BOBBY LA ‘CORSA’ (non è terminata…)

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(ai profeti) si spara

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bobby la corsa

non è terminata

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Pagine di storia &

Dialoghi con Pietro Autier 2

Da:

Frammenti in rima

Una notizia (fra le tante….):

…strangolata nel bosco…..


 

bobby la corsa






Non sono molti i turisti che vanno a Nairobi, di solito sono

viaggiatori di passaggio.

Si fermano per una notte, o poco più, ma le mete del turismo

in Kenya sono altre: i parchi naturali del Masai Mara o dell’-

Amboseli, ma anche il Serengeti e il Ngoro Ngoro, che si tro-

vano in Tanzania.

 

bobby la corsa


Ma il turismo si concentra prevalentemente sulla costa: Mom-

basa, Malindi, Lamu…..spiagge da sogno, villaggi turistici lus-

suosissimi, dove il contatto con la popolazione si limita allo

stretto necessario per imprimere un tocco di esotismo alla va-

canza …in Africa.

Quella del turismo è una delle principali voci di bilancio del

Kenya, che tuttavia non si traduce in reali benefici economi-

ci per la popolazione, e ciò per almeno due ragioni. Molte ca-

 

bobby la corsa


tene alberghiere appartengono a imprenditori occidentali che

trattengono gran parte dei guadagni nelle casse dei propri

Paesi d’origine; inoltre, il turismo è concentrato nelle mani di

pochi imprenditori locali, spesso corrotti.

In questo modo, quella che potrebbe essere la risorsa più impor-

tante per la nazione si riduce a una manciata di posti di lavoro,

per giunta mal pagati.

 

bobby la corsa


Ma i bianchi in Kenya non sono solo turisti.

Soprattutto a Nairobi.

Sono uomini d’affari, commercianti, diplomatici, persone di

molteplici organizzazioni non governative internazionali o di-

pendenti delle molte agenzie delle Nazioni Unite, che nella ca-

pitale posseggono una vera e propria cittadella a Gigiri, dove

lavorano oltre 3.000 persone. Quindi un crocevia di interessi

‘mondiali’….

Diamo un’occhiata, invece, alla realtà locale…

 

bobby la corsa


Kariu è uno slum simile alle altre baraccopoli di Nairobi.

Più piccolo semmai.

Niente a che vedere con quelli di Kibera o Mathare: enormi,

sconfinati. Kibera, specialmente, dicono sia la baraccopoli più

vasta e popolosa d’Africa, con i suoi 800.000 o forse un milio-

ne di abitanti.

Slum che, al contrario di quanto accade in molte altre città

africane, non stanno necessariamente in periferia, ma s’insi-

nuano fin dentro i quartieri più centrali, facendo di Nairobi

una delle metropoli più anomale del continente.

 

bobby la corsa


Una città dove ricchezza e povertà si affiancano, strofinandosi

contro l’altra senza mai mischiarsi davvero; dove se sali sui grat-

tacieli puoi vedere in basso le baracche più misere, mentre dal tet-

to di queste è quasi possibile toccare con mano il lusso degli enor-

mi Shopping Mall.

Il primo e l’ultimo dei mondi che si sfiorano senza incontrarsi.

Il primo e l’ultimo dei mondi a portata di mano di uno stesso

sguardo, così vicini da rendere ancora più stridente e scandalo-

so l’abisso che separa i ricchi dai poveri, i pochi, pochissimi elet-

ti dai milioni di derelitti.

 

bobby la corsa


Milioni di persone come Shikò e la sua famiglia, costrette a vive-

re di espedienti e senza futuro. Milioni di persone, il 60% della

popolazione del Kenya, che si trova al di sotto di quella che vie-

ne definita la ‘soglia della povertà’: 2 (due dollari) al giorno.

Una miseria o quasi, anche qui, come in qualsiasi altro angolo

del pianeta. Pochi spiccioli tiranni della vita di milioni di per-

sone.

Perché al di sotto di questa soglia non è nemmeno più vivere;

significa essere in balia degli eventi, senza cibo o acqua, senza

diritti o parola.

 

bobby la corsa


Pochi spiccioli al giorno e qualche centinaio di dollari all’anno,

tanto quanto si spende in Italia per un paio di scarpe all’ultima

moda o per una borsetta firmata.

