1446 DA FIRENZE A BRUGES: LA STRADA DELLA BANCA (4)

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I banchieri italiani vi                                                  Chron_hainau_det.jpg

si erano trasferiti per

il declino di Parigi nel

vortice della guerra

dei Cent’anni, al

principio

del secolo.

Gerozzo ritrovava il

sapore di casa e del

mestiere tra registri,

lettere di cambio,

mercanti e uomini di

finanza avveduti e

avidi.

Poi, controllato lo stato degli affari della filiale medicea, si rimise in strada per valicare

il Giura, salendo al Col de la Faucille, m. 1320. Alle spalle si allargava salendo un

panorama fantastico e                                        monte bianco.jpg

si allontanava il Monte

Bianco.

Biancheggiante,

misterioso,

intoccato.

Subito si era nelle

terre del duca di

Borgogna.

Gli stati borgognoni

non mancavano di

analogie con quelli

del duca di Savoia;

erano                                              mani.jpg 

ugualmente

una bizzarra congerie

di feudi tenuti insieme

solo dalla fedeltà –

intermittente – al

signore.

Ma erano vastissimi,

anche se non perfettamente

continui: da nord a sud si

andava da Macon sulla

Saona all’Olanda, dal Giura

al Mare del Nord; in

parte erano terre teoricamente

della corona di Francia, in

parte terre d’impero.

Phileppe de Commynes,

al momento della caduta

di Borgogna, per le disavventure di Carlo il Temerario, celebrerà la casata ‘stimata

quanto nessun’altra della cristianità’, durata un secolo, con quattro prìncipi, ‘in

continua felicità e prosperità’. Reggeva ora lo stato il penultimo duca Filippo il

Buono; la sua corte faceva ricadere sul paese un dorato polverio di lusso, languida

cavalleria, confusione di vita e letterario rispecchiamento.

L’itinerario del fiorentino può essere stato: Besancon, Nancy, la Mosella, le Ardenne.

Besancon è nella Franca Contea, una delle parti dei domini borgognoni che passeranno

agli Asburgo per il matrimonio di Massimiliano e Maria, la figlia di Carlo il Temerario.

Diventerà francese solo al tempo di Luigi XIV dopo l’assedio del 1674. Era come oggi

un sito pittoresco, dove il Doubs disegna un meandro attorno alla roccia su cui sorge

la cittadella, ma non era ancora chiusa negli orgogliosi bastioni disegnati dal Vauban,

né si vedeva ancora il palazzo che Nicolas de Granvelle, ministro di Carlo V, si farà

costruire nel gusto rinascimentale. Passando per la Porte Noire, che è un arco romano,

si arrivava come ora alla cattedrale gotica di Saint-Jean, dalla non frequente pianta a

due absidi opposte. Nancy la capitale del ducato di Lorena, è come si sa, una delle

più belle città del XVIII secolo francese; difficile immaginarla come può averla vista

Gerozzo, sulla riva sinistra della Meurthe, tra i fossi e le mura ai piedi delle quali

periranno Carlo il Temerario e tutte le fortune di Borgogna. Ai consiglieri che gli

facevano notare la sproporzione delle forze in cui in quel momento si trovava

a vantaggio dei nemici, il duca avrebbe risposto: ‘Dovessi combattere da solo

tuttavia li combatterei’. Nudo, sfigurato, il suo cadavere fu ritrovato nel fango

dello stagno di Saint-Jean, due giorni dopo la battaglia.

(L. Camusso, Guida ai Viaggi nell’Europa del 1492)

Da http://giulianolazzari.splinder.com

grand.jpg

 

VIAGGI IN ALTRI MONDI: IL JAZZ (Gerry Mulligan)

Per molti amatori del                                              Gerry_Mulligan.jpg

jazz Gerry Mulligan è

l’ultimo grande che abbia

fatto della musica accettabile

prima che venisse il caos.

Per tanti altri invece

è stato l’ultimo dei borghesi:

un conservatore che si

presentò sotto le mentite

spoglie dell’innovatore

per fare della blanda

musica di consumo,

ben costruita e gradevole

quanto disimpegnata.

