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Quel giorno aiutammo i Lykov a costruire una capanna nuova nell’orto
‘di riserva’ – trasportammo le travi maestre da tagliare, i pezzi per il
soffitto e le travi per il tetto. Karp Osipovic andava di qua e di là
in veste di capomastro affacendato.
– Preparati a morire, ma semina la segale, disse più volte, come a prevenire
la domanda: a che pro una costruzione del genere nel nono decennio di
vita?
Dopo pranzo il lavoro fu interrotto da una pioggia imprevista e andammo a
ripararci nella vecchia izba. Vedendo come mi era scomodo prendere appunti
al buio, Karp Osipovic fu generoso di ‘luce festiva‘: accese una delle candele
della sua riserva, rifornita il giorno prima da Erofej. Di fronte a tale irragiamento
Agaf’ja non rinunciò a sfoggiare la sua capacità di leggere. Dopo avere chiesto
rispettosamente: ‘Posso papà?’, prese da uno scaffale nell’angolo alcuni libri
liturgici affumicati, con la rilegatura di tavole di legno e fibbie. Agaf’ja ci mostrò
anche le icone. Sopra però erano ricoperte da uno strato così spesso, pluridecennale,
di fuliggine che non si poteva veder assolutamente nulla – non erano che delle
tavole nere.
Quella sera parlammo di Dio, della fede, del perché e del percome i Lykov fossero
finiti dov’erano. All’inizio della conversazione Karp Osipovic inflisse al suo
interlocutore moscovita un esame discreto ma attento.
Cosa sapevo della creazione del mondo?
Quando era avvenuta?
Cosa sapevo del diluvio universale?
Non appena toccammo avvenimenti reali il tranquillo carattere accademico della
conversazione venne meno.
Karp Osipovic considerava suoi nemici inconciliabili, personali e per la pelle, lo
zar Aleksej Michajlovic, suo figlio Pietro, il patriarca Nikon e la sua ‘diabolica presa
di sale – il segno di croce a tre dita’. Ne parlava come se dal tempo che questi uomini
avevano vissuto e governato non fossero passati trecento anni, ma tuttalpiù una
cinquantina.
Karp Osipovic aveva parole particolarmente aspre per Pietro I. Questo zar, un
‘Anticristo in veste umana’, veniva considerato alla stessa stregua di un certo
mercante che all’inizio del secolo aveva imbrogliato la comunità vecchio-credente
di ventisei pud di sale….
La vicenda dei Lykov affonda le sue radici in un dramma popolare antico tre secoli
il cui nome è raskol, ovverossia scisma. Al solo udire questa parola molti ricorderanno
immediatamente il quadro pittoresco della galleria Tre’jakov, La boiarina Morozova.
In questa immagine Surikov ha esso a fuoco le passioni che facevano ribollire la
Russia a metà Seicento. Questo tuttavia non è l’unico personaggio notevole del
raskol. Questo grande dramma ha avuto uno scenario variopinto e molteplice.
Lo zar era stato costretto ad ascoltare le critiche e le esortazioni degli ‘amici di
Dio’ e dei ‘folli in Cristo’; i boiari si erano alleati ai mendicanti; gli ecclesiastici
di alto rango esaurivano la loro pazienza in interminabili dispute e finivano a
tirarsi l’un l’altro per la barba; strelizzi, contadini e artigiani erano in agitazione.
Ciascuna delle parti contrapposte nello scisma denunciava l’altra per eresia,
scagliava l’anatema e scomunicava dalla ‘vera fede’. I Vecchi Credenti più
intransigenti vennero gettati a marcire in sotterranei profondi, fu loro
tagliata la lingua, li bruciarono vivi sul rogo. L’ombra fredda dello scisma
arrivò a toccare perfino la famiglia dello zar. Sua moglie Marija Il’inicna,
e poi anche sua sorella Irina Michajlovna intercedettero più di una volta
in favore dei capi scismatici caduti in disgrazia.
Perché tante passioni?
Esteriormente per delle sciocchezze.
Nell’intento di rafforzare la fede ortodossa e lo Stato, lo zar e il patriarca
Nikon avevano concepito e attuato una riforma della Chiesa basata sulla
correzione dei libri liturgici. Tradotti dal greco al tempo del battesimo della
Russia pagana da parte del principe di Kiev, Vladimir, i libri liturgici erano
passati attraverso le mani di numerosi copisti e ne erano stati snaturati.
Se all’inizio il traduttore faceva un errore, il copista lo travisava, una
parola straniera poteva venire travisata anche quella: nel corso di sei secoli
e mezzo si erano accumulate inaccuratezze di ogni genere, innumerevoli
incongruenze.
Si decise di volgersi alle fonti primarie, e correggere tutto.
(Vasilij Peskov, Eremiti nella taiga)
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Tre rime tre (in):
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