La vita di un uomo ancora oggi, qui in Kenya, e in molte parti

del mondo, vale come un bene di consumo qualsiasi. Neppure

indispensabile.

 

bobby la corsa


Spesso la prima e principale ragione per cui i bambini finisco-

no in strada è ancora oggi la povertà.

Una miseria che sta aumentando in molti Paesi, e che si tradu-

ce nella mancanza di mezzi di sostentamento, di garanzie so-

ciali, di istruzione e di assistenza sanitaria; che significa lati-

tanza dello Stato e corruzione.

Una condizione di ingiustizia che investe l’intero pianeta e che

crea un enorme abisso tra il Nord e il Sud del mondo.

 

bobby la corsa


Tutto questo contribuisce a condannare le nuove generazioni

africane a un futuro privo di speranze e di vie d’uscita.

A Nairobi, in Africa, e in molte altre parti del mondo, le con-

dizioni dell’infanzia, nonostante le carte dei diritti e le dichia-

razioni di intenti delle istituzioni internazionali, resta tuttora

drammatica.

Un bambino su due vive in situazioni di povertà estrema!

30.000 muoiono ogni giorno per malattie dovute alla malnu-

trizione o a condizioni igieniche non adeguate, anche se, mol-

 

bobby la corsa


to spesso, si tratta di patologie che potrebbero essere facilmen-

te prevenibili o curabili, come il morbillo, la malaria o una

semplice infezione.

Ancora oggi, in Kenya, 79 bambini su 1000 muoiono entro il

primo anno di vita e 120 su 1000 prima di averne compiuti…

5….

 

bobby la corsa


…Li chiamano così, ‘chokora’, i bambini di strada di Nairobi,

ovvero coloro che vivono di spazzatura. Sono gli ‘scarti’, i

‘rifiuti’ della società.

Di rifiuti si nutrono, di scarti si vestono.

Sono guardati con disprezzo e timore, tenuti alla larga come

degli appestati. Sono pochi coloro che si impietosiscono e re-

galano qualche spicciolo.

Le bambine e i più piccoli hanno maggiore fortuna.

Fanno pena e tenerezza.

 

bobby la corsa


Come Shikò, che è poco più di una bambinetta, insieme con

la sorellina Ireen, ancora neonata. Venire al mondo per lei, ha

voluto dire finire direttamente in strada.

Secondo l’Undugu Society of Kenya, una delle prime e più im-

portanti associazioni che si sono occupate di bambini di strada,

il fenomeno è in costante aumento….

 

bobby la corsa


Secondo questa associazione i dati relativi al Kenya parlano

di circa 115.000 bambini di strada nel 1975; 15 anni dopo, nel

1990, erano 17.000 e, nel 1997….150.000.

Oggi si calcola che nella sola capitale Nairobi ci siano dai ….

50.000 ai 60.000 bambini di strada. Ma sono almeno 500.000

in Kenya i minori in età scolare che non frequentano la scuo-

la e che passano fuori di casa gran parte del loro tempo….

(R. Sesana, Shikò, una bambina di strada)





 

bobby la corsa

(che cosa) LO HA UCCISO?

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che cosa (lo ha ucciso?)

Foto del blog:

che cosa

lo ha ucciso?

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Dialoghi con Pietro Autier 2

(Foto di David Goldblatt)


 

lo ha ucciso?







L’assassinio del presidente Kennedy dovrebbe provocare nella

nostra nazione un profondo esame di coscienza.

Lo sparo venuto da quell’edificio di cinque piani può essere li-

quidato come il gesto isolato di un pazzo. L’onestà ci induce

a ricercare oltre la mente malata dell’esecutore di quest’azio-

ne spregevole.

Chidersi ‘Chi ha ucciso il presidente Kennedy?’ è importante,

ma chiedersi ‘Che cosa lo ha ucciso?’ è più importante.

 

lo ha ucciso?


Il nostro defunto presidente è stato assassinato da un clima

morale inclemente. Un clima saturo degli impetuosi torrenti

delle false accuse, dei venti conflittuali dell’odio, dell’imper-

versare di bufere di violenza.