Mulligan, in verità è

un personaggio emblematico,

uno di quelli che vengono portati

a esempio di un certo modo di

concepire e di gustare il jazz:                                           Mulligan Monterey.jpg 

un modo ‘bianco’, per certi

aspetti antitetico a quello

‘negro’, e questo basta,

agli occhi di molti, per

contestarne il valore.

Non agli occhi di alcuni

illustri musicisti negri, ad

ogni modo. Miles Davis,

per cominciare, non ha

nascosto la sua ammirazione

per lui; e il compositore George

Russell, che gli fu vicino nel

primo periodo della carriera,

non ha esitato a definirlo ‘il più

importante innovatore degli

anni 50.

Comunque lo si voglia giudicare,

non si può negare che Mulligan

fu il solista che fece parlare di sé,                                             mulligan.jpg

più di ogni altro, negli anni 50,

e che esercitò la più forte

influenza su gran parte del jazz

prodotto in quel periodo.

La sua apparizione in mezzo ai

protagonisti della scena del jazz

fu pressoché improvvisa, e fu 

sensazionale. 

Ebbe luogo nel 1948, quando

alcuni musicisti che gravitavano

attorno a Gil Evans si riunirono

sotto la guida di Miles Davis per

esibirsi per un paio di settimane al

Royal Roost, a Broadway, e per 

incidere nei mesi successivi una 

serie di dischi rimasti famosi.

A quel tempo Gerald

Mulligan, un ragazzo                                             saxmulligan.jpg

allampanato dai corti

capelli biondo-rossicci, di origine

irlandese, era sconosciuto ai più.

Era nato a New York il 6 aprile

1927, ma aveva trascorso l’infanzia

e l’adolescenza in diverse località

degli Stati Uniti, e da ultimo a 

Filadelfia; a New York era 

tornato soltanto da un paio d’anni,

dopo aver lavorato soprattutto come

arrangiatore per le orchestre da ballo

di Tommy Tucker e di Elliot Lawrence.

Era stato poi assunto, per un anno, come

arrangiatore per l’orchestra di Gene Krupa,

per cui scrisse un azzeccato ‘Disc jockey jump’,

e quindi nella formazione di Claude Thornhill,

in cui era stato introdotto da Gil Evans e nella

quale incontrò Lee Konitz.

Si è già avuto occasione di dire delle serate trascorse nell’appartamento di Evans e

della nascita del complesso di Davis e dei suoi dischi per la Capitol, che costituirono

i più felici esempi di cool jazz. Il ruolo avuto da Mulligan in quell’impresa fu di grande

rilievo: l’idea di utilizzare il suono (quello cioè dato dai corni e dal basso tuba) dell’

orchestra di Thornhill in un suo gruppo squisitamente jazzistico fu infatti sua e di Evans,

e suoi furono alcuni degli arrangiamenti più belli da esso eseguiti: Godchild Jeru,

Rocker e Venus de Milo. I mesi che seguirono la prima esibizione con quel complesso

furono molto difficili per Mulligan, non soltanto perché stentava a trovare lavoro ma

perché era divenuto ormai prigioniero dell’eroina.

Di quel periodo si ricordano le prime incisioni realizzate sotto suo nome, per la Prestige,

con un gruppo di studio in cui erano George Wallington e il tenorsassofonista Allen

Eager, due brevi associazioni coi suoi vecchi capiorchestra Tommy Tucker e Claude

Thornhill, le prove fatte al Central Park con una grande formazione che non trovò

mai una scrittura, e la sua affettuosa amicizia con Gale Madden, una donna famosa

per il suo non conformismo e che esercitò su di lui un’influenza notevole. Fu lei a

convincerlo a lasciare New York, nella primavera del 1951, e ad accompagnarlo verso

Ovest, in cerca di fortuna. 

(A. Polillo, Jazz)

…a proposito di jazz

http://www.terranews.it/opinioni/2010/11/cena-segreta-grana-al-banco

da http://giulianolazzari.splinder.com

desmond e mulligan.jpg

 

 

 

  

1446 DA FIRENZE A BRUGES: LA STRADA DELLA BANCA (3)

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Al momento, nella pianura                                                italia.jpg

umida d’acque, sotto un

cielo azzurro verso cui

salivano dai comignoli

solo fiumi di legna, si

alzavano sopra i tetti

le muraglie del duomo

eternamente in

costruzione.

