BORDELLI DA MEDIOEVO

Prosegue in:

puttane-di-notte.html &

le-nobildonne-di-imad-ad-din.html



 

sante di giorno

 

 






I piaceri della carne, nell’opinione della Chiesa, erano un’invenzione

del demonio, il risultato diretto della caduta di Adamo e peccato

mortale.

Prima della caduta, dice Sant’Agostino, gli organi sessuali erano,

come tutti gli altri, sotto controllo….

Quindi se Adamo ed Eva avessero voluto all’epoca, congiungersi

carnalmente, cosa che Sant’Agostino esclude, si sarebbe trattato di

un atto ‘assolutamente decoroso’. 

 

sante di giorno


Con la caduta ‘la lussuria eccitò la parte indecente del corpo’

sfuggito al controllo della ragione per acquistare il potere ‘non 

solo su tutto il corpo e non solo all’esterno, ma anche interiormente’

disturbando gli uomini e causando, se soddisfatta, un piacere

talmente intenso ‘che quando raggiunse la vetta si ha quasi la

totale estinzione della lucidità mentale’. 

Non deve ogni ‘amico della saggezza e delle cose sante’ che sia

sposato, chiede Sant’Agostino, generare figli ‘senza alcuna lussuria?’ 

 

sante di giorno


La Chiesa affermava che se il sesso era purtroppo necessario per

la riproduzione della specie, era tuttavia cosa malvagia ricavare un

qualsiasi piacere da quella funzione animalesca.

Papa Gregorio Magno nel VI secolo condannò ufficialmente i ‘bassi

piaceri’ e alcuni ecclesiastici arrivarono al punto di pretendere restrizioni

ai rapporti sessuali anche nell’ambito del matrimonio, atteggiamento

che fu responsabile dell’apparizione, nel tardo Medio Evo, della

chemise cajoule, una pesante camicia da notte con un’apertura in

zona strategica, concepita affinché il pio marito potesse ingravidare

la moglie con un rischio minimo di provare piacere nell’adempimento

del suo dovere coniugale. 

 

sante di giorno


E’ perlomeno dubbio che questo straordinario capo di biancheria

sia stato di gran moda e l’opinione di pensatori dalla grande influenza,

come San Tommaso d’Aquino, si fece col tempo, più equilibrata.

La brama di piacere era, com’era sempre stata, dice il Dottore

Angelico, risultato della caduta, ma siccome era Dio ad aver

creato la natura umana, non rappresentava un peccato. Solo se

perseguitava di per se stessa ‘in tal modo da obnubiliare la

ragione’ lo diventava.

Questo per quanto riguarda la parte teorica dell’argomento, teoria

il cui risultato fu l’introduzione di un brivido peccaminoso in quanto

era stato fin’ allora ritenuto semplicemente un sano e piacevolissimo

diversivo. Ma Sant’Agostino stesso, in un momento di reminescenza

pratica disse che se si fosse soppressa la prostituzione, la ‘capricciosa

lussuria’ sarebbe dilagata sommergendo la società e questo piacere

fu reiterato negli ultimi scritti dell’Aquinate che nella ‘Summa’ a

proposito della prostituzione dice che se si fossero eliminate le

cloache l’intero palazzo si sarebbe riempito d’escrementi.

 

sante di giorno


La prostituzione, in altre parole, era un male necessario.

Dei suntuosi bordelli e terme in cui i romani soddisfacevano i loro,

in generale rozzi, appetiti sessuali, pochi sfuggirono alle distruzioni

delle invasioni barbariche.

Le prostitute dell’alto Medio Evo stavano generalmente con le

derelitte bande di fuggiaschi dalla giustizia ed erano quasi sempre

serve fuggite dai padroni, in gruppi che si trascinavano al seguito

dei mercanti che portavano le merci da un mercato all’altro e degli

eserciti in marcia.

