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Thomas Bridges
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Il giovane Thomas Bridges, appena diciottenne, rimase a prendersi
cura dell’insediamento di Keppel Island.
Qualche anno più tardi, dopo una visita in Inghilterra da cui tornò
accompagnato da una giovane moglie, venne a sua volta ordinato
pastore della Chiesa d’Inghilterra dal compianto vescovo Stirling,
prima di intraprendere la fondazione di una sede permanente del-
la missione nella vera e propria Terra del Fuoco.

Non si trattava del primo tentativo, dato che nel 1859 una preceden-
te spedizione si era conclusa in un massacro. La famiglia Bridges era
però destinata ad avere successo dove gli altri avevano fallito e nel
corso del tempo il signor Bridges si conquistò a tal punto la fiducia
degli indiani di capo Horn che divenne di fatto il loro capo e giudi-
ce, in una terra fino ad allora appena sfiorata dalla legge dell’uomo
bianco.
La tranquilla e felice residenza di Harberton sul Beagle Channel,
dove nacquero e crebbero cinque o sei bambini, divenne un noto
avamposto della civiltà.

Anche se nel 1887 il signor Bridges si dimise dalla Società Missiona-
ria Sudamericana, la famiglia rimase nella Terra del Fuoco, dove il
governo argentino, in segno di riconoscenza per l’opera pioneristica
svolta dal pastore nella regione del Canale, gli assegnò una conces-
sione di terra.
Thomas Bridges non abbandonò mai il suo profondo interesse per
la vita e i problemi delle tribù indiane e continuò a studiarne la
lingua fino alla fine dei suoi giorni. Per tradurre in scrittura tutti i
suoni dell’idioma yamanà fece ricorso al sistema di trascrizione
fonetica di Ellis, apportandovi adattamenti e integrazioni, ma per
indicare suoni non previsti da questo sistema elaborò anche un
alfabeto fonetico di sua invenzione.

Il manoscritto originale, che conteneva circa 23.000 vocaboli, fu
terminato secondo quanto leggiamo in una lettera di Bridges,
nel 1879. Ma sul momento non si presentarono oppurtunità, sia
per l’isolamento in cui viveva l’autore, sia perché non esistevano
i caratteri tipografici dell’alfabeto fonetico che aveva inventato.
Continuò comunque a lavorarci sopra, apportando aggiunte,
revisioni e miglioramenti, fino a raggiungere, al momento del-
la sua morte, i 32.000 lemmi.
Durante il viaggio a Buenos Aires sul brigantino ‘Phantom’, che
precedette di pochi giorni la sua dipartita, stava lavorando alla
revisione definitiva della grammatica.
Il risultato delle sue fatiche fu un documento assolutamente
insostituibile, poiché gli indiani yamanà stavano scomparendo.

Ai tempi di Darwin ammontavano a circa 3.000 ma, sebbene capaci
di resistere ai rigori del loro clima caddero come mosche di fronte
alle malattie trasmesse dalla civiltà.
Nel 1884 da tremila erano già scesi a meno di un migliaio, e in
quello stesso anno un’epidemia di morbillo trasmessa dalla prima
spedizione militare proveniente da Buenos Aires devastò il territo-
rio, sterminando interi villaggi e riducendo la tribù a circa 400 indi-
vidui. Nel 1908 ne erano rimasti 170 e alla fine del novembre 1932 i
superstiti erano solo 43, compresi alcuni meticci che vivevano ai
margini degli insediamenti e la cui parlata, infiorata di termini spa-
gnoli, aveva smarrito l’antica purezza.
L’opportunità di cui aveva goduto il signor Bridges non si sarebbe
pertanto ripresentata più.

Della circostanza si rese immediatamente conto un certo dottor Frede-
rick A. Cook, che più tardi sarebbe diventato celebre come sedicente
‘scopritore’ del polo Nord, e che giunse in visita ad Harberton il gior-
no di capodanno del 1898, quando il ‘Bélgica’, con a bordo la spedi-
zione antartica belga del 1897-99, attraccò su quelle coste durante il
tragitto verso Sud.
Il dottor Cook dichiarò che un’associazione statunitense interessata
a tutte le lingue indigene americane avrebbe superato il problema
del sistema fonetico e pubblicato volentieri il lavoro.

Sul momento il signor Bridges non acconsentì a consegnarli il
manoscritto, dato che la spedizione si stava dirigendo verso sud
e temeva perciò che potesse andare smarrito nell’Antartico.
Promise tuttavia di affidarlo al dottor Cook se questi fosse pas-
sato a prenderlo durante il viaggio di ritorno.
Thomas Bridges non visse abbastanza per assistere a quel ritorno,
poiché morì a Buenos Aires nello stesso 1898. Ma l’anno seguente
il dottor Cook, come aveva annunciato, tornò a reclamare il dizio-
nario, lasciando il ‘Bélgica’ a Punta Arenas e scendendo fino ad Har-
berton su un piccolo vascello appositamente per recuperare il ma-
noscritto, che la famiglia Bridges, memore della promessa paterna,
gli consegnò.

Da allora a oggi nessun membro della famiglia l’ha più rivisto.
In principio arrivarono delle lettere in cui Cook riferiva le difficoltà
procurategli dall’alfabeto utilizzato. Ma le sue comunicazioni si fece-
ro sempre più rare fino a cessare del tutto, lasciando senza risposta
risposta l’ultima lettera che la famiglia Bridges gli inviò dalla Terra
del Fuoco.
Dodici anni più tardi una squadra di scienziati scandinavi fece
scalo, come era consuetudine per molte spedizioni scientifiche
dirette nell’Antartico, all’isolato allevamento di pecore di Herber-
ton, e dai suoi componenti i figli del signor Bridges seppero che
il prezioso dizionario era in corso di stampa presso l’Osservatorio
Reale di Bruxelles come opera del dottor Frederick A. Cook che
che di fatto era già stato pubblicizzato sotto il nome di quest’ulti-
mo.
Offeso dal plagio spudorato, il signor Lucas Bridges colse la pri-
ma occasione per recarsi a Bruxelles a parlare con il sovrintenden-
te dell’osservatorio, monsieur Lequent. Appurò che, come gli era
stato riferito dagli scienziati norvegesi, l’operazione era già avviata.
Il Parlamento belga aveva votato uno stanziamento di 22.000 mila
franchi per le spese di pubblicazione, e il dottor Cook si era accor-
rdato con i responsabili dell’Osservatorio per la copertina dell’o-
pera.
Vi si sarebbe letto:
DIZIONARIO yamanà-inglese
di
FREDERICK A. COOK
dottore in antropologia

In calce sarebbe stato riportato in corpo minore che il reverendo
Thomas Bridges aveva ‘contribuito alla raccolta dei lemmi’.
Il professor Lequent, tuttavia, non era all’oscuro della reale paterni-
tà dell’opera, già nota nel mondo scientifico e da lui stesso segnalata
al dottor Cook.
Riconobbe la fondatezza delle rivendicazioni della famiglia e, dopo
dopo qualche discussione, fu stabilito che il manoscritto sarebbe ri-
masto per il momento all’Osservatorio e che i lavori di pubblicazio-
ne sarebbero proseguiti, ma che ci sarebbe stato un rovesciamento
dell’ordine dei nomi sulla copertina, dove si sarebbe letto:
DIZIONARIO yamanà-inglese
di
Thomas Bridges
(E. Lucas Bridges, Ultimo confine del mondo)