Anche le campagne di

Novara, terra viscontea,

ricorderanno al

Commynes

le Fiandre:

fossi profondi ai due lati della strada, gran fango d’inverno, polvere d’estate. Fra l’altro,

è in quegli anni che si cominciava a coltivare il riso in Lombardia. A Vercelli si entrava

nelle terre del duca di Savoia. Francesco Janis dice che nelle osterie si vende vino, bianco

o rosso di ‘dolce sapor’: viene da Monferrato.

Tra Firenze e Bruges vi sono quasi otto gradi di latitudine. E’ un viaggio dal Mediterraneo

all’Europa settentrionale con tutto quello che significa. Qui d’estate le giornate sono più

lunghe e i crepuscoli più lenti, d’inverno sono più lunghe le notti; il sole è meno intenso,

il cielo più frequentemente opaco. Da una parte sempre un panorama raccolto di colli,

con fruscianti ulivi e i cipressi lungo i sentieri, i colori intensi; dall’altra i colori sono più

morbidi, gli orizzonti più vasti, ma smorti e spesso inafferrabili per le brume. E’ facile

supporre queste o analoghe sensazioni seguendo il cavallo di Gerozzo. Più difficile 

ritrovarsi nella sua geografia politica. Per noi l’itinerario significa percorrere Italia,

Svizzera, Francia, Belgio. L’Italia e il Belgio non esistevano in quanto entità politiche,

la parte di Svizzera che si percorre non era ancora Svizzera, la parte di Francia non

era del tutto Francia. Da Vercelli sino a Bruges si viaggiava per due formazioni del

tutto singolari: gli stati sabaudi e quelli borgognoni. Il ducato sabaudo – i Savoia 

erano duchi dal 1416 per concessione dell’imperatore Sigismondo – era una bizzarra

costruzione dinastica feudale, in quel momento al suo vertice: un insieme di terre

non particolarmente pingui, fitte di castelli annidati in impervie vallate e di un 

numero limitato di centri urbani, comunali, poco popolosi. Si estendeva sui due

versanti delle Alpi tra il mare e il lago di Neuchatel, da Vercelli fino a poca distanza

da Lione e dal corso della Saona. 

Al valico transalpino si saliva da Aosta, sempre racchiusa nel suo perimetro romano.

Alcune famiglie di nobili                                   sanbernardo6.jpg

impossessatesi delle 

mura romane vi 

avevano frammischiato 

le torri dei loro

castelli. Il colle       

del Gran San Bernardo

(m 2473) è coperto di

neve nove mesi l’anno;

l’ospizio del valico nel

vallone aspro e desolato –

quattrocento anni prima

l’aveva fondato un

arcidiacono della

chiesa aostana,

Bernardo di Mentone,

da poco la zona

era stata                                                              sanbernardo4.jpg

ripulita dai saraceni

– era il più alto lungo il

percorso ma non l’unico.

La strada non era facile,

ma Amedeo VIII vi aveva

fatto passare le artiglierie,

persino in dicembre (1434).

I giovani del villaggio di

Saint-Rhemy, annidato in una

gola dieci chilometri prima e ottocento metri sotto il passo, avevano sostituito l’obbligo

feudale di prendere le armi con quello di tener sgombra la strada dalla neve e di

provvedere alla sicurezza dei viaggiatori.

Nella valle del Rodano (il Valais), in cui si scendeva, sul versante sinistro, nell’ombra

di rocce a picco, si incontrava l’abbazia di Saint-Maurice d’Agaune. Ricordava Maurizio

e i suoi commilitoni della legione tebana, cristiani martirizzati undici secoli prima, e

possedeva già il suo prezioso tesoro: cofani reliquari di argento sbalzato o d’oro e

smalti, l’acquamanile orientale di Carlomagno e la teca con una spina della corona del

Cristo deriso, donata da san Luigi.

Sul lago di Ginevra si poteva proseguire per acqua o contornarne le rive, quella di vigne

al sole del paese di Vaud o quella di fronte del Chablais. Dominavano le rive grigi castelli,

Chillon e Morges da un lato, Evian e Thonon dall’altro. Erano alcuni di quelli per i

quali girovagavano perennemente i Savoia, che si muovevano per loro terre, portandosi

dietro utensili e arredi, perché le dimore erano alquanto spoglie; letti e altri mobili spesso

dovevano essere graziosamente dati in prestito dai sudditi ai principi e al seguito.

