MALLEUS MALEFICARUM 1486-1487 (prima edizione)

 

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Pagine di storia &

Dialoghi con Pietro Autier 2

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chi ha scritto

la storia?

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i miei libri


 

malleus maleficarum 1486-1487 (prima edizione)

 

 

 





…”Così sia possibile solo a chi ha creato l’anima insinuarvisi

tuttavia, con il permesso di Dio, anche i diavoli possono in-

sinuarsi nei nostri corpi.

E allora essi possono favorire impressioni nelle potenze in-

terne legate agli organi corporei. Pertanto così come vengo-

no mutati gli organi per quelle impressioni, altrettanto ven-

gono mutate le operazioni delle potenze nel modo in cui si

è detto, perciò essi possono trarre specie riservate ad una

potenza legata ad un organo, così possono trarre l’aspetto

di un cavallo dalla memoria che è situata nella parte po-

steriore della testa, spostando di luogo questo fantasma

fino alla parte mediana della testa dove c’è la cellula del-

la capacità immaginativa e infine, di conseguenza, fino

al senso comune che ha sede nella parte anteriore della

testa.

E possono mutare e sconvolgere tutto ciò così improvvi-

samente che necessariamente tali forme vengono consi-

derate esistenti qualora si presentino ad uno sguardo e-

sterno.

Un esempio si trova dovuto a un difetto naturale, nei

‘frenetici’ e negli altri ‘maniaci’.

….Così si potrebbe enumerare le altre malattie che le stre-

ghe hanno inflitto ai corpi degli uomini, come la cecità,

dolori acutissimi e convulsioni?

Tuttavia vogliamo rendere noti alcuni fatti che abbiamo

visto con i nostri occhi o che sono giunti alla conoscenza

di uno di noi due inquisitori.

Nel tempo in cui avveniva l’inquisizione sulle streghe

nella città di Innsbruck, ci fu riferito tra gli altri questo

caso: una persona onesta sposata con uno dei domestici

dell’arciduca, davanti al notaio depose secondo la forma

della legge che al tempo della sua giovinezza era stata a

servizio presso uno dei cittadini.

Ora accadde che la moglie di quest’uomo soffrisse di un

forte dolore di testa, e che una donna presentatasi per la

sua guarigione, volesse mitigare il dolore con le sue pre-

ghiere e con certi riti: ” Io”, disse, “osservavo attentamen-

te le sue pratiche e notai che, contrariamente alla natura,

l’acqua versata in una bacinella passava in un’altra pen-

tola e tutto ciò con cerimonie che qui non è il caso di rac-

contare.

Ma vedendo che con queste pratiche non era mitigato il

dolore di testa nella signora, piuttosto adirata dissi alla

strega: ” Io non so di che cosa vi occupiate, ma certo non

fate altro che cose superstiziose e ciò per il vostro torna-

conto”.

Allora subito la strega soggiunse: ” Fra tre giorni capirai

se sono riti superstiziosi o no”.

Ciò che seguì lo provò.

Infatti il mattino del terzo giorno mentre io ero seduta

tenendo il fuso, improvvisamente un forte dolore invase

il mio corpo; all’inizio un dolore interno, sebbene non vi

fosse parte del corpo che non sentisse orribili trafitture.

Quindi mi pareva come se mi fossero versati continua-

mente sulla testa carboni ardenti. Infine sulla pelle del

corpo, dalla testa alle piante dei piedi, non c’era spazio

quanto una punta di spillo in cui non vi fosse una pusto-

la piena di pus bianco.

Io rimasi così, ad urlare in questi dolori e a desiderare

solamente la morte fino al quarto giorno. Infine il mari-

to della padrona mi obbligò ad entrare in una stalla.

Io lo seguivo camminando lentamente, finché giungem-

mo alla porta della stalla.

Allora mi disse: ” Ecco: c’è un pezzo di stoffa bianca sul-

la porta”.

Io dissi: “Lo vedo”.

Allora lui: ” Toglilo se puoi, forse ti sentirai meglio”.

Allora, tenendomi con un braccio alla porta, con l’altra

mano presi la stoffa.

“Apri”, mi disse il padrone “e guarda che cosa c’è dentro”.

Quando sciolsi la stoffa, vi trovai dentro molte cose, in

particolare grani bianchi simili alle pustole che avevo su

tutto il corpo, vidi anche semi e erbe come non ne avevo 

mai potuto né mangiare né vedere, con ossa di serpenti

ed altri animali.

E così stupita, domandai al padrone che cosa ci fosse

da fare.

Egli mi ordinò di gettare tutto nel fuoco e così feci.

Immediatamente, non nello spazio di un’ora o di un

quarto d’ora, ma nel momento stesso in cui queste cose

furono gettate sul fuoco, io recuperai tutta la mia prece-

dente salute”.

(Malleus Maleficarum)

 

malleus maleficarum 1486-1487 (prima edizione)

 

Non dunque l’efficacia o l’inefficacia medica e terapeutica

era in questione, bensì la liceità o meno, il che riporta al te-

ma trattato nel Malleus relativo alla differenza tra esorci-

smi leciti ed esorcismi illeciti.

La medicina è per gli inquisitori dell’eretica pravità, essen-

zialmente un PROBLEMA POLITICO: anch’essa deve corri-

spondere al ‘modello’.

Ne troveremo tracce nell’Ottocento inoltrato allorquando,

per guarire disturbi, era non solo lecito ma consigliato som-

ministrare al malato un infuso realizzato mediante schegge

di legno tratte dalle croci poste sul cammino che conduce

a certi Sacri Monti:

QUESTE PRATICHE CORRISPONDONO  APPUNTO AL

‘MODELLO’.

