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L’avvento del telegrafo aveva sì permesso la costituzione di servizi meteorologici
nella speranza di svelare in tempo la presenza dei cicloni e di predirne il percorso,
ma le previsioni erano, nei migliori dei casi, imprecise e molto spesso del tutto
errate. Le forze in gioco in una tempesta erano davvero così enormi e sconcertanti
che molti valenti scienziati erano pronti ad arrendersi alla volontà divina e lasciar
andar le cose per il loro verso.
Ma non Vilhelm Bjerknes, dotato com’era di una fede incrollabile nella capacità
della scienza di spiegare tutti i misteri del mondo fisico con precisione matematica.
Si trattava solo di trovare la formula adatta.
Bjerknes aveva ereditato questa fede nella scienza dal padre, professore di matematica
all’Università di Christiana (l’odierna Oslo) e pioniere nello studio della dinamica
dei fluidi. L’amore del giovane per la scienza era stato alimentato durante gli
studi universitari in Norvegia e poi in Francia e in Germania da Jules-Henri
Poincaré, il famoso matematico, e da Heinrich Hertz, il mago dell’elettro-
magnetismo. Vedendo questi scienziati applicare con successo le leggi della
fisica ad un’ampia gamma di problemi, Bjerknes si persuase che nell’universo
non ci fosse nulla di così complesso da resistere ad una spiegazione scientifica.
Bjerknes scelse un approccio metodico: il suo primo obiettivo consisteva nel
definire lo stato dell’atmosfera in un dato momento, per poi calcolare in base
alle leggi della termodinamica e dell’idrodinamica ‘lo stato futuro dell’atmosfera’.
Non era interessato tanto alle previsioni meteorologiche in se stesse – sapeva
che il tempo cambiava molto prima di terminare tutti i calcoli necessari – quanto
alla completa comprensione dei principi fisici implicati.
Bjerknes non riuscì mai a raggiungere il suo obiettivo, che sarebbe anzi rimasto
irrangiugibile per altri 75 anni. Fece però compiere dei passi da gigante all’
applicazione della meteorologia su scala mondiale.
Dopo anni di studio, con un improvviso slancio creativo, Bjerknes e un pugno
di assistenti, penetrarono, come nessun altro prima, nei misteri delle tormente,
delle bufere e dei temporali che devastavano le popolose aree industriali delle
medie latitudini. In soli cinque anni la scuola di teoria meteorologica di
Bergen, la città norvegese sede del suo quartier generale, definì con chiarezza
senza precedenti la struttura, la formazione e il comportamento delle
masse d’aria, oltre a ciò che Bjerknes e i suoi collaboratori chiamavano cicloni
frontali.
Il loro lavoro doveva avere profonde conseguenze su tutti gli aspetti della
vita influenzati dal tempo, costituendo l’inizio della moderna meteorologia.
Il progetto di Bjerknes, facilmente abbozzato, era però di ardua realizzazione.
Definire lo stato dell’atmosfera in un dato momento richiede misure di
temperatura, pressione, umidità, densità e velocità dei venti eseguite da
vari punti di osservazione.
Ci volevano strumenti, osservatori, una centrale amministrativa e personale
di laboratorio, e tutto ciò richiedeva molto denaro. Nel 1905 Bjerknes si
recò negli Stati Uniti e riuscì ad ottenere dalla Carnegie Institution un
finanziamento annuale, destinato a continuare per circa 40 anni. A
Stoccolma gli mancavano però personale e le attrezzature necessari e non
li trovò neppure in Norvegia, quando nel 1907 ritornò in patria. In realtà
poche nazioni europee disponevano di fondi per sovvenzionare un progetto
di ricerca dalle dimensioni previste da Bjerknes, e un numero ancora più
esiguo ne aveva l’interesse.
La situazione cambiò all’improvviso nel 1912, quando una nazione dotata
di risorse finanziarie scoprì un valido motivo di interesse nella meteorologia:
in Germania l’espansione dell’impero e le crescenti prospettive di guerra
attirarono l’attenzione generale sulla meteorologia e le sue ripercussioni
su strategia e comunicazioni. I grandi progressi continuarono fino al 1914,
con lo scoppio della prima guerra mondiale, le vaste ricerche teoriche
sovvenzionate e patrocinate dall’Impero tedesco, mutarono in precise
esigenze di guerra. I piloti di aereii e dirigibili avevano bisogno di sapere
quali condizioni atmosferiche avrebbero incontrato durante le loro
missioni; poiché i tiri di sbarramento a lunga gittata dell’artiglieria subivano
l’influenza del vento, accurate previsioni erano essenziali anche nel
programmare offensive terrestri.