Ginevra, tra il lago, il Rodano e l’Arve, con lo scintillio dei ghiacci e l’aria fredda del

Monte Bianco, era città di sovranità vescovile, comune di borghesia attiva, ostinata

a difendere le sue libertà. La sua importanza economica più che per i commerci di

panni, formaggi, spezie e sale, i prodotti dei conciatori, pelletterie e orefici, veniva

dalla posizione all’incrocio delle vie dall’Italia alla Fiandra e dalla Germania meridionale

alla Spagna; forse ancor più dalle quattro fiere, per l’Epifania, la Pasqua, San Pietro in

vincoli e Ognisanti: vi convenivano uomini di affari di ogni parte d’Europa, erano il

mercato delle lettere di cambio, il principale strumento, allora, del credito, in 

sostanza la camera di compensazione della finanza internazionale. 

(L. Camusso,Guida ai Viaggi nell’Europa del 1492)

Da http://giulianolazzari.splinder.com

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ASSAGGI DI PIETANZA: LA CENA SVELATA (altre pitture)

– Ti rendi conto, ragazzo,                             rembrandt.jpg

diceva, le leggi di quel

Sicardi hanno abolito i

cosiddetti privilegi del

clero.

Perché abolire il diritto

di asilo nei luoghi sacri?

Forse che una chiesa ha

meno diritti di una

gendarmeria?

Perché abolire il tribunale

ecclesiastico per religiosi

accusati di delitti comuni?

La chiesa non ha forse diritto

di giudicare i suoi?

Perché abolire la censura

religiosa preventiva sulle

pubblicazioni? Forse che

ormai ciascuno può dire

quel che gli aggrada, senza ritegno e senza rispetto per la fede e per la morale?

E quando il nostro arcivescovo Fransoni ha invitato il clero di Torino a disobbedire

a questi provvedimenti, è stato arrestato come un malfattore e condannato a un mese

di carcere! E ora siamo arrivati alla soppressione degli ordini mendicanti e contemplativi,

quasi  seimila religiosi. Lo stato ne incamera i beni, e dice che serviranno per il pagamento

delle congrue ai parroci, ma se metti insieme tutti i beni di questi ordini raggiungi una

cifra che è dieci, che dico, cento volte tanto tutte le congrue del regno, e il governo spenderà

questi soldi per la scuola pubblica dove si insegnerà quello che agli umili non serve o 

non servirà per selciare i ghetti! E tutto all’insegna del motto ‘libera chiesa in libero

stato’, là dove chi è veramente libero di prevaricare è solo lo stato. La vera libertà è

il diritto dell’uomo di seguire la legge di Dio, di meritarsi il paradiso o l’inferno.

Ora invece s’intende per libertà la possibilità di scegliere le credenze e le opinioni

che più ti aggradano, dove una vale l’altra – ed è uguale per lo stato che tu sia massone,

cristiano, giudeo o seguace del Gran Turco. In tal modo si diventa indifferenti alla

Verità.

– E così, figlio mio, aveva pianto una sera il nonno, che nel suo marasma non mi

distingueva più da mio padre, e parlava ormai ansimando e gemendo, scompaiono

canonici lateranensi, canoci regolari di sant’Egidio, carmelitani calzati e scalzi, certosini,

benedettini cassinesi, cisternensi, olivetani, minimi, minori conventuali, minori dell’

osservanza, minori riformati, minori cappuccini, oblati di santa Maria, passionisti, 

domenicani, merercedari, servi di Maria, padri dell’Oratorio, e poi clarisse, crocifisse,

celestine o turchine, e battistine.

E, recitando quell’elenco come un rosario, in modo sempre più agitato e come se alla

fine avesse dimenticato di prendere fiato, aveva fatto portare in tavola il civet, con 

lardo, burro, farina, prezzemolo, mezzo litro di barbera, una lepre tagliata a pezzi

grossi come uova, cuore e fegato compresi, cipolline, sale, pepe, spezie e zucchero.

