La nostra intenzione non era quella di portare al fallimento la società
che gestiva il trasporto con gli autobus, ma di far entrare in società la
giustizia. Continuando a riflettere, compresi infine che in realtà la nostra
azione equivaleva a smettere di cooperare con un regime malvagio, piuttosto
che semplicemente sottrarre il nostro sostegno alla società degli autotrasporti.
Naturalmente quest’ultima ne avrebbe sofferto, perché era una espressione
di quel regime, ma il nostro fine fondamentale ERA IL RIFIUTO DI COOPERARE
CON IL MALE.
A quel punto cominciai a riflettere su ‘La disobbedienza civile’ di Thoreau.
Mi convinsi che noi, a Montgomery, stavamo organizzando un’operazione
molto vicina a ciò di cui Thoreau aveva parlato in quel saggio. Ci limitavamo a
dire alla popolazione bianca:”Noi non possiamo più prestarci a collaborare
con un regime malvagio”.
Da quel momento concepii il nostro movimento come un’operazione di massa
di non collaborazione. E da allora in poi mi servii raramente del termine ‘boicottaggio’.
(…..) Verso mezzanotte uno dei membri del comitato telefonò per avvisarmi che
tutti i tassisti negri di Montgomery avevano accettato di sostenere la protesta
il lunedì mattina….
Così senza né testo né appunti, raccontai l’episodio accaduto alla signora Parks.
Poi passai in rassegna la lunga storia di maltrattamenti e di insulti che i
cittadini negri avevano subito sugli autobus del servizio urbano, e nacque
il più importante e decisivo discorso della mia vita:
“Questa sera siamo qui per una faccenda grave.
In senso generale, siamo qui perché prima di tutto e innanzi tutto siamo cittadini
americani, e siamo decisi ad esercitare la cittadinanza nel suo significato più pieno.
Siamo qui anche perché amiamo la democrazia, perché abbiamo la radicata convinzione
che la democrazia, quando da un fragile foglio di carta si traduce nella concretezza
di un atto, è la migliore forma di governo che esista sulla terra…
Sapete, amici miei, viene sempre l’ora in cui un popolo si stanca di essere calpestato
dal ferreo piede dell’oppressione.
Viene l’ora, amici miei, in cui un popolo si stanca di essere sprofondato nell’abisso
dell’umiliazione, dove si vive nello squallore di un lamentoso scoramento.
Viene l’ora in cui il popolo si stanca di essere scacciato dal sole scintillante del luglio
della vita, e lasciato in piedi nel freddo pungente di un novembre alpino.
E noi non abbiamo torto.
Non siamo nel torto, facendo quel che facciamo.
Se siamo nel torto noi, allora è nel torto la Corte suprema di questo paese.
Se siamo nel torto noi, allora ha torto la Costituzione degli Stati Uniti.
Se siamo nel torto noi, è nel torto Iddio onnipotente.
Se siamo nel torto noi, allora Gesù di Nazaret non era altro che un sognatore utopista,
che non è mai sceso sulla terra.
E noi, qui a Montgomery, siamo ben decisi a lavorare e a batterci finché la giustizia
non scorrerà come l’acqua, e la rettitudine come un fiume poderoso.
Voglio dirvi che in tutte le nostre azioni dobbiamo tenerci uniti.
L’unità è la grande esigenza di quest’ora, e se saremo uniti potremo ottenere molte
delle cose che non solo desideriamo, ma meritiamo giustamente.
E non vi lasciate spaventare.
Noi non abbiamo paura di quel che facciamo, perché lo facciamo nel rispetto della legge.
Nella nostra democrazia americana non c’è mai un momento in cui dobbiamo pensare
di essere nel torto se protestiamo.
Noi ci riserviamo questo diritto.
Noi, i diseredati della terra, noi che siamo stati oppressi tanto a lungo, siamo stanchi
di attraversare la lunga notte della cattività.
E adesso stiamo stendendo la mano verso l’aurora della libertà e della giustizia
dell’uguaglianza.
Lasciatemi dire, amici, per concludere….che noi dobbiamo tenere ….Dio in primo
piano. Cerchiamo di essere cristiani in tutte le nostre azioni. Ma stasera voglio dirvi
che per noi non è sufficiente parlare di amore. L’amore è uno dei punti cardine della
fede cristiana.
C’è un altro lato, che si chiama giustizia.
Schierarsi al fianco dell’amore è sempre giustizia, e noi ci stiamo servendo soltanto degli
strumenti della giustizia. Non solo usiamo gli strumenti della persuasione, ma abbiamo
capito che dovevamo ricorrere agli strumenti della coercizione. Questa faccenda non
è soltanto un processo educativo, è anche un processo legislativo.
Mentre ci troviamo qui questa sera, e mentre ci prepariamo per quel che verrà dopo,
cerchiamo di uscire di qui con una severa e audace determinazione a rimanere uniti.
Noi lavoreremo insieme. Quando nel futuro saranno scritti i libri di storia, proprio
qui, a Montgmory, qualcuno dovrà dire: ‘C’era un popolo, un popolo nero, – capelli
crespi e carnagione scura -, un popolo che ha avuto il coraggio morale di lottare
per far valere i propri diritti. E così facendo hanno instillato un nuovo significato
nelle vene della storia della civiltà’ “.
(M.L. King, I have a dream)