9 NOVEMBRE 1960 (2)

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l’eterno ritorno della storia: Obama gli stessi problemi di Kennedy

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9 novembre

1960

Per J.F.K…

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72 giorni erano pochi.                                           sorensen kennedy.jpg

Ma Kennedy non partiva

proprio da zero. La

Brookings Institution

– alla quale va buona

parte dei meriti per il

più tranquillo passaggio

di poteri tra due partiti

in opposizione della

storia – aveva

raccomandato a tutti e

due i canditati di

preparare

un programma per

affrontare i problemi del

passaggio; e il senato-

re Kennedy aveva nominato suo consigliere, incaricato dei collega-

menti con la Brookings nel periodo di interregno, il procuratore Clark

Clifford, di Washington, suo amico già dai tempi dell’incidente Pearson,

già consigliere particolare del presidente Truman e manager di Stuart

Symington nel periodo pre-Convenzione.

Nel periodo di transizione, fu sempre richiesto il parere di Clifford, il

quale, disse una volta Kennedy, scherzando, in cambio aveva voluto

soltanto la pubblicità del suo studio legale sui biglietti da un dollaro.

E ancora, alla sua tipica maniera, Kennedy aveva chiesto a Richard

Neustadt, professore della Columbia University, eminente studioso

di scienze politiche che aveva lavorato come assistente particolare

alla Casa Bianca, di esporgli per iscritto, meglio se senza consultarsi

con Clifford, il suo parere sui problemi di personale che il vincitore

delle elezioni avrebbe dovuto affrontare.

L’uno e l’altro gli fornirono utili rapporti e continuarono ad assister-

lo per tutto il periodo di transizione. Il loro rapporto non tentò mai di

trasformarsi in collaborazione o coordinazione, e i loro pareri non fu-

rono mai in conflitto, anzi coincisero quasi sempre.

Il rapporto di Neustadt conteneva più suggerimenti e trattava più

nei dettagli i problemi del passaggio dei poteri, con particolare rife-

rimento allo staff della Casa Bianca. Quello di Clifford era più essen-

ziale.

La mattina del 10 novembre il presidente designato si incontrò, in ca-

sa del fratello, con i consiglieri più stretti, tenendo davanti a sé, sul

tavolino del soggiorno, i rapporti di Neustadt e Clifford e le analisi

più particolareggiate della Brookings Institution.

Istintivamente ci eravamo alzati in piedi, quando lui era entrato,

sentendo che i nostri rapporti erano automaticamente cambiati.

Voleva sbrigare il lavoro in poche ore, prendere l’areo e andarse-

ne in Florida per un breve periodo di riposo.

L’energia e la rigorosa metodicità che avevano caratterizzato il

suo atteggiamento durante la campagna elettorale erano un po’

spente dalla stanchezza.

Ma sapeva, e gli appunti che aveva in mano glielo confermava-

no, che certe decisioni dovevano essere prese subito e pondera-

tamente. 

(Ted Sorensen,  Kennedy)

Altri ‘saggi’ su JFK:

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