Si era consolato, ma a un certo punto aveva sbarrato gli occhi e si era spento, con

un rutto leggero. 

La pendola batte la mezzanotte e mi avverte che è da troppo tempo che scrivo quasi

ininterrottamente. Ora, per quanto mi sforzi, non riesco a ricordare più nulla degli 

anni che sono seguiti alla morte del nonno.

Mi gira la testa.

(Umberto Eco, Il cimitero di Praga)

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ARLES, FRA IL 9 E IL 12 NOVEMBRE

Mio caro Theo,                                                 van gogh.jpg

ho ricevuto dal

signor E. Dujardin una

lettera relativa alla mostra

di miei quadri nel suo antro

nero.

Mi sembra così disgustoso

pagare con un quadro

per la suddetta mostra

che in verità alla

lettera di quel signore

non si possono dare

due risposte. Ce n’è

una soltanto e la

troverai qui acclusa.

Solo che la mando a te

e non a lui, perché tu sappia

quel che penso e perché, tu dica

semplicemente che ho cambiato idea e che in questo momento non ho nessuna voglia

di esporre. Non vale proprio la pena di inimicarsi il tipo, meglio essere banalmente educati.

Sicché, niente mostra alla Revue Indépendante, e oso credere fermamente che anche

Gauguin sia dello stesso parere. In ogni caso egli non mi esorta davvero a farlo (….)

La cosa che più ti farà piacere è che Gauguin ha terminato il suo quadro delle

Vendemmiatrici: è bello quanto le Negre e, se lo pagassi allo stesso modo delle Negre,

supponiamo (400, credo), sarebbe davvero un’affare.

E’ naturale che si debba scegliere fra tutto; e io non ho visto le cose bretoni. Ma ne ha

descritte molte e devono essere belle.

Ho fatto uno schizzo di bordello e conto di farne anche un quadro.

Gauguin è arrivato qui il 20 ottobre, sicché si deve calcolare che abbia ricevuto da te 50

franchi, il mese scorso.

Conto di mettermi a lavorare spesso a mente: le tele a mente sono sempre meno goffe e

hanno un’aria artistica degli studi da natura, soprattutto quando si lavora mentre c’è

maestrale.

Credo di non averti ancora detto che Millet è andato in Africa. Ha uno studio mio, per

il disturbo che s’è preso di portare i quadri a Parigi, e Gauguin gli ha dato un disegnino

in cambio di un’edizione illustrata della ‘Signora dei crisantemi’.

Non ho ancora ricevuto gli scambi di Pont-Aven, ma Gauguin mi assicura che i quadri

erano pronti.

Qui vento e pioggia, e sono davvero contento di non essere solo; nelle brutte giornate

lavoro a mente e non ce la farei se fossi solo.

Gauguin ha quasi finito il suo ‘Caffè di notte’. E’ molto interessante come amico….bisogna

che ti dica che sa cucinare perfettamente; credo che mi farò insegnare, è assai comodo.

Ci troviamo molto bene nel fare le cornici con delle semplici asticelle inchiodate sul telaio

e dipinte: ho cominciato io a farle.

Sai che è un po’ Gauguin l’inventore della cornice bianca? Ma la cornice di quattro asticelle

inchiodate sul telaio costa 5 soldi e di sicuro la perfezioneremo.

Va benissimo perché una cornice così concepita non ha sporgenze e fa tutt’uno con la tela.

A presto, ti stringo la mano e i miei complimenti agli olandesi.

tuo Vincent

(Arles, fra il 12 e il 12 novembre 1888, Paul Gauguin Vincent e Theo van Gogh, lettere)

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UNA SECONDA CANZONE

CANTO DEL SERVO PASTORE                                            Remington_the_outlier.jpg

Dove fiorisce il rosmarino

c’è una fontana scura

dove cammina il mio

destino

c’è un filo di paura

qual’è la direzione

nessuno me lo imparò

qual’è il mio vero nome

non lo so.

Quando la luna

perde la lana 

e il passero la strada

quando ogni angelo

è alla catena

e ogni cane abbaia

prendi la tua tristezza in mano

e soffiala sul fiume

vesti di foglie il tuo dolore

e coprilo di piume.