In questa società variopinta, altre si accompagnavano ai gruppi

pellegrini nei loro viaggi verso la Terrasanta mentre, a sentire San

Bonifacio, molte di quelle pellegrine si fermavano letteralmente ai

bordi delle strade, perdendo di vista la loro originaria, pia meta e 

si dedicavano ad una nuova, empia carriera.

 

sante di giorno


‘E’ grande scandalo per la Chiesa’ Bonifacio fa presente a Cutberto

di Canterbury in una lettera del 747, che a tante donne e suore inglesi

fosse permesso il pellegrinaggio a Roma, dato che tanto poche 

tornavano intatte e vi erano pochissime città della Lombardia e

della Gallia in cui non si trovassero pellegrine inglesi diventate

prostitute.

Fintanto che nell’Europa restò in vigore la schiavitù, le schiave

bastavano ovviamente a soddisfare gli appetiti dei padroni e dei

loro amici, ma quando la Chiesa intraprese la sua campagna per

la sua abolizione, il traffico di donne incontrò sempre maggior

disapprovazione e restò attivo solo in regioni remote.





 

 

sante di giorno

     

BECCHIN AMOR

Prosegue in:

imad-ad-din.html &

le-nobildonne-di-imad-ad-din.html &

dialoghiconpietroautier2.blogspot.com


 

becchin amor

 

 

 

 – Becchin’ amor!  –  Che vuo’, falso tradito?

–  Che mi perdoni.  –  Tu non ne se’ degno.

–  Merzé, per Deo!  –  Tu vien’ molto gecchito.

–  E verrò sempre.  –  Che sarammi pegno?

La buona fé.  –  Tu ne se’ mal fornito.

–  No inver’ di te.  –  Non calmar, ch’i’ ne vegno.

–  In che fallai?  –  Tu sa’ ch’i’ l’abbo udito.

–  Dimmel’, amor.  –  Va’, che ti vegn’un segno!

–  Vuo’ pur ch’i’ muoia?  –  Anzi mi par mill’anni.

–  Tu non di’ ben.  –  Tu m’insegnerai.

–  Ed io morrò.  –  Omè che tu m’inganni!

–  Die tel perdoni.  –  E che, non te ne vai?

–  Or potess’io!  –  Tègnoti per li panni?

–  Tu tieni ‘l cuore.  –  E terrò co’ tuoi’ guai.

(Cecco Angiolieri, Rime)



 

 

becchin amor

  

IL BOSCO

Prosegue in:

seconda-poesia.html &

canto-dell-essenza-delle-cose.html








Fu il 15 giugno che il colonnello ordinò l’inizio dei tagli nel Bosco

Vecchio.

Evitato definitivamente il pericolo di Matteo, Sebastiano Procolo

ordinò che si abbattesse una lista di piante in corrispondenza del

centro della foresta; si apriva così un varco utile per l’eventuale

trasporto di altri tronchi dalla sommità della valle.

Gli operai attaccarono un grandissimo abete rosso di circa 40 metri,

al limite del bosco.

Verso le 15,30 il colonnello uscì di casa per andare a vedere; lo ac-

compagnò il vento Matteo.

Avvicinandosi, udiva farsi più distinto il rumore della sega.

Quando giunse sul posto rimase meravigliato di trovare una folla

di uomini in semicerchio attorno alla pianta.

Matteo avvertì che erano geni venuti per assistere alla fine del loro

compagno.

Non erano tutti; si erano riuniti soltanto quelli della zona di bosco

vicina. 

Tra essi il Procolo vide subito il Bernardi.

Erano persone alte ed asciutte, con occhi chiari, il volto semplice

e come seccato dal sole. Portavano vestiti di panno verde fatti se-

condo la moda del secolo prima, senza pretese di eleganza ma

molto puliti. Tenevano tutti in mano un cappello di feltro.

Nella maggioranza avevano i capelli bianchi ed erano sbarbati. 

Nessuno sembrò accorgersi che fosse arrivato il colonnello.

