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In quel momento appare sulla porta dell’abitazione (anticipato
da qualcosa) il pioniere in persona: getta uno sguardo scrutato-
re sul nuovo arrivato, fa segno ai cani di rientrare e lui stesso
si affretta a precederli senza un moto di curiosità o d’inquietu-
dine.
Giunto sulla soglia della log-house l’Europeo non può trattener-
si dal far scorrere uno sguardo stupito sullo spettacolo che gli
si presenta.
Nella capanna generalmente non vi è che un’unica finestra scher-
mata a volte da una tenda di mussola: in questi luoghi dove non
è raro che manchi il necessario si trova invece di frequente il su-
perfluo.
Nel focolare di terra battuta crepita un fuoco resinoso che illumi-
na l’interno della casa meglio della luce del giorno.
Sopra il rustico focolare spiccano i trofei di guerra o di caccia: una
lunga carabina rigata, una pelle di daino, le penne di un’aquila. A
destra del camino è spesso appesa una carta geografica degli Stati
Uniti continuamente sollevata e agitata dal vento che gli si insinua
negli interstizi del muro.
Vicino su uno scaffale di assi mal squadrate sono appoggiati i libri:
una Bibbia, con la copertina e gli orli consumati dall’uso devoto di
due generazioni, un libro e a volte i canti di Milton e una tragedia
di Shakespeare.
Lungo le pareti sono appoggiate alcune sedie grossolane, frutto del-
l’industriosità del proprietario, qualche baule che sostituisce gli ar-
madi, strumenti di agricoltura e qualche campione del raccolto.
Al centro della stanza vi è una tavola traballante i cui piedi ancora
guarniti di foglie sembrano averla trasportata essi stessi nel luogo
che adesso occupa.
Intorno a questa tavola si riunisce ogni giorno all’ora dei pasti l’in-
tera famiglia inglese, alcuni cucchiai quasi sempre di legno, qualche
tazza sbeccata e qualche giornale.
L’aspetto del padrone di casa non è meno originale del luogo che
ospita. I muscoli angolosi e le membra affilate lo rivelano fin dalla
prima occhiata un abitante della Nuova Inghilterra.
Quest’uomo non è nato nella solitudine dove ora abita; lo dimostra
la sua stessa costituzione. Ha certamente trascorsi i suoi primi anni
in una società intellettuale e razionale; soltanto la sua volontà la tra-
scinato in mezzo ai lavori del deserto per i quali non sembra adatto.
Ma se le sue forze fisiche possono sembrare impari all’impresa che
si è proposto, i tratti del viso solcato dalle preoccupazioni della vita
emanano una tale carica di intelligenza pratica, di energia fredda e
perseverante che colpiscono favorevolmente fin dal primo approc-
cio.
Il suo modo di camminare è lento e compassato, le parole misurate, l’-
aspetto austero.
L’abitudine e più ancora l’orgoglio gli hanno conferito al suo viso una
rigidità stoica smentita dalle sue azioni.
Il pioniere disprezza, è vero, ciò che turba spesso con violenza i cuori
degli uomini. I suoi beni e la sua vita non correranno mai l’idea di esse-
re in balia di un colpo di dadi o dei capricci di una donna, ma, per ac-
quistare il benessere, ha dovuto affrontare l’esilio, la solitudine e le
numerose traversie della vita selvaggia; ha dormito all’addiaccio, ha
sfidato la febbre dei boschi e i tomahawk degli Indiani.
Ha compiuto un giorno questo sforzo, l’ha rinnovato per anni, conti-
nuerà a ripeterlo forse ancora per vent’anni senza scoraggiarsi e sen-
za lamentarsi. Un uomo capace di simili sacrifici è un essere freddo
e insensibile o dobbiamo invece riconoscere che in lui fiammeggia
una di quelle passioni del cervello così ardenti e implacabili?
Concentrato nell’unico scopo di far fortuna, l’emigrante ha finito per
crearsi un’esistenza esclusivamente individuale: anche i sentimenti
verso la famiglia si sono fusi in un immenso egoismo che quasi di cer-
to lo porta a considerare moglie e figli nient’altro che una parte stac-
cata di se stesso.
Privato di rapporti abituali con i suoi simili, ha imparato a compia-
cersi della sua solitudine.
(A. De Tocqueville, viaggio negli Stati Uniti)