Streghe danzanti sono le donne colpite dagli esiti dell’in-

gestione involontaria di sostanze tossiche di origine vege-

tale, come micidiale ‘claviceps purpurea’ presente nelle

coltivazioni di cereali e nelle successive operazioni di

stoccaggio e trasformazione a scopi alimentari.

E’ responsabile dell’ergotismo una terribile malattia che

si dirama lungo due direttrici diverse: alle quote più al-

te provoca stati convulsivi, alle quote più basse è respon-

sabile di stati gangrenosi che attaccano gli arti, cosicché

si può induttivamente stabilire una connessione origina-

ria tra l’isteria della strega e dello stregone e le stimma-

te della santa e del santo, la prima ritenuta indice e pro-

va di patto col diavolo, le seconde prova di miracoloso

connubio col divino.

Gli stati gangrenosi non di rado provocano addirittura

il distacco degli arti, come è documentato nell’eloquen-

te dipinto di Pieter Bruegel, I mendicanti.

 

malleus maleficarum 1486-1487 (prima edizione)


Gli stati convulsivi dell’ergotismo, con effetti anche psi-

chedelici, sono comprovati dall’Lsd che proprio dall’er-

gonovina, alcaloide presente in alcune specie di ‘clavi-

ceps purpurea’, è stato sintetizzato in laboratio nel 1943.

Le più note tra le sostanze stupefattive, che si ammantano

anche di un alone mitico, divino o diabolico, sono quelle

derivanti oltre che dalla segale cornuta, dalla mandragola,

dalla digitale, dalla belladonna, dal giusquiamo chiamato

‘erba apollinaria’ per la sua proprietà allucinatoria e visio-

naria, dalla canapa, dal papavero, dalla datura stramonio

conosciuta in Francia come ‘herbe aux sorciers o herbe

des démoniaques’, dalla cicuta, e da tante altre che entra-

vano giocoforza nell’alimentazione e persino nel pane

della povera gente.

Dall’assunzione di sostanze di questo genere possono

derivare ‘alterazioni funzionali che in alcuni casi posso-

no coinvolgere il sistema nervoso centrale’ in particola-

re crisi tireossica ed encefalopatia epatica.

Per alcuni derivati vegetali, come gli alcaloidi della digita-

le e della segale cornuta, sono sufficienti dosaggi anche re-

lativamente bassi, ‘a patto che l’assunzione sia continuati-

va e per periodi discretamente lunghi, il che fa pensare

all’assunzione anche involontaria dovuta alla cronica

mancanza di cibo in certe epoche della storia, e alla man-

canza di conoscenze precise e approfondite sulla materia’.

Soprattutto gli alcaloidi della belladonna rientrano nelle

sostanze ‘delirio-inducenti’: ‘All’osservazione del soggetto

è evidente uno stato confusionale, con netto offuscamento

della coscienza, disorientamento nel tempo e nello spazio,

eccitazione psicomotoria ed irritabilità, senso di angoscia.

Esistono massivi disturbi psicosensoriali, con frequenti

allucinazioni uditive o visive, disturbi del linguaggio ed

altri sintomi sia neuropsichici che fisici’.

Il passo è breve: dalla constatazione di stati di questo

genere, originati dalla natura, il witch-hunter conclude

senz’altro alla possessione diabolica e all’alterazione

stregonica della coscienza, in ciò aiutato dalla verificata

‘intermittenza’ con la quale tali stati si presentano nel

soggetto.

Dal malato all’indemoniato lo slittamento concettuale è

sequenziale nella logica della streghizzazione.

Ecco la strega (lo stregone o lo sciamano), che vede dia-

voli, che parla la lingua del diavolo, che vola, che vive

di notte e si presenta in modo aggressivo.

Anche in questo ambito di analisi il Malleus non riman-

da alla natura, bensì sempre e solo al DEMONIO e alla

strega (o all’eretico).

E’ come se non ci fosse ombra di dubbio sulla natura,

è come se la natura non esistesse, sopraffatta dal mali-

gno che come nube scura ricopre tutto il mondo reale.

Come è impensabile il femminile, così per Sprenger e In-

stitor è impensabile la natura.

I sogni, se esistono, anche i sogni sono ovviamente man-

dati dal demonio (quindi al macero della comunità e 

quotidianità che inquisisce strega e stregone, veggente

e sciamano).

(Mornese/Astori, L’eresia delle streghe)

 

 

 

 

 

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IL MALE

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il male come origine

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Pagine di storia

Dialoghi con Pietro Autier 2

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i miei libri






 

E’ risultato come il male, per lo gnostico, non sia

essenzialmente un concetto, una nozione più o

meno astratta e impersonale, bensì una realtà

concreta direttamente percepita.

E’ prima di tutto una certa cosa, un certo even-

to, una certa occasione, o un certo insieme di

cose, di eventi, di coincidenze, la cui presenza o

azione è subita come insopportabile, nociva o

malefica: una situazione giudicata cattiva per-

ché sentita come tale.

Così l’idea che se ne fa lo gnostico è innanzi-

tutto empirica e affettiva, risponde a un’espe-

rienza, a una prova.

Esperienza, prova, la cui occasione e il cui og-

getto sono la sua personale esistenza quale gli

è data nel presente e non appena egli ne pren-

de coscienza, non appena, precisamente, i fa-

stidi, i fallimenti, le disgrazie che egli vi incon-

tra e subisce destano la sua attenzione e lo in-

ducono a riflettere su di essa.

Quello che, per generalizzazioni successive,

egli mette in questione e sotto processo è in fin

dei conti la sua situazione attuale: questa stes-

sa situazione e ciò che la rende cattiva, la sua

esistenza e le condizioni di tale esistenza, la

realtà entro la quale questa si svolge e che, cir-

condandola da ogni parte, tenendola inclusa

e chiusa in se stessa, sembra rinserrarla, restr-

ingerla e costringerla, imprigionarla. 