Il Procolo ne approfittò per avvicinarsi alle loro spalle e assistere

così più da vicino a quello che stava succedendo. E come fu a ri-

dosso della schiera dei geni con molta circospezione, toccò la falda

di una delle loro giacche, constatando che era stoffa vera e non una

semplice illusione.

I boscaioli continuavano il lavoro con la massima indifferenza come

se non ci fosse nessuno ad osservarli.

Quattro facevano andar su e giù la sega che aveva ormai oltrepas-

sato la metà del tronco. Il quinto era salito per attaccare la fune che

sarebbe servita per far cadere l’albero dalla parte giusta.

Seduto su di un sassone, da solo, vicino alla base dell’albero, stava

uno dei geni, simile a tutti gli altri; era il genio dell’abete che si stava

tagliando.

Seguiva il lavoro dei boscaioli con grande attenzione.

Tutti stavano zitti.

Si udiva soltanto il rumore della sega e il fruscìo dei rami mossi in-

volontariamente da Matteo. 

Il sole andava e veniva a causa delle frequenti nubi. 

Il colonnello notò che sull’abete che si stava abbattendo non c’era

neppure un eccello mentre quelli intorno ne erano addirittura

rigurgitati.

Ad un tratto il Bernardi si staccò da un punto del semicerchio,

avanzò per il terreno libero e si avvicinò al genio che sedeva solo,

battendogli una mano sulla spalla.

‘Siamo venuti per salutarti, Sallustio!’ disse a voce alta come per far

capire che parlava anche a nome di tutti gli altri compagni.

Il genio dell’abete rosso si alzò in piedi, senza però staccar gli occhi

dalla sega che rodeva il tronco.

‘Quello che succede è triste, non ci siamo assolutamente abituati’

continuò il Bernardi con voce pacata.

‘ Ma tu sai quanto io abbia fatto per cercare di impedirlo. Tu sai

che siamo stati traditi e che ci è stato rubato il vento’.

E così dicendo rivolse i suoi sguardi, forse per puro caso, in

direzione del colonnello Procolo, nascosto dietro la schiera dei

geni.

‘Siamo venuti a dirti addio’ continuò il Bernardi.

‘Questa sera stessa tu sarai lontano, nella grande ed eterna foresta

di cui in gioventù abbiamo sentito tanto parlare. La verde foresta

che non ha confini, dove non ci sono conigli selvatici, né ghiri, né

grillitalpa, che mangiano le radici, né bostrici che scavano il legno,

né vermi che divorano le foglie.

Lassù non ci saranno tempeste, non si vedranno rumini o lampi,

neppure nelle calde notti d’estate.

(D. Buzzati, Il segreto del Bosco Vecchio)






-Abeti_rossi_in_deperimento.jpg

   

IL CANTO DELLA GIOIA


Prosegue in:

canto-dell-essenza-delle-cose.html &

terza-poesia.html

Foto del blog:

cacciatori-di-poeti.html



 

il canto della gioia

 

 






Questo è il mio canto della gioia.

La neve mi aveva tagliato fuori dal mondo.

Gli spiriti aerei delle altezze mi reacarono l’alimento.

Contemplando nella mia anima, vedevo tutto.

Sedendo sulla bassa terra, occupavo un trono.

Ora io canto i sei principi fondamentali. –

Prendendo per analogia i domini dei sei sensi,

Dirò brevemente sulle sei deficienze interiori.

Ma le sei immensità che infondono la sicurezza,

Destano il sestuplice del benessere spirituale…

Finché avverti in vincolo – non vi è cielo;

Se possono esser contate – le piccole stelle non esistono;

Se vi è aumento e diminuizione – l’Oceano non esiste;

Se, per passare, su usano i ponti – il fiume non esiste;

Afferrato, l’arcobaleno si dilegua.

