LA MELA

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la mela

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la mela

 

 






I frutti salvifici erano stati donati a Era dalla Madre Terra alla

quale era sacro il melo: una delle epifanie della Grande Madre

che arcaicamente offriva il dono della conoscenza e dell’immor-

talità.

Nelle tradizioni celtiche la si raffigurava in una meravigliosa

fanciulla che montava un cavallo nero tenendo in una mano

una mela d’oro.

A Roma assumeva le sembianze della dea-madre Diana, che

il 13 agosto veniva celebrata con libagioni di sidro, un capret-

to arrosto infilzato su rami di nocciolo e grappoli di mele ap-

pese a un ramo.

Le statue la raffiguravano con un ramo di quest’albero in ma-

no. 

 

la mela


Simbolo della Grande Madre era anche la Luna nelle sue tre fasi

di luna nuova, piena e calante: ovvero luna primaverile, imperso-

nata da una fanciulla; luna estiva simile a una donna; luna inver-

nale, megera o comare secca o befana. 

Era la Triplice Dea che dava vita alle piante e agli alberi e regna-

va su tutte le creature viventi. Signora del cielo, della terra e dell’-

oltretomba, descritta da John Skelton in Garland of Laurell:

Diana nelle verdi foglie,

Luna che splendi così luminosa,

Persefone negli inferi.

Anticamente  in Europa nessun dio poteva eguagliarla.

La Triplice Dea aveva un amante.

Secondo il periodo dell’anno era il benefico Serpente della

Saggezza e la benefica Stella della Vita, ovvero suo figlio,

detto anche Lucifero, il ‘portatore di Luce’ perché come la

stella della sera egli precedeva la luce della Luna.

Rinasceva ogni anno, raggiungeva la maturità, uccideva il

Serpente e conquistava l’amore della dea.


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Questo amore lo distruggeva, ma dalle sue ceneri nasceva un

nuovo serpente il quale a Pasqua deponeva un uovo rosso

che la dea mangiava per partorire successivamente il Figlio.

Nella religione egea i tre personaggi venivano rappresentati

in una Donna-luna, e un Figlio-stella e in un saggio Serpente

maculato sotto un albero da frutto.

La Grande Madre cui era sacra la mela era anche colei che 

trasmetteva il ‘furor poeticus’, l’ncantatrice del poeta.

(Prosegue in Pagine di Storia)



 

 

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