati inguaribili e pazzi, avrebbe risparmiato ‘spese

assurde per la famiglia e per lo stato’.

Alla fine gli ultimi discepoli del darwinismo in Germania decisero di abbandonare il campo

della ricerca scientifica, per dedicarsi interamente all’attività pratica diretta a tramutare 

l’uomo in quella che i darwinisti forse pensavano fosse una scimmia antropomorfa.

Ma prima che il nazismo con la sua politica totalitaria tentasse di ridurre l’uomo a una

bestia, ci furono numerosi tentativi di farne un dio, sulla base teorica dell’eriditarietà.

Non solo Spencer, ma tutti i seguaci del primo evoluzionismo ‘avevano nel futuro 

angelico dell’uomo una fede altrettanto profonda che nella sua origine scimmiesca’.

(H. Arendt, Le origini del totalitarismo)

dichiarazione dei diritti dei popoli indigeni.pdf

Da  www.giulianolazzari.com

http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2010/09/06/allora-vi-racconto-una-fiaba-l-impero.html

    

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DIRITTI INGLESI CONTRO DIRITTI UMANI

Mentre i semi                                                        9897867568.jpg

dell’ideologia razzista

tedesca vennero sparsi

durante le guerre

napoleoniche, i primi

accenni della sua

versione inglese si

manifestarono durante

la rivoluzione

francese, e in

particolare nell’uomo

che l’attaccò

violentemente

come ‘la più

straordinaria e stupefacente crisi che

si sia finora verificata nel mondo’, in Edmund Burke.

E’ ben nota la considerevole influenza esercitata dalla sua opera sul pensiero politico della

Germania oltre che dell’Inghilterra. Su ciò bisogna comunque richiamare l’attenzione per

le affinità esistenti fra le ideologie razziste tedesca ed inglese in contrasto con quella francese.

Queste affinità derivavano dal fatto che entrambi i paesi avevano sconfitto le armate francesi e

mostravano quindi una certa tendenza a respingere le idee sintetizzate da ‘LIBERTE’-EGALITE’-

FRATERNITE” come invenzioni straniere ed aggressive. Essendo L’INEGUAGLIANZA

SOCIALE LA BASE DELLA SOCIETA’ INGLESE, I CONSERVATORI SI SENTIVANO NON

POCO A DISAGIO QUANDO SI TRATTAVA DEI ‘DIRITTI DELL’UOMO’; era fra loro

opinione largamente diffusa che l’ineguaglianza facesse parte del carattere nazionale britannico.

Disraeli trovava ‘nei diritti di un inglese qualcosa di meglio dei diritti dell’uomo’ e James

Stephen considerava ‘poche cose nella storia così meschine come l’eccitazione da cui i

francesi si lasciano prendere per tali faccende’.

Questa è una delle ragioni per cui in Inghilterra, sino alla fine del XIX secolo, l’ideologia razzista

poté svilupparsi secondo le tradizioni nazionali, mentre in Francia le stesse opinioni mostrarono

il loro vero volto, quello antinazionale, fin dall’inizio.

Il principale argomento di Burke contro gli ‘astratti princìpi’ della rivoluzione francese è

contenuto nella seguente frase:

“La politica uniforme della nostra costituzione è stata quella di rivendicare

e affermare le nostre libertà, come un’eredità inalienabile derivataci dai nostri avi, e da 

trasmettere ai posteri; come una condizione specialmente appartenente al popolo di questo

regno, senza alcun riferimento ad altro diritto più generale o anteriore”.

Il concetto di eredità, applicato alla natura stessa della libertà, è stato la base ideologica da cui

il nazionalismo inglese ha tratto il suo curioso tocco di spirito razziale fin dalla rivoluzione

francese. Formulato da uno scrittore della borghesia, esso implicava la diretta accettazione del

CONCETTO FEUDALE DI LIBERTA’ COME SOMMA DEI PRIVILEGI EREDITATI INSIEME

COL TITOLO E CON LA TERRA. Senza intaccare i diritti della classe privilegiata all’interno

del Regno Unito, Burke estendeva il principio di tali privilegi fino ad includervi l’intero popolo

britannico, elevato così al rango di aristocrazia fra le nazioni. Di qui il suo disprezzo per i

connazionali che reclamavano la loro libertà non come inglesi, ma come uomini e cittadini.

In Inghilterra il nazionalismo si sviluppò senza che fossero seriamente attaccate le vecchie

classi feudali. Ciò fu possibile perché, dal XVII secolo in poi e in misura crescente, la gentry,

incuneata fra l’alta nobiltà e la borghesia, aveva assimilato gli strati superiori di questa, di

modo che era rimasto aperto l’ingresso nei ranghi dell’aristocrazia. Tale processo aveva creato

nella nobiltà un sorprendente senso di responsabilità per la nazione nel suo insieme, ma allo

stesso tempo aveva facilitato l’influsso della mentalità e delle concezioni feudali sulle idee

politiche delle classi inferiori.

Così il concetto di eredità era stato applicato, pressoché immutato, all’intera ‘stirpe’ britannica.

La conseguenza di questa assimilazione dei criteri della nobiltà fu che la versione inglese dell’

ideologia razziale fu quasi ossessionata dalle teorie ereditarie e dal loro moderno equivalente,

L’EUGENETICA.

Fin da quando i popoli europei avevano tentato praticamente di includere tutti i popoli della

terra nella loro concezione dell’umanità, erano stati continuamente turbati dalle notevoli

differenze fisiche fra se stessi e gli altri.

(H. Arendt, Le origini del totalitarismo)

Da http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2010/09/01/i-roghi-dei-libri.html

  http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2010/09/01/i-roghi-dei-libri-2.html

  http://www.repubblica.it/esteri/2010/09/09/news/risoluzione_rom-6898982/

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