 

Queste sono le analogie secondo le cose esteriori. –

Finché si resti in una vita abbondante, non c’è contemplazione;

Finché ci sia dispersione, non c’è meditazione;

Finché ci sia incertezza, non c’è disciplina;

Finché ci sia dubbio, non c’è ascesi;

Dove c’è principio e tramonto, non c’è Sapienza;

Dove c’è nascita e morte, non vi sono i Buddha;

Queste sono le sei deficienze interiori. –

Una grande fede – è una via alla liberazione;

Aver fiducia in Maestri provati – è una via alla liberazione;

Consacrarsi a un puro voto – è una via alla liberazione;

Andare fra montagne selvagge – è una via alla liberazione;

Vivere in solitudine – è una via alla liberazione;

L’azione magica – è una via alla liberazione;

Queste sono le sei vie della liberazione conseguita con vari mezzi. –

L’aderenza primordiale alle cose è l’immensità naturale;

Il coincidere dell’interiorità con l’esteriorità è l’immensità del sapere;

Il coincidere della luce con l’ombra e l’immensità della saggezza;

La grande comprensione è l’immensità della fede;

L’immutabilità è l’immensità della contemplazione;

La continuità è l’immensità dell’anima:

Queste sono le sei immensità che infondono sicurezza….

Tale è il canto dell’asceta che ha meditato per sei mesi…

L’angoscia del cuore che considera reale ciò che ha esistenza

                                                                       condizionata è allontanata;

 

La tenebra oscura dell’illusione generata dal non-sapere è

                                                                                                 dissolta;

Il bianco fiore di loro della visione intellettuale dischiude ora

                                                                                        la sua corolla;

La fiaccola della chiara autocoscienza è accesa;

La sapienza si desta, distinta.

E’ veramente sveglio il mio spirito?

Quando guardo in alto, in mezzo al cielo azzurro,

Il ‘vuoto’ dell’esistente mi si presenta come una evidenza;

E io non temo la dottrina della realtà delle cose.

Quando volgo lo sguardo verso il Sole e la Luna,

L’illuminazione si desta distintamente nella mia coscienza;

E io non temo attundimento e torpore.

Quando volgo lo sguardo verso la cima delle montagne,

L’immutabilità della contemplazione si presenta distintamente

                                                                                    nella mia coscienza;

 

E io non temo l’incessante mutevolezza del vano teorizzare.

Quando guardo giù, in mezzo al fiume,

L’idea della continuità si presenta distintamente nella mia

                                                                                      coscienza;

E io non temo l’imprevedibilità degli avvenimenti.

Quando vedo l’immagine dell’arcobaleno,

Il ‘vacuo’ dei fenomeni viene sperimentato nel punto centrale

                                                                                del mio essere;

 

E io non temo più né ciò che dura, né ciò che trapassa.

Quando vedo l’immagine della Luna riflessa dall’acqua,

l’autoliberazione, sciolta da ogni interesse, si presenta distinta

                                                                                     alla coscienza.

E nessun interesse ha più potere su di me.

Quando guardo nella mia anima,

La luce all’interno del recipiente si presenta distinta alla

                                                                                    alla coscienza;

E non temo la sciocchezza e la stupidità….

(Milarepa)



 

 

 

il canto della gioia

   

 

DOMENICA (il Guerin imperator della storia)

Precedente capitolo:

dove-si-narrano-le-gesta.html

Foto del blog:

domenica.html

Prosegue in:

sempre-domenica.html


 

domenica








….”Io credo che il nostro Malcom per una ragione o per l’altra,

abbia sparato a Weatherby e poi sia fuggito.

Weatherby rimase ferito, però in modo tanto grave da non 

poter eliminare il testimone ‘Passero’ IV.

Ma non è questa la notizia interessante che volevo dirti.

Dal 1958 fino agli ultimi mesi del 69, Weatherby ha lavorato

in Asia, specie nella zona di Honk Kong, ma con incarichi in

Corea, in Giappone, a Taiwan, nel Laos, in Tailandia, in Cam-

bogia e nel Vietnam.

 

domenica


Ha fatto strada, passando da semplice agente operativo a

capo base. Noterai che era nello stesso periodo in cui si trova-

va il nostro defunto porta lettere.

