VIAGGI IN ALTRI MONDI (e tempi): Django Reinhardt) (3)

viaggi in altri mondi (e tempi): il jazz (django reinhardt) (10)



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Oltre che sotto la protezione di Savitry, che può veramente

essere considerato il suo scopritore, Django mosse i primi

passi, come musicista jazz, col pianista Stéphen Mougin, uno

dei pionieri della nuova musica americana, in Francia, e poi

col contrabbasista Louis Vola, che fu il caporchestra a Tolone

e a Cannes e infine a Parigi, dove la sua formazione esordì

nel dicembre del 1932.

Django era già l’oggetto della più viva ammirazione da par-

te di alcuni notevoli personaggi della scena musicale parigi-

na quando Savitry suggerì a Pierre Nourry, segretario del

neonato Hot Club de France, di presentare il suo pupillo in

uno dei concerti che l’associazione si proponeva di organiz-

 

viaggi in altri mondi (e tempi): il jazz (django reinhardt) (10)


zare periodicamente.  Nourry si diede subito da fare:

rintracciò il chitarrista nella sua roulotte alla periferia della

città e gli fece incidere qualche faccia di disco che sottopose

quindi al giudizio di alcuni esperti.

Poi organizzò un primo concerto.

‘Si può dire che fu lui la rivelazione del concerto’.

Scrisse allora Jacques Bureau, nel dar conto della manife-

stazione e in particolare della prestazione del chitarrista:

‘E’ un musicista molto curioso il cui stile non assomiglia a

nessun altro conosciuto noi abbiamo ora a Parigi un gran-

de improvvisatore, inoltre, Django è un ragazzo affasci-

nante che sembra mettere nella sua vita la stessa lieve

fantasia che illumina i suoi assoli….’.

L’idea di formare attorno al chitarrista zingaro un quin-

tetto a corde nacque poco dopo, quando Django e Grap-

pelli si ritrovarono, insieme ad altri fra cui il chitarrista

Roger Chaput, in un’orchestra che Louis Vola aveva costi-

tuito per suonare all’ora del tè all’Hotel Claridge

Era un’orchestra qualsiasi dove Django suonava soltanto

quando ne aveva voglia; era però un punto di riferimento

per lui, che spesso, negli intervalli, si misurava in jam ses-

sion col violinista, il chitarrista e il contrabbasista, diver-

tendosi un mondo.

Con l’aggiunta di un terzo chitarrista, nella persona del

fratello di Django, Joseph, e sotto l’insegna dell‘Hot Club

de France, che ne assunse il patrocinio, quello che sareb-

be divenuto il più famoso complessino di jazz europeo

attivo fra le due guerre iniziò la sua vita, nel dicembre

1934, con un concerto all’Ecole Normale de Musique di

Parigi.

Fu una vita intermittente, e non certo pacifica, sia per

l’estrosità del carattere di Django, che spesso scompari-

va improvvisamente mettendo in difficoltà i colleghi,

sia per la cordiale discordia che regnava fra lui


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e l’altra vedette della formazione, Stephane Grappelli, tanto

congeniale a lui sul piano musicale quanto scarsamente

compatibile con lui su quello umano.

Il violinista aveva solo due anni più del chitarrista ma era

lontano le mille miglia per mentalità, educazione e abitudi-

ni.

Era un uomo raffinato, preciso, parsimonioso, quanto l’altro

era selvaggio, imprevedibile, dissipatore.

D’altro canto non era facile neppure per gli altri andare d’-

accordo con un uomo che, non conoscendo il valore del da-

naro e dei contratti e sopravvalutando il proprio, poteva

riservare a chiunque, e in particolare ai colleghi e a chi lo

scritturava, le più spiacevoli sorprese.

(A. Polillo, Jazz)





 

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VIAGGI IN ALTRI MONDI (e tempi): Django Reinhardt (2)

intervallo....o cambiamento di scenario (il jazz,django reinhardt) (9)


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(Django 1)

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(Django 3)

Dialoghi con Pietro Autier 2

Pagine di storia







Django restò in ospedale fino all’aprile del 1939 e quando

uscì molte cose erano…..


intervallo....o cambiamento di scenario (il jazz,django reinhardt) (9)


cambiate nel mondo della musica. Curiosamente, il suo

periodo d’inattività era coinciso con una fase di transi-

zione nell’evoluzione della musica sincopata in Francia.