Un clima in cui gli uomini non riescono a mostrare disaccor-

do se non in modi sgradevoli, ed esprimono il dissenso con la

violenza e l’assassinio.

 

lo ha ucciso?


….Tutti noi, in un certo senso, abbiamo preso parte a quell’at-

to orrendo che ha offuscato l’immagine della nostra nazione. 

Ci siamo resi complici con il silenzio, mostrandoci pronti a

sacrificare i principi nei compromessi, cercando sempre di

curare il cancro dell’ingiustizia razziale con la vasellina del

gradualismo, essendo pronti a lasciare che le armi fossero

 

lo ha ucciso?


comprate a volontà e usate a capriccio, permettendo agli

schermi del cinema e della televisione di insegnare ai nostri

figli come l’eroe sia il maestro nell’arte di sparare e nella tec-

nica dell’uccidere: lasciando accadere tutto questo abbiamo

creato un’atmosfera in cui la violenza e l’odio sono diventa-

ti passatempi popolari.

 

lo ha ucciso?


Perciò la morte del presidente Kennedy dice qualcosa di im-

portante a ciascuno di noi. Dice qualcosa a tutti i politici che

hanno alimentato i propri elettori con il pane secco del razzi-

smo e la carne guasta dell’odio……

 

lo ha ucciso?


Dice qualcosa a tutti i religiosi che hanno visto i mali del raz-

zismo e sono rimasti in silenzio, al sicuro dietro la protezione

delle vetrate istoriate……

 

lo ha ucciso?


Dice qualcosa ai devoti dell’estrema destra che hanno vomita-

to parole velenose contro la Corte suprema e le Nazioni Unite,

marchiando con l’apiteto di comunista tutti quanti avessero

un’opinione diversa……

 

lo ha ucciso?


Dice qualcosa a una filosofia comunista mal indirizzata, secon-

do cui il fine giustificherebbe i mezzi, e la violenza e l’abolizio-

ne della libertà fondamentale sarebbero metodi giusticabili per

conseguire il fine di una società senza classi……


…..A tutti noi dice che se il virus dell’odio………


(Martin Luther King jr, I have a dream)





 

lo ha ucciso?

CHE COSA (lo ha ucciso?)

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chi lo fa l’aspetti

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Dialoghi con Pietro Autier 2 &

Pagine di storia

Foto del blog:

che cosa

lo ha ucciso?

(Foto di David Goldblatt)


 

che cosa







Per loro tragica esperienza, i negri conoscono bene l’assassi-

nio politico.

Troppe volte, nella vita dei negri attivi nel movimento per i

diritti civili, il silenzio della notte è stato interrotto dal sibilo

dei proiettili sparati nelle imboscate e dal fragore delle esplo-

sioni, che si sono sostituiti al linciaggio come arma politica.

 

che cosa


Oltre un decennio fa, la morte improvvisa colpì Harry T.

Moore e la moglie, dirigenti della NAACP della Florida; il re-

verendo George Lee, di Belzoni, nel Mississippi, fu colpito a

morte sulla soglia del tribunale di villaggio.

Gli attentati dinamidardi si sono moltiplicati.

Il 1963 è stato un anno di assassinii….

 

che cosa


Il difetto imperdonabile della nostra società è stato di non

riuscire a catturare gli attentatori. La conclusione che se ne

ricava è molto dura, ma senza dubbio fondata: il motivo di

tale indifferenza sta nell’identità delle vittime, perché si è

trattato quasi sempre di negri.

 

che cosa


Così la pestilenza si è diffusa fino a rapire la vita dell’ameri-

cano più illustre, un presidente amatissimo e stimato.

Le parole di Gesù:

‘Quanto avete fatto a uno dei più piccoli di questi miei fratel-

li, l’avete fatto a me’

Non erano più un’espressione metaforica: diventavano una

profezia da prendere alla lettera.

 

che cosa


Alla notizia che il presidente Jack Kennedy era stato assassina-

to, uomini di tutto il mondo rimasero sbigottiti. Sotto i nostri

occhi, il trentacinquesimo presidente della nostra nazione crol-

lava come un grande cedro.