Su ogni cisto da qui al mare

c’è un po’ dei miei capelli

sopra ogni sugara il disegno

di tutti i miei coltelli

l’amore delle case

l’amore bianco vestito

io non l’ho mai saputo

e non l’ho mai tradito.

Mio padre un falco

mia madre un pagliaio

stanno sulla collina

i loro occhi senza fondo

seguono la mia luna

notte notte

notte sola

come il mio fuoco

piega la testa sul mio cuore

e spegnilo poco a poco.

( Fabrizio De André, Canto del servo pastore)

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UNA CANZONE: SENOR (racconti di potere yankee)

Senor, Senor,                                       dylan1.jpg

sai dove stiamo

andando?

Lincon County

Road o

l’Armaggedon?

Mi sembra di essere

già passato qui,

Senor,

mi sto sbagliando?

Senor,

Senor,

sai dove lei si nasconde,

quanto tempo ancora

cavalcheremo,

quanto tempo dovrò

marcare quella porta,

Senor,

ci sarà un po’ di consolazione?

C’è ancora un vento maledetto che soffia

sul ponte in alto.

C’è ancora una croce di ferro che pende

dal suo petto.

C’è ancora una banda che suona in quello spiazzo

vuoto

dove una volta lei mi tenne fra le braccia

e disse ‘Non mi dimenticare’.

Senor, Senor, vedo il carro dipinto,

sento l’odore della coda del drago,

non posso sopportare più questa incertezza.

Puoi dirmi chi posso contattare qui, Senor?

Beh, l’ultima cosa che ricordo

prima di spogliarmi e mettermi in ginocchio

è stato quel treno carico di pazzi

impantanato in un campo magnetico.

Uno zingaro con una bandiera sbrindellata

ed un anello sfavillante disse,

‘Figlio, questo non è più un sogno, è realtà’.

Senor, Senor, tu sai che il loro cuore è duro

come il cuoio,

dammi solo un minuto, fammi raccogliere le idee;

devo farmi coraggio e tirarmi su,

sono pronto quando vuoi tu, Senor.

Senor, Senor, bisogna disinnestare questi fili,

rovesciare questi tavoli;

questo posto per me non ha più senso,

puoi dirmi cosa stiamo aspettando, Senor?

(Senor, Bob Dylan)

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INCONTRI LUNGO IL CAMMINO

…’Uomo dabbene, io ho quaranta anni e sono da Pescara

nel Reame; e son vissuto con questi modi anni venti;

e non fui impiccato a Bologna che forse lo meritassi.

Ma che bisogna parlare? 

Io non ho altra arte: con questa vivo e vivo bene,

che voglio sempre le miglior cose truovo in sull’osteria,

e questa sera spenderò almanco dua marcelli.

E quando uso un modo da trattar danari e quando un altro:

stravolgomi e’ piedi, le braccia, la bocca; quando fingo

esser cieco, quando piagato; e muto spesso luoghi.

E perché io so che t’accorgeresti poco fa mentivo 

per la gola, t’ho scoperto il vero e ti prego di questa cosa: 

questa sera non parli. Doman poi muterò paese e cercherò ventura’.

Promessili tacere e pensai intra me medesimo

con quanti modi, con quante astuzie, con quante varie arte,

con quanta industria uno uomo s’ingegna ingannare l’altro.

E per questa variazione il mondo si fa bello,

il cervello si fa acuto a trovare arte nuova per fraudare

e quello d’un altro si fa sottile per guardarsene.

Et in effetto tutto il mondo è ciurmeria;

e comincia a’ religiosi e va discorrendo ne’ iurisconsulti,

ne’ medici, nelli astrologi, ne’ principi secolari, in quelli

che son loro a torno, in tutte l’arte et essercizi;

e di giorno in giorno ogni cosa più s’assottiglia…et affina.

(Francesco Vettori, Tutto il mondo è ciurmeria, 1507)

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1446 DA FIRENZE A BRUGES: LA STRADA DELLA BANCA (2)

Lungo l’Arno si allineano                                           firenze1.jpg

le ruote ad acqua che

danno energia alle

manifatture e i

tiratoi dove si

estendevano ad

asciugare le pezze

di lana in alcune fasi

della lavorazione.

