IL FORESTIERO ILLUSTRE

Da paginedistoria.myblog.it

 

Capitò una volta su questa terra se ne venisse un visitatore

proveniente da un pianeta vicino ; e che nel punto in cui discese

venisse mandato a riceverlo un grande filosofo, che doveva 

mostrargli ogni cosa.

Prima di tutto si trovarono ad attraversare un bosco e il forestiero

considerò gli alberi.

– Chi abbiamo qui? disse.

– Questi sono soltanto dei vegetali, disse il filosofo.

– Sono vivi, ma per niente interessanti.

– Questo non posso saperlo, disse il forestiero.

– Mi pare che abbiamo un ottimo contegno. Non parlano mai?

– Sono privi di tale dono, disse il filosofo.

– Eppure li odo cantare, disse l’altro.

– Quello è soltanto il vento tra le foglie, disse il filosofo.

– Vi spiegherò la teoria dei venti; è molto interessante.

– Be’, disse il forestiero, mi piacerebbe sapere cosa pensano.

– Essi non possono pensare, disse il filosofo.

– Questo non posso saperlo, rispose il forestiero ; e poi, posando

la mano su un tronco: – Mi piace questa gente, disse.

– Essi non sono per nulla della gente, disse il filosofo.

– Proseguiamo.

Giunsero poi in un prato dov’erano delle vacche.

– Questa gente è parecchio sporca, disse il forestiero.

– Non sono per nulla gente, disse il filosofo e spiegò cos’è una 

vacca in termini scientifici, che ho dimenticato.

– Per me pari sono, vacche o maiali, disse il forestiero.

– Ma perché non guardano mai in su?

– Perché sono graminivore, disse il filosofo; e vivono unicamente

di erba, il cui potere nutritivo è scarso, e il procurarsela richiede

un’attenzione esclusiva, tanto che esse non hanno il tempo di 

pensare o parlare o guardare il paesaggio o tenersi pulite.

– Be’, disse il forestiero, è un modo di vivere, senza dubbio.

Ma preferisco quella gente con la testa verde.

Poi giunsero in una città e le strade erano piene di uomini e

di donne.

– Questa è gente molto strana, disse il forestiero.

– E ‘ la gente della più grande nazione d’Italia, disse il filosofo.

– SUL SERIO? ….disse il forestiero,

– ALL’APPARENZA NON SEMBREREBBE.

(R. L. Stevenson, favole e racconti)

   

 

  

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IL GIORNO DELL’INCORONAZIONE

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Stavo seduto su una panchina lungo il Tamigi, guardando i

riflessi di luce sull’acqua.

Era quasi mezzanotte e davanti a me sciamavano allegri uomini e

donne delle classi alte, che tornavano a casa evitando le strade più

pericolose.

Nella panchina vicino alla mia sedevano due pezzenti, un uomo e 

una donna, che ciondolavano la testa e sonnecchiavano.

La donna sedeva con le braccia incrociate strette sul petto e il corpo

in costante movimento : ora si piegava in avanti finché sembrava che 

perdesse l’equilibrio e cadesse a terra, ora si inclinava verso sinistra 

finché la sua testa non incontrava la spalla dell’uomo, e ora verso 

destra, finché la tensione non la svegliava e lei si rimetteva dritta.

Poi ricominciava a piegarsi in avanti, e il ciclo si ripeteva finchè la

donna non si svegliava di nuovo.

Spesso ragazzini e giovani si fermavano per andare dietro la panchina

e lanciare urla spaventose e improvvise.

L’uomo e la donna allora si svegliavano di soprassalto, e le loro 

espressioni sofferenti e spaventate facevano ridere i passanti.

Questo era ciò che colpiva, la mancanza di compassione che tutti

dimostravano. 

E’ un’immagine stereotipata quella del barbone su una panchina, 

del poveraccio di cui ci si può burlare perché è innocuo.

Mentro ero lì saranno passate cinquantamila persone davanti a 

quella panchina, e nessuna, in quel giorno di festa, si è sentita 

abbastanza toccata da dire : “Eccoti sei pence, vai a cercarti un letto”.

Le donne, soprattutto quelle giovani, facevano osservazioni spiritose

sulla barbona che ciondolava la testa, e i loro compagni ridevano.

(J. London, Il popolo degli abissi, Robin ed.)

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