E ora una disgressione rapida ma molto interessante. 

Che ne sai del tipo che si chiama Maronick?”

Powell aggrottò le sopracciglia.

“Mi pare che fosse una specie di agente speciale. Un libero pro-

fessionista, un cavaliere solitario, da quello che ricordo.”

 

domenica


Il vecchio sorrise, soddisfatto.

“Benissimo, anche se non capisco esattamente cosa intendi per

‘speciale’. Se vuoi dire molto competente, esperto, meticoloso,

abituato a vedere le sue azioni coronate dal successo, allora di-

ci bene. Se invece vuoi dire onesto e leale nei confronti di una

sola parte, allora ti sbagli di grosso.

Vincent Maronick era – o è, se non vado errato – il miglior libero

cavaliere e professionista dei suoi tempi, forse il migliore di

questo secolo, nel suo campo. Per una operazione a breve ter-

mine che richieda astuzia, crudeltà, e una buona dose di pru-

denza, egli era quanto di meglio si potesse comperare con il

denaro.

 

domenica


Era straordinariamente abile.

Non sappiamo dove sia stato addestrato, anche se è chiaro

che era americano al 100%. Le sue singole capacità non erano

tanto eccezionali da renderlo ineguagliabile. C’erano e ci

sono pianificatori, tiratori, sabotatori migliori di lui, insomma

uomini migliori in un campo specificato.

E’ un ‘cavaliere solitario’ molto pericoloso, uno di quelli che

potrei temere…..”

(prosegue in sempre-domenica.html)






 

domenica

 

DOVE SI NARRA

 

dove si narra



Precedente capitolo:

lo-specchio-dellinquisitore.html

Prosegue in:

come-il-cavaliere-e-il-suo-scudiero.html

Foto del blog:

dove-si-narra.html

Appunti, dialoghi & rime….

imieilibri.myblog.it

il mio ultimo libro:

 

dove si narra

 

frammenti-in-rima.html







COME IL CAVALIERE E IL SUO SCUDIERO

ANDARONO A CHIEDERE PERDONO AL PAPA

E COME IL PAPA FINSE DI PERDONARLI



Dopo aver narrato per esteso come egli avesse disobbedito

al suo Creatore per le grandi delizie e piaceri mondani godu-

ti per lo spazio di 330 giorni, il papa rimase corrucciato e

dolente, pur essendo molto contento, d’altra parte, di vederlo

così pentito.

Sul momento non volle né perdonarlo né assolverlo.

Quindi assai rudemente, come uomo perduto, lo scacciò dalla

sua presenza. E ciò, non perché non volesse o potesse perdo-

narlo, ma per far conoscere a tutti il gravissimo peccato in cui

egli era per tanto tempo rimasto tra i vani piaceri di quella

regina Sibilla, e perché nessuno avesse speranza d’ottenere

facile perdono.

Il cavaliere se ne partì così sconfortato che nessuno poté nascon-

dere la pietà al vederlo e udirlo. Nei suoi pietosi lamenti egli

malediceva la sua dolcissima vita.

Vi fu allora un cardinale che n’ebbe pietà, lo fece venire in sua

presenza, lo confortò nel miglior modo possibile, lo distolse

dalla disperazione, e gli fece sperare di ottenergli il perdono. 

Ne fece, infatti, ripetute richieste al papa; ma questi fingeva

di negarlo, affinché ciascuno prendesse esempio e lasciasse la

speranza di una facile grazia.

 

dove si narra


Il cavaliere che era tanto pentito da esser pronto a sopportare

qualsiasi pena pur di ottenere il perdono, andava e veniva

spesso dai cardinali, dai prelati e da altre personalità.

Ma il diavolo che è astuto, e giorno e notte non smette di fuor-

viare gli amici di Dio, mise nel cuore dello scudiero una tale

brama di ritornare, che non passava un’ora senza desiderare

e rimpiangere i grandi piaceri che aveva lasciato.