Il lutto personale era profondo e devastante; per il mondo, fu

una perdita soverchiante. E’ tuttora difficile credere che non

sia più tra noi una persona così satura di energia, vitalità e vi-

gore.

 

che cosa


Il presidente Kennedy aveva una personalità dai forti contrasti.

In effetti c’erano due John Kennedy: uno aveva retto la presiden-

za per i primi due anni, assillato dall’insicurezza dovuta all’esi-

guità del vantaggio con cui aveva ottenuto la vittoria.

Quel Kennedy era vacillante, cercava di cogliere a fiuto la dire-

zione in cui poteva muoversi il suo governo mentre cercava di

conservare e di accrescere il sostegno di cui godeva.

 

che cosa


Ma nel 1963 era emerso un Kennedy nuovo: aveva capito che

l’opinione pubblica non era definita da uno stampo rigido. 

Il pensiero politico americano non era schiavo del conservatori-

smo, o del radicalismo, o della moderazione: era in primo luogo

fluido, mobile, e in quanto tale non era costituito da linee rigida-

mente tracciate ma piuttosto da tendenze.

 

che cosa


Perciò un governo sicuro del proprio ruolo poteva guidarlo su

binari costruttivi.

Il presidente Kennedy non era incline a manifestazioni di senti-

mentalismo. Sapeva però cogliere con profonda intuizione la

dinamica del mutamento nella società e la necessità di tale mu-

tamento.

 

che cosa


Il suo sforzo di promuovere la distensione internazionale era

stato audace e grandioso. Il suo ultimo discorso sui rapporti raz-

ziali conteneva l’appello più serio, umano e profondo alla com-

prensione e alla giustizia che un presidente avesse mai pronun-

ciato dalla nascita della repubblica.

 

che cosa


Nel momento della morte, Kennedy stava coniugando la sua

abilità nel reggere la guida di un governo con un programma

di progresso sociale e cominciava a non essere più un leader e-

sitante, dagli obiettivi fluttuanti, ma diventava una figura for-

te, le cui mete politiche potevano avere una forte capacità di

attrazione.

 

che cosa


Nel suo epitaffio, John Kennedy è descritto come un dirigen-

te che non temeva i cambiamenti. Kennedy aveva ottenuto

la presidenza in un periodo della storia umana fra i più turbo-

lenti e catastrofici in cui i problemi del mondo apparivano gi-

ganteschi nel loro complesso e caotici nel dettaglio. La scena

internazionale era dominata dalla minaccia che pendeva

sull’umanità, di sprofondare nell’abisso dell’annientamento

nucleare.

 

che cosa


All’interno, gli Stati Uniti raccoglievano i frutti della terribi-

le ingiustizia pepretrata nei confronti della popolazione ne-

gra. John Kennedy affrontò questi problemi con profonda

partecipazione, con il respiro dell’intelligenza e con un acu-

to senso della storia.

 

che cosa


Ebbe il coraggio di mostrarsi amico dei diritti civili e di essere

un instancabile sostenitore della pace. Il vero motivo del sin-

cero dolore da tanti milioni di persone non era soltanto l’emo-

tività collettiva: rivelava come il presidente Kennedy fosse

diventato un simbolo delle aspirazioni del popolo per la giu-

stizia, il benessere economico e la pace.

(Martin Luther King jr, I have a dream)





 

che cosa


CHI LO (a) FA L’ASPETTI (risvolti culturali…)

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….ma tu c’eri?

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Pagine di storia &

Dialoghi con Pietro Autier 2

Da:

i miei libri

 

chi lo fa l'aspetti






Anch’io ci andai, a vedere quel circo equestre.

Chi ha mai sentito dire che dei rivoluzionari arrabbiati

possano cantare tutti insieme ‘We Shall Overcome….Some

Day… (ed anche Blowin in the wind… con cellulare acceso…

connessione super veloce….) mentre procedono a braccet-

to proprio con quelli contro cui dovrebbero ribellarsi?

Chi ha mai sentito dire che dei rivoluzionari arrabbiati pos-

sano ballare a piedi nudi nei prati del parco insieme ai loro

oppressori, cantando i ‘gospels’ al suono delle chitarre, o a-

scoltare discorsi edificanti?