A monte del primo

ponte si recuperano le

travi di legno che, legate insieme a zattera, vengono per acqua dal Casentino e, a valle dell’

ultimo, agli scali del Pignone presso Porta san Frediano e della porticciola del Prato, approdano

i navicelli a fondo piatto che son risaliti da Pisa con le lane d’importanzione o il ferro dell’Elba.

Per valicare gli Appennini Gerozzo probabilmente scelse l’itinerario che passava per

Cafaggiolo, il Mugello, Scarperia – il Giogo di Scarperia, a un po’ meno di 900 metri, è lo

spartiacque tra la valle  della Sieve (e il Tirreno) e quella del Santerno (e l’Adriatico) –

Firenzuola, Covigliaio. Cafaggiolo era una piccola fortezza fiorentina che tra poco

(1451) Michelozzo avrebbe tasformato in residenza estiva per Cosimo; Scarperia, luogo

di coltellinai, e Firenzuola erano due borghi che i fiorentini avevano fondato nel primo ‘

300 per controllare i  signori feudali della montagna e mettere piede nella Romagna.

Si saliva poi al passo della Raticosa e infine si scendeva verso Bologna.

Nel piano di là dell’Appennino, Gerozzo ritrovò quel paesagio tanto diverso dalla sua

Toscana, come era diverso l’italiano che usciva dalle labbra dei suoi abitanti. Indubbiamente

lo conosceva già; l’uomo di finanza e mercatura imparava il mestiere viaggiando.

Philippe de Commynes,                                 toscana.jpg

che passerà l’Appennino

più a occidente con

l’esercito di Carlo VIII

in ritirata (1495),

descrive:

‘il piatto paese di

Lombardia,

che è dei più belli e

buoni al mondo e dei

più abitati. E per quanto

lo si dica piano è

malagevole da

cavalcare perché è tutto percorso di fossati come la Fiandra, o ancor di più; ma è molto meglio

e più fertile, tanto di buoni frumenti che di buoni vini e frutti’.

Non meno del resto dell’Italia, al momento del viaggio del Pigli, il paese era inquieto. Per

arrivare ai celebri pochi decenni di quasi pace della seconda metà del XV secolo ancora si

doveva passare per altre guerre. Stati cittadini, ‘signori’ e imprenditori di eserciti mercenari

(i condottieri) si davano da fare in intrighi, gesta militari, alleanze, mosse e contromosse,

incursioni armate, conquiste, saccheggi, scaramucce e battaglie: una colossale e perfida

partita di ‘rubamazzo’.                                     lippi.jpg

Esattamente in quell’anno,

il più fortunato e temuto

fra i capi di compagnie

mercenarie, Francesco

Sforza, bastardo di altro capitano

romagnolo, nipote di un contadino,

lavorando in proprio aveva abbozzato

un tentativo di prendere Roma di

sorpresa. I risvolti privati di quest’

atmosfera turbolenta, quelli che

interessavano i viaggiatori , finivano

in storie da raccontare la sera nelle

locande fra alterigie gradasse e brividi

di paura. Gerozzo conosceva certamente

quel fattarello attribuito a Facino Cane:

a un tale che si lamentava perchè un suo

soldato gli aveva rubato il mantello, il capitano di ventura, vistogli indosso un farsetto

lussuoso e accertato che lo portava anche al momento della rapina, non ebbe esitazione a

licenziarlo con sarcasmo: ‘Se qualcuno ti ha rapinato non era uno dei miei soldati, nessuno

di loro ti avrebbe lasciato andar via con codesto bell’abbigliamento’.

Può sorprendere che in un’atmosfera del genere la tela dei commerci, delle transazioni 

finanziarie, del credito e delle lettere di cambio non si lacerasse. Anche con la pace potevano

esserci incidenti sgradevoli per gli uomini della mercatura. Le industriose e ricche città sulla

via Emilia, come Parma, erano le tappe naturali sulla strada di Milano. Il tracciato della

romana via Emilia correva immutato da oltre 1600 anni. Del ducato milanese, forse la terra

più prospera d’Europa, era padrone l’astuto, malconcio e pertinace Filippo Maria Visconti.