( H. C. Puech)





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IL MALE COME ORIGINE


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la gnosi e il mondo





 

 

Significativamente, per quanto infondatamente gli ‘Acta

Archelai’, scritto antimanicheo del quarto secolo attribu-

ito a Egemonio, presentano Basilide come precursore , do-

po Sciziano, di Mani.

Il maestro alessandrino interpretava la parabola del ric-

co e del povero come attestante l’universale presenza del

mondo del male.

Del male Basilide conosce una inquietante definizione, lo

chiama ‘NATURA PRIVA DI FONDAMENTO E DI LUO-

GO’, vale a dire  ‘principio’ (a cui niente e nessuno può

confrontarsi).

Il male costituisce dunque per Basilide un’origine.

Del tutto analoga appare la posizione del trattato gnosti-

co ‘Sull’origine del mondo’ nel quale si afferma che l’om-

bra deriva da opera esistente dal ‘principio’.

Ciò equivale a dire che all’origine domina l’ignoranza,

tema che sarà anche del ‘Vangelo di Verità’.

Soprattutto il male è reale, sostanziale.

Da questo punto di vista le definizioni offerte da Mani,

ad esempio, e da Jung, appaiono prossime a quella di

Basilide.

Sia per Mani che per Jung il male è ‘principio’.

Tuttavia per Mani esso si contrappone a Dio, per Jung

ne costituisce un aspetto. 

Clemento Alessandrino riporta un brano del libro XXIII

degli ‘Esegeteci’ nel quale Basilide sostiene la tesi della

innata disposizione al male di ognuno.

La stessa dottrina era condivisa, ma in forma mitigata,

dal figlio di Basilide, Isidoro.

Di Isidoro Clemente riferisce un brano tratto dall’opera

‘Sull’anima avventizia’. Vi si parla delle appendici che

aderiscono all’anima, presumibilmente mentre questa

cala nel mondo terreno attraversando quello celeste e

progressivamente smemorandosi nel fondo oscuro del-

la materia.

Perché secondo Basilide e i suoi discepoli, gli spiriti

malvagi aderirebbero all’anima razionale?

La risposta suona alquanto enigmatica: a causa d’una

iniziale confusa perturbazione.

Come dire che il principio, per essere tale, cioè princi-

pio, e per precedere l’abitare dell’uomo in questa terra,

non sopporta d’essere incorniciato in alcuna proposi-

zione del linguaggio umano.

E a causa d’un immotivato disordine iniziale, che gli

spiriti malvagi hanno appesantito l’anima di ogni per-

versa inclinazione. 

Alle appendici si sarebbero poi aggiunte le nature av-

ventizie, nature eterogenee, come ad esempio ‘quella

del lupo’.

Si troverebbe qui prefigurata, secondo Jung, la conce-

zione d’una personalità inferiore affondata a un estre-

mo nell’istintività dell’animale, rappresentativa di ciò

che non vorremmo essere e che sempre ci accompagna,

globalmente designata come ombra.





 

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LA GNOSI ….E IL MONDO

 

Prosegue in:

Pagine di storia &

Dialoghi con Pietro Autier 2



 

 

  

 

Lo gnostico invece si rifiuta al mondo fin da principio.

La sua prima reazione è quella di non aver fiducia, di

diffidare di un mondo che gli ripugna e gli sembra cat-

tivo. 

Egli non cerca, come lo stoico, di situarsi in esso e ri-

spetto a esso, ma fuori di esso e differenziandosene.

Gli rifiuta il proprio accordo; rifiuta qualsiasi accordo

con esso. In una parola, fin dal momento in cui prende

coscienza di se stesso, sia che questo rifiuto si limiti dap-

prima o semplicemente a una negazione, sia che arrivi

ad avere gradualmente e in qualcuno il carattere posi-

tivo di una rivolta, lo gnostico si rifiuta di accettare il

mondo, così come si rifiuta, e perché si rifiuta, di accet-

tare la propria situazione, la propria condizione perso-

nale, la propria esistenza nel mondo.

Per forza di cose e suo malgrado, egli si trova immerso

nel mondo, ma non vi si impegna, non si impegna con

esso.

Il suo comportamento spirituale consiste innanzitutto

in un disimpegno, non in un impegno. 

Di fatto, nella forma in cui la progetta lo gnostico, l’e-

vasione fuori dell’influenza e del dominio del mondo, e

quindi del male, si compirà in tre tappe principali, cor-

relative a una progressiva disgiunzione tra ‘io’ e ‘mondo’,

tappe che abbiamo sommariamente delineato: si tratterà

di ‘rendersi’ o di ‘farsi’ ‘estranei al mondo’, di ‘separarsi’,

di ‘isolarsi’ da esso; infine, di ‘uscire’ dal Kosmos, ‘uscita’

che praticamente è sinonimo di ‘trapasso’, di ‘morte’. 

Tuttavia vi è qui l’accenno, o la prima manifestazione,

di un sentimento che si preciserà e si svilupperà nella

coscienza dello gnostico fino a costituirne uno degli e-

lementi fondamentali, una constatazione ancora rudi-

mentale e confusa che si espliciterà e si giutificherà in

una serie di ragionamenti fino ad esprimersi in forma

di affermazione sistematicamente fondata e di porta-

ta ontologica. 

Se, come si potrebbe dire sostituendosi allo gnostico,

mi sembra di vivere in qualcosa d”altro’, se la mia esi-

stenza mi appare ‘altra’ da ciò che dovrebbe o potreb-

be essere, l’impressione di disparità si trasformerà o

si rafforzerà in quella stranezza e alla fine incoeren-

za, di sostanziale inadeguadezza.