 

chi lo fa l'aspetti


Le masse negre americane, allora come ora, vivevano in un

incubo. Questi rivoluzionari arrabbiati obbedirono persino

all’ultima istruzione (democratica impartita per…) che era

stata loro data e cioè di andarsene presto….dopo lo show…

Di tutte quelle migliaia e migliaia di ‘rivoluzionari arrab-

biati’ ne rimasero così pochi che la mattina successiva l’As-

sociazione albergatori di Washington annunciò una grossa

perdita per tutte le camere che erano rimaste vuote.

Hollywood non avrebbe potuto far meglio.

Da una successiva inchiesta fatta dalla stampa risultò che

dei senatori e rappresentanti al Congresso contrari alle leg-

gi sui diritti civili neanche uno aveva cambiato opinione.

Ma cosa ci si aspettava?

 

chi lo fa l'aspetti


Come avrebbe potuto un picnic integrato della durata di

un giorno influenzare questi rappresentanti di un pregiu-

dizio (secolare) così profondamente radicato nell’animo

dell’americano bianco da quattrocento anni?

Proprio il fatto che milioni di bianchi e di negri abbiano

potuto credere in questa farsa in questo circo equestre…

monumentale (in stile imperiale) costituisce un altro e-

sempio di quanto, qui negli Stati Uniti (e non solo) si pre-

ferisca muoversi alla superficie (dell’inganno), inventa-

re forme di evasione invece di affrontare con coraggio

i problemi.

 

chi lo fa l'aspetti


La marcia su Washington ebbe come unico risultato di far

cullare i negri per un po’ nelle loro illusioni, ma era inevi-

tabile che le masse negre si rendessero ben presto conto

di essere state abilmente raggirate dall’uomo bianco.

Era anche inevitabile che l’ira dei negri si riaccendesse, più

acuta che mai, e che cominciasse a esplodere nelle varie cit-

tà, in quella lunga, calda estate del 1964 di crisi razziali 

mai viste prima.

 

chi lo fa l'aspetti


Non c’è bisogno di ricordare chi fu assassinato a Dallas nel

Texas il 22 novembre 1963.

Poche ore dopo l’attentato – vi sto dicendo la pura verità –

tutti i pastori Muslim ricevettero l’ordine da Elijah Muham-

mad, anzi due ordini: non si dovevano fare apprezzamenti

di sorta sull’assassinio e inoltre di rispondere con un secco

‘No comment’ a qualsiasi richiesta di interventi.

Durante i tre giorni successivi, in cui non si sentivano altre

notizie all’infuori di quelle riguardanti il presidente assassi-

nato, fui incaricato di pronunziare un discorso. Da allora

 

chi lo fa l'aspetti


ho riguardato molte volte gli appunti che adoperai per il di-

scorso di quel giorno e che avevo preparato almeno una set-

timana prima dell’assassinio.

Il titolo del mio discorso era ‘Dio giudica l’America bianca’

e toccava il tema a me familiare del ‘chi semina vento racco-

glie tempesta’, il modo in cui l’ipocrita raccoglie ciò di cui

ha seminato.

 

chi lo fa l'aspetti


Poi ci furono le domande del pubblico e, inevitabilmente,

qualcuno mi chiese:

‘Qual è la vostra opinione sull’assassinio del presidente…

Kennedy?’.

Senza un momento di esitazione dissi quello che in tutta

onestà pensavo e cioè che si trattava di un caso tipico di

‘chi la fa l’aspetti’.

Dissi che l’odio dei bianchi non era soddisfatto dall’assas-

sinio di negri indifesi, ma che, una volta che si era permes-

so che si scatenasse senza freni, aveva colpito anche la mas-

sima autorità di questa nazione.

(Autobiografia di Malcom X)




 

chi lo fa l'aspetti


MA TU C’ERI? (negli stessi anni)

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hanno sparato al presidente

Malcom e il jazz

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Pagine di storia &

Dialoghi con Pietro Autier 2

Da:

Frammenti in rima


 

ma tu c'eri







Preceduta da una fanfara di pubblicità internazionale, la

Casa Bianca ‘approvò’, ‘si fece mallevadrice’ e ‘salutò con

calorosa simpatia’ la Marcia su Washington.

