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Io non sento altro che belati di pecore (12)
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…..E devi sapere, Sancio, che quest’esercito che viene di fronte
a noi, lo conduce e lo guida il grande imperatore Alifanfarone,
signore della grande isola Trapitalia, mentre quello che avanza
alle mie spalle è del suo nemico, il re dei garamanti Pentapolino
dalla Manica Rimboccata, perché nelle battaglie entra sempre coi
piedi scalzi ed ignudi che l’odor ci ricorda il moro che non per-
dona, …ed anche il braccio destro nudo, come lo piede biforcuto.
….Ove molte genti s’accalcano ….e aggrappano….(per li loro mi-
sfatti).
Sia ai piedi che alli…bracci…..
– E perché non si possono vedere quei due nobil…signori?,
chiese Sancio.
– Non si possono vedere,
rispose don Chisciotte,
– Perché questo Alifanfarone è un arrabbiato ed è innamorato del-
la figlia di Pentapolino, che è una bellissima dama e per giunta di
squisito sentire, ed è cristiana, e suo padre non la vuole dare al re
pagano se prima questi non rinnega la legge del falso profeta
Maometto, per convertirsi alla sua.
– Per la mia barba!,
disse Sancio.
– Pentapolino fa benissimo e io dovrò aiutarlo come posso.
– Così facendo, farai il dovere tuo, Sancio,
rispose don Chisciotte;
– Perché per entrare in battaglie come questa non è richiesto es-
sere armato cavaliere.
– Lo credo bene,
rispose Sancio;
– Ma dove lo mettiamo quest’asino, che poi possiamo esser certi
di trovarlo quando sarà cessata la mischia? Perché entrarvi su
una cavalcatura simile non credo si sia mai usato finora.
– E’ vero,
disse don Chisciotte.
– Ciò che puoi farne è lasciarlo vagare alla ventura, che si perda e
no; perché saranno tanti i cavalli che avremo quando saremo usci-
ti vittoriosi, che anche Ronzinante corre il pericolo che io lo cambi
con un altro. Ma stammi bene attento e guarda, che voglio darti
conto dei cavalieri più importanti che si trovano nei due eserciti.
E perché tu possa meglio vederli e osservarli, ritiriamoci su quel
piccolo rialzo di terra che si eleva laggiù, da dove potranno
scoprirsi i due eserciti.
– Quel cavaliere che vedi là, dalle armi gialle, che porta sullo scu-
do quell’araldo, un leone coronato, coricato ai piedi di una don-
zella, è il valoroso Laurcalco, signore di Ponte d’Argento; l’altro
dall’armatura coi fiori d’oro, che porta sullo scudo tre corone d’-
argento in campo azzurro, è il temuto Micocolembo, granduca di
Quirozia; quell’altro dalle membra di gigante, lo vedi che porta-
mento da vero cavaliere, che è alla sua mano destra, è il senza-
paura Brandabarbarano di Boliche, sire delle tre Arabie, che è ri-
coperto di cuoio di serpente, ed ha per scudo una porta che, se-
condo la fama, è una di quelle del tempio che fece crollare Sanso-
ne, allorché con la propria morte si vendicò dei suoi nemici.
Tutta gente importantissima, temutissima, prodi e valorosi cava-
lieri, e la loro corte…che da qui non riusciamo a scorgere.
Ma ora rivolgi da gli occhi da quest’altra parte, e vedrai dinanzi
e alla fronte di quest’altro esercito il sempre vincitore e mai vinto
Timonello di Carcassona, principe della nuova Biscaglia, dall’ar-
matura divisa in quarti: azzurri, verdi, bianchi e gialli, e nello scu-
do ha un gatto d’oro su campo lionato, con un motto che dice:
Miau, che è come il nome della sua dama, che è, a quanto si dice,
l’impareggiabile Mialuna, figlia del duca Alfegnichén dell’Algar-
be, temutissimo signore di terre lontane e sconosciute…..
(Miguel de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia)