Dimentichiamo tutto.
Ricordiamo, non i fatti, non la storia, ma soltanto quei punti
stampigliati che ci hanno voluto imprimere nella memoria
mediante un incessante martellamento.
Non so se sia proprio a tutta l’umanità, ma è certamente un tratto
del nostro popolo.
Un tratto sgradevole.
Forse è dovuto a bontà, ma ciò non toglie che è sgradevole.
Ci rende facile preda di mentitori.
Così se non vogliono che ricordiamo i processi pubblici, noi non
li ricordiamo.Venivano celebrati ad alta voce …..
Le migliaia di isole del fatato Arcipelago sono disseminate
dallo stretto di Bering fino
quasi al bosforo.
Sono invisibili, ma esistono, e occorre trasferire
altrettanto invisibilmente, ma di continuo, da isola a isola,
invisibili schiavi che hanno un corpo, un volume e un peso.
Come trasportarli, attraverso che cosa?
Esistono a tale scopo grandi porti, le prigioni di transito, e
porti più piccoli, i lager di transito.
Esistono a tale scopo navi d’acciaio chiuse (come enormi città),
i carri detenuti.
Agli attracchi, invece di
scialuppe e motoscafi, le accolgono i cellulari, anch’essi
d’acciaio, anch’essi chiusi e ben studiati.
I carri detenuti viaggiano secondo gli orari prestabiliti.
All’occorrenza si spediscono da porto a porto, lungo le
diagonali dell’Arcipelago, interi convogli di carri bestiame
rossi.
( A. Solzenicyn, Arcipelago Gulag )