Come tutti i suoi contemporanei esperti del mondo, Gerozzo non ignorava che alla sua

morte (avverrà nel 1447) il ducato sarebbe probabilmente finito nelle mani del genero, 

l’avventuroso Francesco Sforza. Cosimo de’ Medici lo finanzierà e così Milano si costruirà

per opera  di Michelozzo, benevolmente plaudendo il nuovo duca, una bella sede del 

banco mediceo. 

(L. Camusso, Guida ai Viaggi nell’Europa del 1492)

da http://giulianolazzari.splinder.com

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1446 DA FIRENZE A BRUGES: LA STRADA DELLA BANCA

Gerozzo di Jacopo de’ Pigli quarantenne,                                   40070811.jpg

lasciò Firenze nel 1446. Aveva trattato

affari in Lombard Street, parlava l’inglese

e Cosimo de’ Medici lo mandava a

Londra per trasformare l’ufficio che

già esisteva come dipendenza di

Bruges, in una vera vera filiale della

banca medicea, assumendone la

direzione.

Nell’avventura Gerozzo investiva di

suo oltre 300 sterline sulle 2500 che                                          Masaccio_Saint_Peter_Enthroned_Detail_BR.jpg

costituivano il capitale della nuova

unità operativa del sistema bancario

di Cosimo e il contratto gli assicurava

come sua retribuzione un quinto dei

profitti. Quando uscì a cavallo dalla

porta San Gallo per dirigersi all’Appennino,

aveva nel bagaglio il ‘ricordo’, la

minuziosa istruzione, approntata dalla

direzione della banca fiorentina, su

come affrontare il viaggio e come

svolgere il suo

compito.                                                      masaccio-madre.jpg

Gli si raccomandava

di procedere a                              

tappe moderate per

via dei giovani che

aveva con sé

(i garzoni per il nuovo

ufficio), di passare

per Milano e Ginevra,

poi di percorrere

le terre del duca

di Borgogna

fino a Bruges, dove

si sarebbe imbarcato.

Per Milano aveva una

lettera di presentazione                                        healing_.jpg                                              

per chi avrebbe potuto

 provvederlo di denaro

e soprattutto di

 informazioni sul credito

dei mercanti milanesi che

trafficavano con la città inglese;

a Ginevra e a Bruges avrebbe dovuto

vedere come andavano le cose nelle

due filiali medicee.

La città che Gerozzo di Jacopo de’ Pigli

lasciava era quasi del tutto medievale;

si alzavano ancora numerose le ferrigne

torri private, anche se tutte scapitozzate

all’altezza di cinquanta braccia (29 metri)

per furia antighibellina dalla metà del 

XII secolo. Prevalevano la pietra                                              firenze.jpg

forte o macigno e le murature di

mattoni, più frequentemente a 

vista che intonacati; tra le case 

fitte del centro erano molti i

cavalcavia, di muro o legno, 

con cui gli edifici si sostenevano 

l’un l’altro, i ponti o i volti che

univano abitazioni                                                                          FIRENZE_MONUMENTALEw.jpg

di una stessa casata                                                   

o consorteria; i marmi                                                

(bianco di Carrara, verde

di Prato e rosso di

Maremma) si vedevano

nel cuore religioso

della città, la triade battistero,

campanile, cattedrale.

Proprio in quel 1446 Bernardo Rossellino aveva cominciato a costruire il palazzo di 

Giovanni Rucellai, secondo il disegno tutto precisi ritmi ed elementi classici dell’

aristocratico intellettuale Leon Battista Alberti che determinava il futuro del gusto

architettonico tenendosi lontano dalla polvere del cantiere. Ma gli altri gloriosi palazzi

rinascimentali, tranne quello Medici-Riccardi di via Larga da due anni in costruzione a

opera di Michelozzo, ancora non c’erano; né Pitti, né il palazzo degli Strozzi, che si

impianterà grandioso tra la modesta edilizia medievale della zona del Mercato Vecchio,

ove il commercio al minuto si suddivideva su diciassette piazzette.

(..Breve premessa alla prima parte, codesto viaggio del banchiere, esprime l’atteggiamento

sociale di una società, pur in costante fermento, con salde e solide credenze cristiane, i

pochi casi di eresia locale e non, furono e saranno liquidati come nella consuetudine abitudini

di Roma….)

(L. Camusso, Guida ai viaggi nell’Europa del 1492)

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