A quel tempo le grandi organizzazioni per i diritti civili

stavano litigando pubblicamente riguardo alla questione

delle donazioni e il ‘New York Times’ aveva rivelato i re-

troscena della faccenda.

L’Associazione nazionale per l’avanzamento della gente

di colore aveva accusato altre organizzazioni di essersi

servite di raduni e riunioni massicciamente pubblicizzati

per accaparrarsi la parte più consistente delle donazioni

fatte ai vari gruppi in lotta per i diritti civili, mentre essa,

che pure si occupava di trovare i fondi per le cauzioni e

l’assistenza legale ai dimostranti imprigionati, era rima-

sta indietro.

 

ma tu c'eri


Fu come al cinematografo.

La scena successiva vide ‘i sei grandi’, i leader negri del

Movimento per i diritti civili, riuniti a New York insieme

al presidente bianco di una grossa organizzazione filan-

tropica. Fu detto loro che quella pubblica disputa riguar-

do alla raccolta di fondi li danneggiava di fronte al pub-

blico e fu donata una somma di 800.000 dollari alla se-

greteria della United Civil Rights Leadership che fu pron-

tamente fondata da ‘sei grandi’.

 

ma tu c'eri


Che cosa aveva prodotto questa improvvisa unità tra i

negri?

Il denaro dell’uomo bianco.

Qual era la contropartita chiesta in cambio di tale dena-

ro?

La possibilità di dare consigli.

Non solo fu fatta quella donazione, ma si promise un’al-

tra somma della stessa entità da versarsi dopo la Marcia…

naturalmente se tutto fosse andato bene.

 

ma tu c'eri


La Marcia su Washington, che originariamente era stata

concepita ‘con ira’, stava per essere trasformata in qualco-

sa del tutto diverso.

I ‘sei grandi’ furono presentati da una massiccia campagna

di stampa internazionale come i leader della Marcia su Wa-

shington. Ciò apparve quasi miracoloso a quei negri di pro-

vincia che si erano entusiasmati e che probabilmente pen-

sarono che i famosi leader li approvassero e si fossero mes-

si dalla loro parte.

Successivamente furono invitati a unirsi alla marcia quattro

grossi personaggi bianchi: un cattolico, un ebreo, un prote-

stante e un dirigente sindacale.

 

ma tu c'eri


Nella massiccia campagna di stampa si faceva discreta-

mente notare che i ‘dieci grandi’ avrebbero ‘sorvegliato’ l’-

atmosfera in cui si sarebbe svolta la Marcia su Washington

e la ‘direzione’ che avrebbe preso.

I quattro personaggi bianchi cominciarono a dare la loro

approvazione. Si sparse ben presto la voce tra i cosiddetti

‘liberali’ cattolici, ebrei, protestanti e nell’ambiente sinda-

cale che fosse ‘democratico’ aderire alla Marcia negra e

ben presto i bianchi, che prima erano assai preoccupati,

cominciarono ad annunciare la ‘loro’ partecipazione.

I ‘giganti’ avevano approvato.

 

ma tu c'eri


Fu come se una scarica elettrica fosse passata attraverso

le fila della borghesia negra, proprio dei membri di quel-

la cosiddetta classe media e classe media superiore che in

un primo momento avevano deplorato l’idea di una Mar-

cia su Washington quando ne parlavano i negri delle clas-

si inferiori.

Ma ora avrebbero marciato anche i bianchi.

Qualcuno di quei negri cenciosi, disoccupati e affamati ri-

schiò di essere calpestato perché gli altri, quelli ‘pazzi per

l’integrazione’, si precipitarono di corsa l’uno sull’altro, al-

la ricerca dei comitati a cui aderire.

 

ma tu c'eri


Improvvisamente la Marcia dei ‘negri arrabbiati’ era sta-

ta trasformata in un avvenimento mondano, qualcosa di

molto simile al Gran Derby del Kentucky.

Per il cacciatore di prestigio diventò un simbolo di status

e anche oggi si sente domandare: ‘Ma tu c’eri?’.

Era diventata una merenda sull’erba, una gita domenica-

le.

Una mattina della Marcia le macchine traballanti dei ne-

gri affamati, polverosi e coperti di sudore che venivano dai

paesini furono letteralmente sommerse dalla massa di aerei

a reazione, vagoni ferroviari e autobus con l’aria condiziona-

ta.