Si lamentava di giorno e di notte e tanto insistette, che fece an-

noiare il cavaliere per il gran ritardo del suo perdono.

Tuttavia egli avrebbe ancora pazientato, se lo scudiero, per

tentazione del demonio, non l’avesse una volta convinto, e

le altre volte persuaso, a ritornare nella grotta.

Per riuscire al suo scopo, lo scudiero si presentò al cavaliere

correndo con grande finzione, e dicendo, come se l’inseguis-

sero: – Ah! Signore, per carità, salviamoci! Ho incontrato

poco fa molti vostri amici, il tale e il tale, che vi cercano per

avvertirvi che il papa ha fatto il processo e che ci fa cercare

per farci morire.

(prosegue in: come-il-cavaliere-e-il-suo-scudiero.html)





 

dove si narra

 

GLI ALBERI SON SPOGLI

Precedente capitolo in:

mercoledi.html

Prosegue in:

becchina-mia-cecco-nol-ti-confesso.html

Foto del blog:

gli-alberi-son-spogli.html







 

 

 

La trovo giù dalle scale, mezzo                           98iuj89.jpg

addormentata in una poltrona,

che guarda il ‘terzo uomo’.

Ha le gambe raccolte sotto

il suo bel sedere; un sedere

davvero notevole che non

manca mai di procurarmi un

fremito.

Le faccio scivolare la mano

attorno alla vita.

Lei dice ‘Ciao tesoro’ con

voce un po’ sognante da

bambina. Mi siedo sul

bracciolo della poltrona e le accarezzo i capelli ossigenati.

– Non è bello questo film?

dice mentre guarda la scena fnale in bianco e nero in cui Joseph

Cotten supera Ingrid Bergman sulla lunga strada di campagna e

poi scende dalla jeep e l’aspetta.

– Guarda quelle foglie finte che cadono in primo piano’

dico io. – Mi viene spontaneo.

– Gli alberi sono spogli ma in primo piano ci sono delle foglie che

cadono.

Lei fa un mormorio di assenso e io mi sento un idiota ad ever rotto

l’incantesimo emotivo del film con un banale commento intellettuale.

Ingrid Bergman continua a camminare verso la macchina da presa

con lo stesso passo regolare. Ha una gran camminata, piena di forza

femminile, alta, eretta e composta. Joseph Cotten si accende una

sigaretta e attende.

C’è un che di arrogante in quella sua attesa, un che di tipicamente

maschile. Le foglie continuano a cadere in primo piano, proprio da-

vanti all’obiettivo. Mi metto a pensare a quella parte della regia che

non si vede.

Gli attrezzisti appollaiati in cima alle scale accanto alla macchina

che lanciano foglie autunnali in modo che cadano dove devono

cadere. La macchina del vento. Qualcuno che ne regola la forza.

Mi perdo in queste considerazioni. Nessun coinvolgimento col

filo narrativo e nessuna empatia con i personaggi.

Lei l’ha guardato dall’inizio, sonnecchiando di tanto in tanto.

Ingrid Bergman si avvicina e oltrepassa Joseph Cotten senza de-

gnarlo di un’occhiata.

Passa accanto alla macchina da presa, senza rallentare né accellerare,

e scompare lasciandolo lì con la sigaretta.

La sua arroganza svanisce.

La segue con lo sguardo.

Nei suoi occhi si legge un senso di perdita         

alidavalli_TerzoUomo.gif

e di desiderio; quegli

occhi da segugio che

sembrano non avere mai

avuto tutto il sonno di

cui hanno bisogno.

A un tratto mi trovo

dentro il film senza

nemmeno sapere che

cosa mi ha sedotto.

Sono esattamente là

dove mi vuole il regista.

Mi faccio intenerire dalla

musica struggente della cetra.

Mi convinco che le foglie cadenti sono vere.

Compio l’impossibile salto emotivo e supero il divario fra uomini

e donne. Sono contento di essere qui con la persona che amo, di

accarezzarle i capelli biondi tinti.