Di qui, sul piano intellettuale, queste successive ri-

flessioni: ciò in cui vivo è qualcosa d’altro.

Dunque, altro rispetto a me, altro da me. 

E se di conseguenza giungo a concepire il mondo co-

me altro da me, mi sarà facile concludere che, recipro-

camente, io stesso sono altro dal mondo. 

La sua presenza, percepita come strana, mi apparirà

estranea. 

Avvertito dapprima come diverso da me, o da quel

che avrei desiderato che fosse, il mondo mi diventerà

‘estraneo’ e tale sarà da me considerato.

Giungerò alla convinzione che esso mi è ‘estraneo’ al-

lo stesso modo in cui sono ‘estraneo’ a esso.

(Avvertenza per alcuni lettori, o valenti inquisitori, e

novelli ed affermati  ‘Gui’ ad uso del potere mafioso

della casta:

da non confondere RIFIUTO con IMMONDIZIA.

Neppure FUGA con LATITANZA. 

Di tali equivoci si sazia l’infame ed ingordo pasto di

taluni, che con l’eretica ‘IMMONDIZIA e LATITAN-

ZA’…hanno accesso i roghi dell’intollerenza.

….E fanno affari da ‘maestranza’.)

( H. C. Puech)



 

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IL PIONIERE (7)

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la guerra (3) &

il pioniere: M. Houston (6)

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il pioniere (8) &

Pagine di storia &

Gli occhi di Atget






 

In quel momento appare sulla porta dell’abitazione (anticipato

da qualcosa) il pioniere in persona: getta uno sguardo scrutato-

re sul nuovo arrivato, fa segno ai cani di rientrare e lui stesso

si affretta a precederli senza un moto di curiosità o d’inquietu-

dine.

Giunto sulla soglia della log-house l’Europeo non può trattener-

si dal far scorrere uno sguardo stupito sullo spettacolo che gli

si presenta.

Nella capanna generalmente non vi è che un’unica finestra scher-

mata a volte da una tenda di mussola: in questi luoghi dove non

è raro che manchi il necessario si trova invece di frequente il su-

perfluo.

Nel focolare di terra battuta crepita un fuoco resinoso che illumi-

na l’interno della casa meglio della luce del giorno.

Sopra il rustico focolare spiccano i trofei di guerra o di caccia: una

lunga carabina rigata, una pelle di daino, le penne di un’aquila. A

destra del camino è spesso appesa una carta geografica degli Stati

Uniti continuamente sollevata e agitata dal vento che gli si insinua

negli interstizi del muro.

Vicino su uno scaffale di assi mal squadrate sono appoggiati i libri:

una Bibbia, con la copertina e gli orli consumati dall’uso devoto di

due generazioni, un libro e a volte i canti di Milton e una tragedia

di Shakespeare.

Lungo le pareti sono appoggiate alcune sedie grossolane, frutto del-

l’industriosità del proprietario, qualche baule che sostituisce gli ar-

madi, strumenti di agricoltura e qualche campione del raccolto.

Al centro della stanza vi è una tavola traballante i cui piedi ancora

guarniti di foglie sembrano averla trasportata essi stessi nel luogo

che adesso occupa.

Intorno a questa tavola si riunisce ogni giorno all’ora dei pasti l’in-

tera famiglia inglese, alcuni cucchiai quasi sempre di legno, qualche

tazza sbeccata e qualche giornale.

L’aspetto del padrone di casa non è meno originale del luogo che

ospita. I muscoli angolosi e le membra affilate lo rivelano fin dalla

prima occhiata un abitante della Nuova Inghilterra.

Quest’uomo non è nato nella solitudine dove ora abita; lo dimostra

la sua stessa costituzione. Ha certamente trascorsi i suoi primi anni 

in una società intellettuale e razionale; soltanto la sua volontà la tra-

scinato in mezzo ai lavori del deserto per i quali non sembra adatto.

Ma se le sue forze fisiche possono sembrare impari all’impresa che

si è proposto, i tratti del viso solcato dalle preoccupazioni della vita

emanano una tale carica di intelligenza pratica, di energia fredda e

perseverante che colpiscono favorevolmente fin dal primo approc-

cio.

Il suo modo di camminare è lento e compassato, le parole misurate, l’-

aspetto austero.

L’abitudine e più ancora l’orgoglio gli hanno conferito al suo viso una

rigidità stoica smentita dalle sue azioni.

Il pioniere disprezza, è vero, ciò che turba spesso con violenza i cuori

degli uomini. I suoi beni e la sua vita non correranno mai l’idea di esse-

re in balia di un colpo di dadi o dei capricci di una donna, ma, per ac-

quistare il benessere, ha dovuto affrontare l’esilio, la solitudine e le

numerose traversie della vita selvaggia; ha dormito all’addiaccio, ha

sfidato la febbre dei boschi e i tomahawk degli Indiani.

Ha compiuto un giorno questo sforzo, l’ha rinnovato per anni, conti-

nuerà a ripeterlo forse ancora per vent’anni senza scoraggiarsi e sen-

za lamentarsi. Un uomo capace di simili sacrifici è un essere freddo

e insensibile o dobbiamo invece riconoscere che in lui fiammeggia

una di quelle passioni del cervello così ardenti e implacabili?

Concentrato nell’unico scopo di far fortuna, l’emigrante ha finito per

crearsi un’esistenza esclusivamente individuale: anche i sentimenti

verso la famiglia si sono fusi in un immenso egoismo che quasi di cer-

to lo porta a considerare moglie e figli nient’altro che una parte stac-

cata di se stesso.