 

ma tu c'eri


Quella che originariamente era stata concepita come una

furiosa ondata di protesta fu, come disse giustamente un

giornalista inglese, ‘una placida inondazione’.

Negri e bianchi si trovarono integrati come il sale e il

pepe.

Nessuno aspetto logistico restò incontrollato.

Ai partecipanti alla Marcia fu data istruzione di non por-

tare cartelli, che venivano invece distribuiti sul posto; fu

detto loro di cantare una sola canzone, ‘We shall Overco-

me’; fu spiegato con la massima precisione ‘come, quando

e dove’ avrebbero dovuto marciare, dove dovevano riunir-

si, quando avrebbe avuto inizio la Marcia e qual era l’itine-

rario. Furono sistemati con criteri strategici i posti di pron-

to soccorso: si sapeva persino dove si doveva svenire!

(Autobiografia di Malcom X)




 

ma tu c'eri

HANNO SPARATO AL PRESIDENTE

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negli stessi anni

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Dialoghi con Pietro Autier 2 &

Pagine di storia

Da:

Frammenti in rima


 

hanno sparato al presidente







Le luci vengono abbassate fino al punto che rimane soltanto

un lieve chiarore.

Poi aprono una tenda, rivelando un fondale su cui, gradual-

mente, si comincia a distinguere il Taj Mahal. Il tessuto del

fondale di velluto blu scuro o nero, e le gemme incastonate

che brillano formano una copia perfetta del Taj Mahal.

L’orchestra è andata avanti così bene, con Billy Strayhorn

al pianoforte, che sembra non abbia affatto bisogno di me,

poveraccio che non sono altro.

Il quotidiano ‘Indian Express’ del 7 ottobre, ad esempio, ha

intitolato: ‘Gli Ellingtoniani sconvolgono Madras’.

 

hanno sparato al presidente


“Tutta la musica è un canto di lode al Signore. Il jazz, che

certa gente non capisce o non vuole capire, il vero jazz di

ascendenze spirituali, è davvero il salmo musicale per il

tormento dell’uomo del ventesimo secolo, attraverso il

brontolio tigresco della tromba e il suono di latte e miele

del sax.

 

hanno sparato al presidente


Duke Ellington a Delhi, eppure nessuno era presente, fisi-

camente e spiritualmente, come il vecchio maestro, quan-

do la band ha dato la sua prima prova di fronte a una sa-

la gremita di gente, all’Accademia Musicale di Madras.

Gli Ellingtoniani hanno suonato con sconvolgente … fre-

schezza esistenziale, profondità autentica, e un’unità ine-

stricabile delle diverse identità musicali.

 

hanno sparato al presidente


Hanno suonato per un pubblico innamorato.

La performance di Madras è stata un trionfo per la band,

per la sua armonia ad alto voltaggio, e un alleluia dalla

forza surreale; non solo il magico tantra degli assolo di 

tromba di Cootie Williams, o il voodoo della batteria di

Sam Woodyard, anche se a lui manca ancora molto per

essere all’altezza di Buddy Rich.

 

hanno sparato al presidente


E’ stato un trionfo per ognuno dei musicisti, nessuno me-

no importante dell’altro.

I momenti dello spettacolo una ‘simmetria incredibile di

suoni mai visti’: Suoni che si levavano come bolle in un bic-

chiere di champagne quando Johnny Hodges ha suonato

il sax alto con le sue formicolanti sollecitazioni. Un furo-

re di selvaggia baraonda ritmica ha ornato il palco come

un bagliore di lucciole dalla tromba di Rolf Ericson, e dal

baritono grizzly della tromba di Cootie Williams.

 

hanno sparato al presidente


Un sax brillava nel buio come una sigaretta.

Una tenera, magica melodia lascivamente sospesa come

un bacio d’addio, la magia di Billy Strayhorn al pianofor-

te. Una furia di fuochi d’artificio di Deepavali nel ritmo

rauco e cool di di Russell Procope e Cat Anderson.

