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senza calzari e senza denari (sosta al convento) (7)
Un testo agiografico del X secolo racconta di Oddone di Cluny,
in viaggio per un pellegrinaggio a Roma assieme a un giovane
compagno, il monaco Giovanni, che sarà poi il suo biografo e
ne scriverà la ‘Vita’.
Appunto in un passo di questa leggiamno che, mentre i due
stavano attraversando le Alpi sulla via del ritorno da Roma, si
affiancò loro un vecchio contadino – pauper, lo designa il testo
– con sulle spalle un sacco di viveri per il viaggio: pane, aglio,
cipolle e porri.
Racconta Giovanni: ‘Il pio Oddone, appena vide quell’uomo,
lo invitò a sedere sul suo cavallo e si mise in spalla il suo feti-
dissimo sacco. Io non riuscivo a sopportare quel fetore, e mi
allontanai dalla compagnia rallentando il passo. Ma l’abate lo
richiamò e gli disse: ‘Ahimé, ciò che quest’uomo può mangia-
re a te provoca nausea fino a non sopportarne l’odore?’.
Con tali parole fece vergognare il discepolo ‘e così facendo –
conclude Giovanni – curò il mio odorato”.
Al di là del finale edificatorio, l’episodio restituisce con imme-
diata efficacia una situazione che dobbiamo subito mettere a
fuoco: colui che per convenzione chiamiamo ‘pellegrino’ è un’-
astrazione, che in qualche modo è necessario riportare a una
dimensione concreta.
Il pellegrino non è altri che l’uomo, e gli uomini non sono tut-
ti uguali – così almenno andavano le cose nel Medioevo. Non
ci sono ‘uomini’ in generale ma signori e contadini, monaci e
borghesi, ricchi e poveri, potenti e deboli.
E non tutti mangiano allo stesso modo (come ben potete vede-
re…).
Il monaco Giovanni, abituato a mangiare bene, abituato a pro-
fumi e sapori raffinati, non può sopportare il fetore di aglio e
cipolla che promana dal sacco dell’occasionale compagno di
viaggio.
Dunque il ‘pellegrino’ in realtà non esiste: esiste il pellegrino
contadino, esiste il pellegrino monaco, esiste il pellegrino si-
gnore, e ciascuno di di essi mangia quello che il suo ceto (e la
sua indole, la sua cultura, la sua, a volte, dubbia natura e mo-
ralità…. come succede ancor oggi…) sociale suggerisce o impo-
ne, in un mondo in cui l’alimentazione era il primo strumento
per manifestare le differenze di classe, il prestigio, la ricchez-
za, il potere (e molti, a prescindere la carità, ieri come oggi
mangiano e gustano lo sudore dell’altri…).
Vi sono cibi che, nella cultura medievale, possiedono uno
‘statuto sociale’ per definizione povero: gli ortaggi, le umili er-
be e radici dell’orto, il pane e la pasta, e sono percepiti come
cibi contadini, contrapposti agli alimenti di lusso – la selvaggi-
na, la frutta che contraddistinguono…, la mensa signorile…
(Prosegue…)