Privato di rapporti abituali con i suoi simili, ha imparato a compia-

cersi della sua solitudine.

(A. De Tocqueville, viaggio negli Stati Uniti)





 

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LA GUERRA (pirati & Imperatori…) (3)

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la guerra (2)

Prosegue in:

Dialoghi con Pietro Autier 2

Pagine di storia

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la

guerra


 

la guerra 3



 


 



Il problema della costruzione del consenso democratico si

presenta in forma particolarmente acuta quando la politica

dello stato è indifendibile, e si aggrava al crescere dell’im-

portanza delle questioni trattate.

Non c’è alcun dubbio sulla gravità del problema del Medio

Oriente, e in particolare del conflitto arabo-israeliano, giudi-

cato comunemente e a buon diritto una polveriera pericolo-

sissima, in grado di scatenare una guerra nucleare nel caso

in cui dal livello regionale il conflitto arrivasse a coinvolgere

le super-potenze: una prospettiva alla quale in passato ci sia-

mo avvicinati troppo per poter restare tranquilli.

 

la guerra 3


La politica statunitense ha inoltre contribuito materialmente a

mantenere una situazione di conflitto militare e si basa su pre-

supposti implicitamente razzisti che, se fossero dichiarati aper-

tamente, sarebbero ritenuti inaccettabili.

Esiste per di più una profonda divergenza fra l’atteggiamento

della popolazione, che di solito nei sondaggi si dichiara favore-

vole a uno stato palestinese, e la politica del governo, che nega

esplicitamente questa possibilità, ma tale divergenza non assu-

me grande rilievo, finché gli strati politicamente attivi e istruiti

della popolazione mantengono la disciplina.

 

la guerra 3


Per garantirsi questo risultato occorre condurre quella che

gli storici americani definirono ‘manipolazione della storia’

quando durante la Prima guerra mondiale, si misero a libro

paga dell’amministrazione Wilson, conducendo una delle

prime esercitazioni organizzate di produzione del consen-

so. 

Un risultato analogo si può ottenere in vari modi.

 

la guerra 3


Uno dei metodi consiste nel mettere a punto una forma adeguata

di Neolingua, i cui termini fondamentali hanno un senso tecnico

distinto dal loro significato normale.

Consideriamo per esempio l’espressione ‘processo di pace’.

Nel suo significato tecnico utilizzato generalmente dai mass-me-

dia e dagli studiosi statunitensi, si riferisce alle proposte di pace

avanzate dal governo degli Stati Uniti.

 

la guerra 3


Chi pensa nel modo giusto spera che la Giordania si unisca al

processo di pace, cioè che accetti le impostazioni statunitensi.

Il grande interrogativo è se l’ OLP accetterà di unirsi a quello

stesso processo di pace, o se può essere ammessa alla cerimo-

nia.

Il titolo di un’analisi pubblicata da Bernard Gwertzman sul

‘New York Times’ recita: “I palestinesi sono pronti a volere la

pace?”.

Nel senso usuale della parola ‘pace’, la risposta naturalmente 

è sì.

 

la guerra 3


Tutti vogliono la pace, dal loro punto di vista: Hitler, per esem-

pio, voleva sicuramente la pace nel 39, dal suo punto di vista. 

Nel sistema di controllo del pensiero, però, la domanda signifi-

ca un’altra cosa: “I palestinesi sono disposti ad accettare le condi-

zioni di pace statunitensi?”.

 

la guerra 3


Tali condizioni, tra le altre cose, negano loro il diritto all’auto-

determinazione nazionale, ma riufiutando questa conseguenza

i palestinesi dimostrano di non voler la pace, in senso tecnico….

Anche i termini ‘terrorismo’ e ‘rappresaglia’ hanno un significato

particolare all’interno del sistema di propaganda.

Per ‘terrorismo’ si intendono gli atti di violenza compiuti da va-

ri pirati, specialmente arabi.

Gli atti terroristici compiuti dall’imperatore e dai suoi protetti

sono detti invece ‘rappresaglie’ o magari ‘attacchi preventivi le-

gittimi per combattere il terrorismo’, prescindendo tranquilla-

mente dai fatti.

 

la guerra 3


Anche la parola ‘ostaggio’ ha un sigificato tecnico orwelliano

nell’ambito del sistema dottrinario dominante. 

Nel senso letterale della parola, il popolo del Nicaragua è attual-

mente ostaggio di una grande operazione terroristica diretta dal-

le centrali del terrorismo internazionale di Washington e Miami.

Lo scopo di questa campagna terroristica è indurre il governo

del Nicaragua a cambiare politica, e soprattutto a porre fine a

programmi che destinano le risorse alla maggioranza povera e 

ritornare alle politiche ‘moderate’ e ‘democratiche’ che favori-

scono gli interessi delle aziende statunitensi e delle loro filiali

locali.

 

la guerra 3


Si può dimostrare chiaramente come questa sia la ragione princi-

pale della guerra terrorista condotta dagli Stati Uniti contro il Ni-

caragua; questo punto non viene confutato, ma semplicemente e-

scluso.

Si tratta di un caso di terrorismo particolarmente sadico, non so-

lo per l’ampiezza e gli scopi, ma anche per i mezzi impiegati, che

vanno ben al di là delle comuni azioni dei terroristi ‘al dettaglio’,

le cui imprese hanno suscitato tanto orrore negli ambienti civili:

Leon Klinghoffer e Natasha Simpson furono uccisi dai terroristi,

ma prima non furono sottoposti a torture feroci, a mutilazioni,

a stupri e alle altre pratiche che vengono adottate dai terroristi

 

la guerra 3


addestrati e appoggiati dagli Stati Uniti e dai loro protetti, co-

me dimostra ampiamente la documentazione in genere igno-

rata.