Come se tutte le anime del cielo fossero scesi in quel pic-

colo quadrato di terra…

 

hanno sparato al presidente


L’orchestra di Duke Ellington ha suonato la poesia jazz…

per chi c’era e per chi non c’era……

Si pensa ad una replica del concerto in una vasta area

all’aperto…sempre che l’organizzazione riesca nell’inten-

to……”.

 

hanno sparato al presidente


Passati quei magici momenti di gloria, cominciamo a ce-

nare in camera.

Ho appena detto la preghiera quando suona il telefono.

Uno dei funzionari del Dipartimento di Stato è giù e di-

ce che mi deve parlare subito. Gli dico di salire, e quan-

do entra, esclama:


‘…Il presidente è stato assassinato….’


(D. Ellington, L’autobiografia)




 

hanno sparato al presidente

NEGLI STESSI ANNI

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la pallottola magica

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hanno sparato al presidente &

Dialoghi con Pietro Autier 2 &

Pagine di storia

Foto del blog:

hanno sparato

al presidente

 

negli stessi anni







…..Alle cinque c’è una grande conferenza stampa che non

dimenticherò mai.

Sulle prime procede bene nel salotto della mia suite.

Ci sono venti o trenta uomini e donne della stampa e Billy

Strayhorn va avanti e indietro da una stanza all’altra.

Dopo un’oretta in cui tutto scorre liscio, esce da un angolo

un tale con occhi da serpente.

 

negli stessi anni


– Perché,

mi domanda,

– gli Stati Uniti non sovvenzionano gli artisti come fa la

Russia?

– Non credo di capire la domanda,

rispondo.

– La Russia, per dire, sovvenziona il balletto.

– Credo sia perché il balletto è un’arte classica, vecchia di

secoli, o almeno così mi pare, ed è dunque necessario che

venga sovvenzionata. Negli Stati Uniti la competizione è

tutto, e il ritmo è così frenetico che artisti, scienziati e com-

pagnia bella sono tutti intenti a fare nuove scoperte a cre-

are sempre qualcosa di nuovo (non campano di sovvenzio-

ni….o di…).

 

negli stessi anni


Credo di essermela cavata, e da lì passo a spiegare che sa-

rebbe molto difficile fare paragoni tra gli Stati Uniti e altri

paesi del mondo, visto che parliamo lingue diverse e abbi-

amo valori diversi.

– …. E della questione razziale che mi dice?

  – Di nuovo, stessa cosa,

rispondo.

– Dovunque ci sono diversi livelli di abbienti e meno ab-

bienti, di minoranze, razze, fedi religiose, colori e caste.

Ma a questo punto Billy Strayhorn ne ha abbastanza.

Si fa avanti nella camera ed esclama, rivolto ai giornali-

sti:

– Pensavo che questa conferenza stampa avesse a che fa-

re con la musica!

 

negli stessi anni


Prende e se ne va.

Dopo una pausa io continuo:

– Gli Stati Uniti hanno un problema di minoranze. I neri

sono uno dei numerosi gruppi di minoranze, ma la base

del problema è un fatto economico più che di colore del-

la pelle.

 

negli stessi anni


…Ma proseguiamo il viaggio…..

Oltrepassiamo il Forte Rosso e vedo tante scimmie sui

tetti. Ci fermiamo a parlare con un gruppo di himalayani

che sono giunti a Nuova Delhi e siedono ai lati della stra-

da, quieti e composti.

Hanno degli interessanti articoli himalayani da vendere

e compriamo alcuni dei loro lavori. Andiamo avanti ver-

so un negozio controllato dal governo pieno di broccati

di seta, scialli di cashmere, tessuti stampati, gioielli primi-

tivi. Ci sono smeraldi grezzi, zaffiri, perle e un posto in-

credibile dove hanno rubini di ogni grandezza e colore,

alcuni grandi come uova di piccione.

Visitiamo tutto l’edificio che ha parecchi piani e molte

stanze vuote. In una stanza gli artigiani lavorano l’avo-

rio, molto seri e con evidente amore per quello che fan-

no. In un’altra stanza lavorano il legno di sandalo.

Alla fine della lunga visita arriva la ‘piece de résistan-

ce’, o quello che possiamo chiamare il finale del primo

atto……

(D. Ellington, L’autobiografia)




 

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