Scorrono i titoli di coda.

– Perché Ingrid Bergman non si è fermata quando ha visto lui che

l’aspettava? Si capiva benissimo che la stava aspettando,

le chiedo.

– Quella non era Ingrid Bergman,

dice lei.

– No? Sembrava proprio lei.

– E chi era allora?

– Qualcuno che assomiglia molto a Ingrid Bergman.

– Ma non era lei?

– No, non era lei.

– Sei sicura?

– Assolutamente.

– Beh, ma perché non si è fermata?

– Penso perché ce l’aveva con lui.

– Per cosa?

– Per la morte di Orson Welles.

– Ah.

– Ti ricordi.

– Sì

mento.

Non mi ricordo niente a parte una scena di inseguimento nelle

fogne di Parigi. Era Parigi?

– Non ti ricordi? L’avevano incastrato. IL VACCINO, SAI?

– Ah, sì,  

mento ancora.

– Tutti quei bambini che morivano per il finto vaccino?

– Certo.

– Beh, sono sfinita. Vado a letto. Chiudi tu qui?

dice.

– Va bene,  

dico io.

Esce dalla stanza sbadigliando e stirandosi.

Schiaccio un tasto del telecomando e la TV si oscura con un ronzio.

La seguo con gli occhi.

Dietro il grande bow-window un lampo rischiara il cielo.

Vedo il fiume illuminato a giorno. Il tuono si allontana nella vallata.

Si sente odore di pioggia e di pesce.

I cani grattano alla porta.

Quando si tratta di tuoni sono tutti codardi.

Quanto tempo è passato dalla prima volta che l’ho baciata e chi fingevo

di essere allora?

(Sam Shepard, Il grande sogno)







0pmjvcs.jpeg

POLITICI E FONDAMENTALISTI (2)

Precedente capitolo:

politici-e-fondamentalisti.html

Prosegue in:

politici-e-fondamentalisti-3.html &

prendetelo-vivo.html

Foto del blog:

politici-e-fondamentalisti.html







 

Ciò è quanto si è verificato in America negli ultimi decenni.

Il mercato delle idee basato sulla stampa, facilmente accessibile, è

gradualmente sostituito da uno spazio pubblico ad accesso limitato

e basato sul mezzo televisivo; un fenomeno, questo, che ha portato

a una radicale trasformazione della natura e delle dinamiche del

mercato delle idee negli Stati Uniti ( e simmetricamente anche in Italia).

Se soltanto chi paga il biglietto di ingresso è ammesso a partecipare

allo spazio di discussione dal quale proviene l’informazione per la

maggioranza della popolazione,allora le idee dei più ricchi acquistano

maggiore influenza.

Le loro opinioni diventano più importanti di quelle di altri, e

le priorità della nazione cambiano.

Quando l’accesso allo spazio pubblico è determinato dalla ricchezza,

analoghe distorsioni si creano durante le campagne elettorali.

Nell’America contemporanea, il candidato che raccoglie il maggior

ammontare di finanziamenti finisce per dominare quel simulacro di 

discorso pubblico sulla base del quale gli elettori compiono le proprie

scelte.

Attualmente la comunicazione tra i candidati politici e gli elettori

americani è basata in maniera esclusiva su spot elettorali unidirezionali

della durata di trenta secondi, acquistati a caro prezzo dai candidati

con il denaro donato dalle élite più influenti, molte delle quali sperano,

con tali finanziamenti, di ottenere specifici provvedimenti politici a

proprio vantaggio.

Il denaro può essere raccolto soltanto presso coloro che lo hanno,

a loro volta tali persone sono disposte a donarlo al candidato che

promette di tenere, dopo le elezioni, il comportamento più gradito

ai suoi finanziatori, dai quali in questo sistema tutto dipende.

Se gli elettori fossero a conoscenza di questi comportamenti,

probabilmente non li troverebbero di loro gradimento.