La politica statunitense consiste nel far sì che gli attacchi ter-

roristici continuino fino alla resa del rovesciamento del gover-

no, mentre i servi dell’imperatore pronunciano parole tranquil-

lizzanti sulla democrazia e i diritti umani. 

Nell’uso tecnico prevalente, i termini ‘terrorismo’ e ‘ostaggio’

sono utilizzati solo per certe categorie di atti terroristici, ov-

 

la guerra 3


vero quelli compiuti dai pirati ai danni di coloro che conside-

rano il terrorismo e la cattura di ostaggi su larga scala come

una propria prerogativa.

In Medio Oriente i bombardamenti indiscriminati, la pirateria, la

cattura di ostaggi, gli attacchi ai villaggi indifesi e altri atti analo-

ghi non rientrano nel concetto di terrorismo, come è inteso

nel sistema dottrinario, se sono compiuti da Washington o

dal suo protetto israeliano.

(N. Chomsky, Pirati & Imperatori)




 

 

il processo di pace

     

LA GUERRA (la politica della menzogna, il II colpo di stato) (2)

Precedente capitolo:

la guerra

Prosegue in:

la guerra (3)


 

la guerra 2







….Adesso che la piena portata di questo disastro storico comincia

a emergere in tutta la sua chiarezza, è importante comprendere co-

me una grande democrazia abbia potuto commettere un insieme

così terribile di errori.

E’ già noto che in passato l’attuale amministrazione aveva fatto

un ricorso abnorme alla segretezza, alla censura e all’inganno si-

stematico; tale approccio alla politica (che è un normale dato di

fatto odierno), che è quanto di più lontano dal tipico modo di fa-

re americano, è la principale ragione che spiega il coinvolgimen-

to dell’America nella catastrofe irachena.

 

la guerra 2


A cinque anni dal primo discorso con il quale il presidente Bush

sostenne la necessità di attaccare l’Iraq, è evidente che quasi tut-

ti gli argomenti addotti erano basati su falsità. Se il pubblico ame-

ricano avese saputo allora quel che sa adesso sulla campagna

irachena, non si sarebbero commessi tanti tragici errori.

Il presidente ha scelto di ignorare – e spesso addirittura di occul-

tare – studi, relazioni e fatti che apparivano contrari alle false

impressioni che desiderava instillare nelle menti dei cittadini

americani (e non…). 

la guerra 2

L’amministrazione Bush ha scelto invece di concentrarsi su al-

cune comode menzogne, presentate al pubblico con una superfi-

cialità, un’emotività e un approccio manipolativo che non sono

degni della democrazia.

L’amministrazione ha sfruttato le paura collettive della nazione

a proprio esclusivo vantaggio politico; i suoi membri si sono at-

teggiati a strenui difensori del nostro paese, sebbene in realtà ab-

biano indebolito, e non rafforzato l’equilibrio mondiale.

 

la guerra 2


Il presidente ci disse che la guerra in Iraq sarebbe stata l’extre-

ma ratio, ma oggi sappiamo che è sempre stata una sua priorità.

L’ex segretario del Tesoro, Paul O’Neill, ha confermato che attac-

care l’Iraq era il principale argomento all’ordine del giorno già

alla prima riunione del National Security Council, tenutosi ap-

pena dieci giorni dopo l’insediamento di Bush alla Casa bianca:

‘Si trattava soltanto di trovare un modo per farlo’.

Ci fu detto che il presidente avrebbe dato ampia libertà di mano-

vra al sistema della diplomazia internazionale; oggi sappiamo

che gli permise di operare brevemente, per accontentare il segre-

tario di Stato e per motivi di facciata.

 

la guerra 2


La prima ragione addotta per giustificare l’attacco all’Iraq era

quella di eliminare le sue armi di distruzione di massa, che come

è noto si è poi scoperto essere inesistente (eccetto taluni isolati ten-

tativi di approvvigionarsi di potenti ordigni bellici…)…

Oggi sappiamo dalle affermazioni di Paul Wolfowitz, ex vicese-

gretario della Difesa, che l’amministrazione scelse cinicamente ta-

le pretesto dopo aver scoperto da un’attenta analisi dell’opinione

 

la guerra 2


pubblica americana, che scovare le armi nascoste di Saddam era

il miglior argomento per convincere gli elettori ad appoggiare

un’invasione.

Sembrava quasi che l’amministrazione Bush avesse fatto proprie

le raccomandazioni di Walter Lippmann, il quale consigliava di

scegliere preventivamente le politiche da intraprendere e di co-

struire poi un consenso per una campagna di persuasione di mas-

sa per ‘fabbricare’ il consenso del popolo attorno alle decisioni

già prese da ‘una classe governativa specializzata’.

 

la guerra 2


Come se si fossero messi d’accordo – e non c’è dubbio che un ac-

cordo ‘vi fosse’; la campagna di pubbliche relazioni fu attenta-

mente orchestrata – nemerosi portavoce dell’amministrazione

si affannarono a dichiarare ai media che una ‘nuvola a forma

di fungo’ avrebbe minacciato le città americane, a meno che

gli Stati Uniti non avessero invaso l’Iraq per impeedire a Sad-

dam di cedere armi nucleari allo stesso gruppo terrorista che

ci aveva già attaccati con conseguenze mortali.

 

la guerra 2


George W. Bush disse alla nazione che Saddam aveva acqui-

stato la tecnologia per l’arricchimento dell’uranio e che era

alla ricerca di forniture di uranio in Africa, e altre micidiali

armi.

Quando poi si scoprì che le prove addotte per sostenere en-

trambe le affermazioni erano completamente false, per il pri-

mo caso, e sommarie e prevenute, per il secondo.