Nello stesso modo in cui il giovane banjoista, ricoverato

in ospedale nel 1928, ne era uscito diciotto mesi più tardi

più maturo e chitarrista, anche il jazz nel frattempo era

diventato più adulto. 

Basta con le buffonate ereditate dai minstrels, il fracasso

approssimativo. Nelle orchestre, l’opacità di pelle dell’-

arcaico banjo faceva spazio a poco a poco al timbro lu-

cido delle prime chitarre di jazz, mentre il contrabbasso

a corda, più maneggevole, soppiantava progressivamen-

te la pesante tuba.

Anche i ritmi si ammorbidivano, si facevano meno saltel-

lanti e gli ottoni stessi, temperando il loro scoppio, permet-

tevano al jazz di essere ammesso nell’atmosfera ovattata

dei locali notturni della capitale, avvicendandosi al folclo-

re tzigano e alla canzone russa.

Certo il musette rimarrà a lungo vivace e ancorato ai costu-

mi popolari dei parigini, ma nel mondo versatile dei ricchi

nottambuli era certamente passato di moda e d’ora in poi

l’élite non si avventurava più nelle sale da ballo  di rue de

Lappe, preferendo i cabaret selezionati dove si esibivano i

jazzisti neri e i musicisti tzigani.

Del resto, alcuni fisarmonicisti come Marceau, Médard Fer-

rero o Adholphe Deprince rifiutavano ora ogni assimilazio-

ne al genere musette.

Questi virtuosi suonavano spesso seguendo lo spartito,

cosa rara a quell’epoca, e senza l’accordatura a forti vi-

brazioni delle lame, responsabile di quella sonorità cana-

glia cara a Emile Vacher e rimasta così a lungo insepera-

bile dalla fisarmonica francese. 

Cominciarono a utilizzare degli strumenti cromatici a

tre file di bottoni che gli italiani avevano introdotto nei

balli dell’Alvergna. Fra questi precursori, c’era un certo

Paraboschi, padre del batterista Roger Paraboschi, membro


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nel 1950 del Quintette du Hot Club de France, nonché un

certo Persiany, il cui figlio Andrédiverrà l’arrangiatore e

il pianista in una delle ultime sedute di Django,con l’or-

chestra di Tony Proteau.

Com’è piccolo il mondo dei musicisti!Però fu Guerino che

per primo ricorse a un suono ‘diretto’ moderandole vibra-

zioni della sua fisarmonica; fu così che conservò a lungo il

suo prestigio musicale presso i chitarristi tzigani.

Notiamo il sentore gitano dei valzer più famosi di Guerino,

come Brise napolitaine, dovuto senz’altro alle sue origini,

poiché era uno zingaro italiano, secondo le affermazioni

del fisarmonicista Jo Privat.

Quel principio di sonorità senza vibrato sarebbe divenuto

popolare verso il 1935, presso i pionieri della fisarmonica

jazz, Charles Bazin e Louis Richardet.

Il primo, ottimo chitarrista quando voleva, frequenterà

assiduamente gli ambienti gitani, suonando occasional-

mente con Django da Marius, una sala da ballo situata

presso la fermata Temple del metrò; mentre il secondo

(pianista) parteciperà alla prima registrazione hot del

giovane Matelo Ferret, in compagnia di un violinista

straordinario: Michel Warlop. Alla fine degli anni 30, a-

lcuni fisarmonicisti innovatori come Gus ViseurTony

Murena adotteranno un’accordatura quasi


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unanime l’accordo swing. Primo fra tutti, Charles Bazin,

fu lo swingmen in bretelle che improvvisava già del jazz

da Marteau, sostenuto dal banjo-chitarra di Vincent Ghelfi.

(Billard/Antonietto, Django Reinhardt il gigante del jazz tzigano)






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