Ma tanto i candidati quanto i loro finanziatori possono ignorare

i veri interessi degli elettori, le cui opinioni possono essere influenzate

dalle campagne pubblicitarie, anch’esse acquistabili con i soldi delle

campagne.

All’importante ruolo del denaro nel processo elettorale si accompagna

una sempre minore influenza del ragionamento e del dibattito nel

processo decisionale; ciò ha prodotto, nel Congresso degli Stati Uniti,

nel suo complesso, un’atmosfera particolarmente favorevole a una

corruzione diffusa e istituzionalizzata.

(Al Gore, L’assalto alla ragione, Feltrinelli)




 

 

 

guerra in iraq

 

POLITICI E FONDAMENTALISTI

Prosegue in:

politici-e-fondamentalisti-2.html




 

 

Ma la ragione, da sola, non basta.

E’ necessario anche uno spazio pubblico, universalmente accessibile,

nel quale gli individui possano comunicare liberamente e denunciare

l’uso illegittimo o malaccorto del potere.

Hannah Arendt, che si è occupata dei totalitarismi del Ventesimo

secolo, ha sottolineato l’importanza della sfera pubblica in questo

processo: ” I soli rimedi contro l’abuso di pubblico potere da parte

di individui privati stanno nella sfera pubblica stessa, nella luce che

emette ogni atto compiuto nell’ambito della vita pubblica, nell’

inevitabile visibilità cui espone tutti quelli che vi entrano.”

Se lo spazio pubblico non è aperto a tutti, chi ne controlla l’accesso

ne diventa automaticamente il guardiano; se decide di far pagare

un biglietto d’ingresso, gli individui più ricchi acquistano una maggiore

capacità di partecipare, mentre le idee degli uomini e delle donne

che non possono sostenere il costo del biglietto d’ingresso allo spazio

pubblico non vengono più prese in considerazione.

Ma se le opinioni di questi ultimi rimangono tagliate fuori

dallo spazio di pubblica discussione, la meritocrazia delle idee,

che è sempre stata il cuore pulsante della teoria democratica, si inceppa;

il dialogo democratico viene così sottratto al principio di ragione e

può essere facilmente manipolato.

(Al Gore, L’assalto alla ragione, Feltrinelli)




 
 

la politica della ricchezza

QUEL PAZZO CHE IO SONO….

Prosegue in:

oh-miei-savi-carcerieri.html &

eretici-e-politici.html &

maiella-la-montagna-madre.html





 

DEL MONDO E LE SUE PARTI

 

Il mondo è un animal grande e perfetto,

statua di Dio, che Dio lauda e simiglia:

noi siam vermi imperfetti e vil famiglia,

ch’intra il suo ventre abbiam vita e ricetto.

Se ignoriamo il suo amor e ‘ suo intelletto,

né il verme del mio ventre s’assottiglia

a saper me, ma a farmi mal s’appiglia:

dunque bisogna andar con gran rispetto.

Siam poi alla terra, ch’è un grande animale

dentro al massimo, noi come pidocchi

al corpo nostro, e però ci fan male.

Superba gente, meco alzate gli occhi,

e misurate quanto ogn’ ente vale:

quinci imparate che parte a voi tocchi.

(T. Campanella)

 

ACCORGIMENTO A TUTTE NAZIONI

 

Abitator del mondo, al Senno Primo

volgete gli occhi, e voi vedrete quanto

tirannia brutta, che veste il bel manto

di nobiltà e valor, vi mette all’imo.

Mirate poi d’ipocrisia, che primo

fu divin culto e santità, con spanto

l’insidie; e di sofisti poi l’incanto,

contrari al Senno, ch’io tanto sublimo.

Contra sofisti Socrate sagace,

contra tiranni venne Caton giusto,

contra ipocriti Cristo, eterea face.

Ma scoprir l’empio, il falsario e l’ingiusto

non basta, né al morir correre audace,

se tutti al Senno non rendiamo il giusto.

(T. Campanella)




 

 

quel pazzo che io sono