Ma l’amministrazione apparve del tutto immune a qualsiasi

sentimento di imbarazzo o pentimento.

 

la guerra 2


Il presidente Bush disse al popolo americano (e non..) di ave-

re prove certe che Saddam stesse cercando di procurarsi ura-

nio in Niger, con l’obiettivo di costruire bombe nucleari; chie-

se poi al paese di immaginare l’orrore che si sarebbe abbattuto

su di noi se una di queste bombe fosse esplosa in una nuvola

a forma di fungo, distruggendo una città americana.

 

la guerra 2


Tuttavia, due settimane dopo, il capo dell’agenzia delle Nazio-

ni Unite preposta al monitoraggio della proliferazione nucle-

are, dichiarò al mondo che le prove sulle quali il presidente

Bush aveva basato il suo terribile racconto erano state fabbri-

cate…dal nulla……

(Al Gore, L’assalto alla ragione)




 

la guerra 2


LA GUERRA

Precedente capitolo:

Bobby la corsa non è terminata

Prosegue in:

Dialoghi con Pietro Autier 2 &

Pagine di storia

Da:

Frammenti in rima &

i miei libri







Sabato 1°marzo 1969 poco dopo la                          989789.jpg

mezzanotte, la giuria rientrò in

aula e annunciò di avere prosciolto

Clay Shaw.

Mi ero già preparato all’inevitabile

verdetto e la mia reazione

emotiva fu quindi minima.

Restai nella mia convinzione

che  Shaw avesse partecipato

alla cospirazione per uccidere

il presidente, con il compito

preciso di incastrare Lee Oswald

e di farne una marionetta.

Comunque non provavo sentimenti

vendicativi nei confronti di Shaw.

Aveva semplicemente fatto il suo

lavoro come funzionario dell’intelligence governativa.

E io avevo fatto il mio, come rappresentante eletto della

cittadanza di New Orleans. Dopo il proscioglimento, Mark

Lane intervistò i membri della giuria, una procedura che è

prevista dalle leggi della Louisiana.

Le risposte indicavano che non avevano potuto trovare

nessuna motivazione per la partecipazione di Shaw a un

complotto per uccidere Kennedy, che, fra l’altro, aveva

sempre dichiarato pubblicamente di ammirare.

Questo non poteva sorprendermi.                                    kennedy1.jpg

Fin dall’inizio mi ero reso conto che

ci saremmo trovati in difficoltà a

far emergere con chiarezza il

movente di Shaw.

Ritenevo che tali motivazioni

facessero capo al suo passato

come agente operativo della CIA e alla sua determinazione,

che aveva in comune con il nucleo dei sostenitori della GUER-

RA FREDDA che stavano all’interno delle agenzie federali, di

porre fine al tentativo di Kennedy di operare una svolta nella

politica estera degli Stati Uniti.

Oggi risulta piuttosto chiaro, dal corso che prese la politica e-

stera degli USA immediatamente dopo quel 22 novembe 1963,

il motivo per cui elementi delle operazioni segrete della CIA

abbiano                                                             8978989.jpg 

voluto togliere dalla Sala

Ovale Kennedy e metterci

al suo posto Lyndon

Johnson.

Il nuovo presidente

elevato alla responsabilità

delle nostre scelte di

politica estera dalla

sparatoria di Dallas

sarebbe stato uno dei

più entusiastici sostenitori

della Guerra Fredda, anche

se lo divenne per necessità

in quanto vicepresidente.

Lyndon Johnson è stato descritto da Fred Cook, un osservatore

della scena politica americana fra i più rispettati, come ‘un uomo

dalle limitate conoscenze in politica estera’ che per esperienza e

temperamento era ‘portato a ragionare in termini militari’.

Le origini dell’ascesa politica di Johnson corrispondono al momen-

to culminante della più accesa crociata anticomunista che caratte-

rizzò la politica americana degli anni che seguirono la fine della

seconda guerra mondiale.

Poco dopo la fine della guerra, parlava enfaticamente dell’atomi-

ca come di qualcosa ‘da usare o per cristianizzare il mondo, o per

mandarlo in polvere’, insomma una benedizione cristiana come

non ce n’erano mai state di uguali.

Il grande entusiasmo che Johnson dimostrava per gli interventi

militari all’estero, che gli valsero l’appellativo di ‘senatore del

Pentagono’, contrastavano apertamente con l’intenzione del

presidente Kennedy di ritirarsi completamente dal Vietnam.

Quindi non può destare nessuna sorpresa il fatto che, subito do-

po la morte del presidente Kennedy e l’insediamento di Johnson

alla Casa Bianca, si verificarono dei drastici mutamenti nella

politica estera e nella politica militare americana.

L’ordine di Kennedy di riportare a casa i primi mille uomini dal

Vietnam entro dicembre venne prontamente annullato. 

Nell’agosto del 1964 si verificò l’incidente del Golfo del Tonchi-

no o, almeno così venne detto al pubblico americano.

L’intera faccenda aveva tutto il sapore tipico di un lavoro con-

dotto dall’intelligence. La risoluzione del Golfo del Tonchino, ap-

provata il 7 agosto 1964, con solo due senatori dissenzienti, die-

de a Johnson il potere di prendere qualunque decisione di  ordi-

ne militare da lui ritenuta necessaria nel sud-est asiatico.

Questa dichiarazione di guerra del Vietnam del Nord, sia pure

non ufficiale, arrivò giusto a distanza di un anno dal  discorso

di Kennedy, tenuto all’American University, con il quale aveva

espresso con grande forza la sua speranza di pace. 

Appena dopo l’approvazione della risoluzione da parte del Con-

gresso, gli aerei americani dettero inizio al primo bombardamen-

to del Vietnam del Nord.

