Da http://giulianolazzari.myblog.it
Guardasti l’orologio: quasi le sei.
Tra poco Nicolas ti avrebbe chiamato con un colpo di clacson e,
mentre aspettavi quel colpo di clacson, il ricordo degli
ultimi giorni ti aggredì tormendadoti come un prurito.
Il giorno in cui avevi disertato per non servire il tiranno,
di casa in casa eri andato a cercare qualcuno che ti
ospitasse ma non ti ospitava nessuno, non ti aiutava nessuno,
di ora in ora il cerchio dei poliziotti che ti davan la caccia si
stringeva fino a fartene sentire il fiato sul collo, e
con la volontà che vacillava ti chiedevi: soffrire, per chi,
battersi, per chi, perché?
Il giorno in cui avevi capito che l’altrui paura, l’altrui obbedienza,
l’altrui sottomissione t’avrebbe perduto e quindi bisognava lasciare
il paese, fuggire in cerca di nuove case dove chiedere ospitalità, con un
passaporto falso, t’eri imbarcato all’aeroporto di Atene e avevi raggiunto
Cipro, per essere anche qui inseguito dai poliziotti, sentire anche qui il
loro fiato sul collo, anche qui vacillare, chiedersi: soffrire, battersi, per chi,
perché?
Il giorno in cui avevi compreso che nemmeno lì saresti riuscito a ottenere
nulla, il ministro degli Interni Gheorgazis ti braccava per consegnarti alla
Giunta, quindi bisognava scappare ancora e avevi fame, avevi freddo, la
notte dormivi in una capanna abbandonata, il giorno ti nutrivi rubando la
frutta nei campi, ripendoti soffrire, battersi, per chi, perché?
Il giorno in cui il destino t’aveva condotto all’unic(a) che potesse salvarti,
il presidente Makarios, e costui t’aveva offerto un lasciapassare per
raggiunger l’Italia dicendo vada-dal-mio-ministro-Gheorgazis-glielo
firmerà, sicché c’eri andato col cuore in tumulto, eri entrato nel suo
ufficio col dubbio che t’avessero teso altro veleno, pronto a gridargli va
bene mi arresti: tanto che serve soffrire, battersi, gli uomini non sanno
che farsene della libertà.
E lui, alzando un volto tenebroso, incorniciato di barba corvina, quasi un
cappuccio che nascondeva tutto fuorché gli occhi taglienti, aveva un sorriso
arcigno: ” UHM, TU. PROPRIO TU CHE CERCO DI ACCHIAPPARE DA
MESI…..”
(O. Fallaci, Un uomo, Rizzoli)