FRA UBERTINO DA CASALE (circa la ‘questio’ della povertà del Cristo) (19)

Precedenti capitoli (circa la ‘questio’):

Fra Michele da Calci…

l’eresia del lettore ed i limiti della cultura (13/14)

 

fra ubertino da casale 20


‘nummus non parit nummos’ (17/18)

Prosegue in:

Fra Ubertino da Casale (20)

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Fra Ubertino

da Casale

Da:

Frammenti in rima



 

fra ubertino da casale 20








Nel detto anno del signore, mille trecento ventidue,

rispose frate Ubertino da Casale, dinanzi a messere

Giovanni detto, papa ventidue, e dinanzi alli cardi-

nali e a molte altre persone aletterate, alla quistione

che s’era mossa intra li frati minori e li predicatori,

della povertà di Cristo, dicendo così:

 

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Non è da rispondere semplicemente, afermativamen-

te, o vero negativamente, ma per doppia distinzione

la verità della fede è da essere eletta, e la resia è da

essere rifiutata; e primamente è da distinguere di Cri-

sto e degli appostoli suoi, che essi furono in duplice

stato, perciò che furono universali prelati della chie-

sa del nuovo testamento, et in questo modo ebbero

quanto ad autoritade di dispensazione e di distribu-

zione per dare a’ poveri e a’ ministri della chiesa, si

come delgli appostoli, nel quarto capitolo; e negare

e dire che in questo modo non n’avessero, sarebbe

cosa eretica.

E di questo non corre la prima quistione, imperò

che niuno in questo senso l’à negato, e per questa

autoritade della prelazione si dice che Cristo ebbe

li loculi.

 

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Secondamente Cristo, e gli suoi appostoli, si posso-

no considerare singulari persone, fondamento del-

la religiosa perfezione, e perfetti dispregiatori del

mondo; e la gloria d’esso mondo calcanti, e li con-

sigli di Cristo di sopravanzamento di perfezione,

in sé medesimi osservanti, e danti lucidi, cioè chi-

ari esempli a tutti quelgli che volgliono essere per-

fetti.

E se s’adomanda se in in questo modo ebbero, è da

distinguere di due modi d’avere, delle quali lo pri-

mo e civile e mondano; il quale modo d’avere, le 

leggi imperiali lo definiscono ne l’istituta de verum

dominio; lege ea in bonis nostris, due sue parti dimo-

strando in queste parole ea in honis nostris.

Nostri sono detti quelgli beni nelgli quali abiamo

le eccezione e la difensione, e non avendoli, cioè

essendoci tolti, abiamo le repetizione.

E così si manifesta che colui che à alcuna cosa ci-

vilmente e mondanamente, puote la cosa sua da

colui che gliele vuol torre, e radomandarla a colui

che la tiene sotto il giudice imperiale.

Et in questo modo, dire, che Cristo e li suoi appo-

stoli ebbero le cose mondane, è cosa eretica, impe-

rò ch’è contra il santo evangelio; conciò sia cosa

che Cristo, re pacifico, il quale fece gli appostoli

suoi figlioli di pace, separò loro da ogni litigio

mondano, dicendo in san Matteo, nel quinto capi-

tolo: ‘e colui, il quale vuole teco in giudicio conten-

dere e la tonica tua torre, lasciagli anche lo man-

tello’.

 

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E santo Luca, nel sesto capitolo, dice così: ‘a colui

che ti toglie il vestimento, eziando la gonella nol-

gli volere vietare: e a colui che ti toglie le cose tue,

non gliele radomandare’.

Nelle quali parole Cristo rimuove da se ongni do-

minio e signoria, perciò che fece quello che insegnò;

e questo medesimo impuose a’suoi appostoli; rimuo-

vere, cioè due modi di ragionare, civile e mondana

cioè, la difensione della cosa che l’uomo à, e la repe-

tezione che à perduta; ed in questo modo d’avere,

propiamente si dice avere nella cosa propietade et

signoria.

E Cristo e gli suoi appostoli, in questo modo non n’-

ebbero. Onde santo Piero per se e per tutti gli appo-

stoli, disse, si come vero povero, nel ventiquattro ca-

pitolo di santo Matteo: ‘eco che noi abiamo lasciato

ongni cosa et abiamo seguito te ecc.’.

Dire adunque, che Cristo e gli suoi appostoli in que-

sto modo ebbono in comune et in ispeziale propietà

e dominio, è cosa eretica e blasfemia.

Per altro modo si possono avere le cose temporali,

quanto a ragione della natura e della comune carità…

(Prosegue…..)

(Storia di Fra’ Michele Minorita)

(Doppiamente arso da lo foco delle notti bianche…..)






 

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