Nel 1965 più di 200.000 soldati americani si riversarono nel Viet-

nam del Sud.

Nel 1966-67 se ne aggiunsero altri 300.000.

Il giorno in cui vennero firmati gli accordi di Parigi, nel gennaio

del 1973, risultò che più di 55.000 americani e milioni di vietnami-

ti erano morti. 

QUESTA FU LA CONSEGUENZA PIU’ IMPORTANTE DELL’AS-

SASSINIO DI JOHN KENNEDY E IL VERO MOTIVO PER CUI

VENNE COMPIUTO!

(J. Garrison, JFK sulle tracce degli assassini)





 

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UNA CASA PER UN ANGELO (…auguri Franca….)

Precedenti capitoli:

Bobby la corsa

non è terminata


 

una casa per un angelo






Il mio nome è Shikò, ma quasi più nessuno mi chiama

così.

Ora che sto nella casa di Anita tutti hanno ricomin-

ciato a chiamarmi Malaika.

Vuol dire angelo…..

Bello no?

Prima non avevo mai pensato che avevo un bel

nome.

Anche perché mi chiamavano sempre Shikò, che

non vuol dire niente.

Invece Malaika vuol dire angelo e tutti lo sanno

in Kenya.

Perché c’è una canzone che si chiama così e tutti

la cantano.

Malaika, nakupenda Malaika……’

E’ molto famosa e molto romantica parla d’amore….

Il mio nome è Malaika e vengo dalla casa di Anita.

Ormai quasi nessuno mi chiama più Shikò, il mio

nome di strada.

Solo quelli che mi conoscevano un tempo.

Non ho niente contro quel nome, ma è come se

non mi appartenesse più, come se non avesse più

nulla a che fare con me.

O forse sono io che sono diventata un’altra perso-

na.

Che ho un’altra vita.

Che sogno un grande futuro (che non sia più su

quella strada).

Il mio nome è Malaika e, ne sono sicura, d’ora in

poi sarà tutta un’altra storia (e non mi troverete

più su …quella via…).

Il mio nome è Malaika…..

Sì!

Il mio nome è Malaika….


(R. Sesana, Shikò;

Una notizia fra le tante…..)




 

una casa per un angelo

(Bobby la corsa) NON E’ TERMINATA….(perché c’è una regina lì in fondo alla strada)

Precedente capitolo:

Bobby la corsa (non è terminata)

Prosegue in:

Pagine di storia &

Dialoghi con Pietro Autier 2

Foto del blog:

Bobby la corsa

non è terminata

Una notizia (fra le tante):

…Strangolata nel bosco….

Da:

i miei libri


 

non è terminata






La chiamano così, the Queen, la Regina, ed è una specie di

istituzione in strada.

Nel bene e nel male.

E’ una persona molto potente e temuta ed è molto attiva.

Una vera leader, che ha contatti anche nelle alte sfere, con

uomini ricchi e potenti (in ogni parte del mondo).

Il suo potere è riconosciuto specialmente dalle bambine di

strada. Si occupa di loro e le sfrutta, se da una parte presta

loro assistenza, dall’altra le fa prostituire.

 

non è terminata


E’ un capo a tutti gli effetti, temuto e rispettato, amato e o-

diato, anche se raramente le bambine ne parlano male. (Ha

donato loro anche un moderno ed efficiente cellulare…).

Solo se approfondiscono il discorso con loro scopri che quel-

la giovane donna le ha costrette a compiere cose terribili.

 

non è terminata


Ma in un primo momento, loro diranno che è stata lei a or-

ganizzare il trasporto in ospedale quando stavano male, a

procurare loro le medicine, a pagare la sepoltura dei morti.

All’inizio the Queen è molto gentile e disponibile con le bam-

bine, in particolar modo quelle che sono appena arrivate in

strada; le aiuta e le consiglia per conquistare la loro fiducia.

Poi, però, si impossessa di loro.

 

non è terminata


In tutti i sensi.

E’ lei che organizza una sorta di cerimonia di iniziazione,

in cui le bambine da poco arrivate in strada, vengono vio-

lentate da più persone, almeno cinque, secondo alcune te-

stimonianze.

E’ un rito…oppure una vendetta.

Questa violenza di gruppo viene chiamata ‘feast’ un terri-

bile ‘festino’ organizzato in angoli bui, in strada, o nelle ba-

si dove vivono di norma gli ‘street children’.

 

non è terminata


Qui le bambine subiscono ripetutamente atti di violenza

sessuale, ed è quella che loro chiamano la Regina a organiz-

zare l’orrendo rito, quasi si trattasse di una sorta di bigliet-

to d’ingresso per la strada, mentre in realtà è un modo per

avviarle (ed abituarle) alla prostituzione, un’attività che

lei stessa gestisce in prima persona.

 

non è terminata


The Queen controlla il mercato del sesso delle bambine di

strada (e gestisce anche…), soprattutto i giri di prostituzio-

ne delle ragazzine più giovani.

E’ anche questo uno dei motivi per cui, in Kenya, alcuni

bambini, specialmente quelli di strada, letteralmente ‘spa-

riscono’ e finiscono nei loschi giri della pedofilia, dove

vengono sfruttati per realizzare filmini e altro materiale

pedo-pornografico con interessi e ‘contatti’ internaziona-

li.

 

non è terminata


I ‘trafficanti del sesso’ (e di esseri umani) sottraggono que-

sti giovani con l’inganno alla strada o addirittura alle lo-

ro famiglie, – promettendo ai genitori – poveri e non istrui-

ti – che li porteranno a vivere in città e che andranno a

scuola (magari in un paese più ricco…)…..

(R. Sesana, Shikò, una bambina di strada)




 

non è terminata