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(Il corteo) della morte (14) &
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– Carrettiere, cocchiere, o diavolo, o chiunque tu sia, non tardare a
dirmi chi sei, dove vai e chi è la gente che porti nel tuo trabiccolo,
che pare più la barca di Caronte che non una usuale carretta.
Al che, docilmente, fermando la carretta, il Diavolo rispose:
– Signore, noi siamo attori della compagnia di Angulo il Cattivo;
abbiamo recitato in una località che sta distro quel poggio,
stamattina, che è l’ottava del Corpus, l’auto del Corteo della
Morte e stasera dobbiamo rappresentarlo in quel paese che
si vede da qui; e poiché eravamo così vicini, per risparmiarci
il fastidio di spogliarci e rivestirci, ce ne andiamo con gli stessi
costumi con cui recitiamo.
Quel ragazzo è vestito da Morte; quell’altro da Angelo; quella
donna, che è la moglie dell’impresario, da Regina; quell’altro,
da Soldato; quello, da Imperatore; e io da Demonio, e sono una
delle figure principali dell’auto, perché in questa compagnia
ho sempre le prime parti.
Se altro la signoria vostra vuol sapere da noi, me lo chieda pure,
che io le risponderò puntualmente, perché, essendo un diavolo,
non c’è nulla che non possa fare.
– Parola mia di cavaliere errante,
rispose don Chisciotte,
– Appena ho visto questo carro ho pensato che mi presentasse
qualche grande avventura; e ora dico che bisogna toccar con mano
le apparenze per poter uscire dall’inganno. Andate con Dio, brava
gente, e fate pure la vostra festa, e se potete chiedermi cosa in cui
io possa esservi utile, lo farò volentieri e di buon grado, perché sin
da ragazzo ho avuta una passione per il teatro, e nella mia giovi-
nezza quando vedevo una compagnia di comici morivo d’invidia.
Mentre così discorrevano, volle il destino che arrivasse un altro
della compagnia che era vestito da buffone, con un mucchio di
sonagli, e sulla punta d’un bastone portava tre vesciche di vacca
gonfiate; e questo buffone, avvicinandosi a don Chisciotte, comin-
ciò a far la scherma col bastone, a sbattere in terra le vesciche e a
far gran salti, facendo tintinnare i sonagli; e quella brutta appari-
zione spaventò tanto Ronzinante, che senza che don Chisciotte
potesse trattenerlo, stretto il freno fra i denti, si dette a correre per
campi con una velocità che non avrebbero lasciato sospettare le
sue scheletriche ossa.
Sancio, vedendo il pericolo che il suo padrone correva d’esser
sbalzato di sella, saltò giù dall’asino in fretta a soccorrerlo, senon-
ché quando giunse, egli era già in terra, e accanto a lui Ronzinante,
stramazzato al suolo col suo padrone: solita conclusione e solito
punto d’arrivo delle bravure e degli ardimenti di Ronzinante.
Ma appena Sancio ebbe lasciato la sua cavalcatura per correre in
aiuto di don Chisciotte, saltò sull’asino il diavolo che faceva balla-
re le vesciche e messosi a sbattergliele addosso, lo spaventò e il
rumore, più che il dolore dei colpi, lo fecero volare per la campa-
gna verso il paese dove erano diretti per la festa.
Sancio guardava il suo asino correre e il suo padrone caduto e
non sapeva a quale dei due doveva pensare prima; ma poi, da
buon scudiero e da buon servo, poté più l’amore per il suo padro-
ne che l’affetto per l’asino, benché ogni volta che vedeva la vesci-
ca alzarsi in aria e ricadere sulla groppa del suo asino, per lui era-
no strazio e sussulti di morte, e avrebbe preferito piuttosto che
quei colpi li avessero dati a lui nelle pupille che non sull’ultimo
pelo della coda dell’asino.
In questa tormentosa perplessità arrivò dove si trovava don Chi-
sciotte un po’ più malconcio di quanto avrebbe voluto, e aiutan-
dolo a montare su Ronzinante, gli disse:
– Signore, il Diavolo s’è portato via l’asino.
– Che diavolo?
domandò don Chisciotte.
– Quello delle vesciche,
rispose Sancio.
– Lo recupererò io,
replicò don Chisciotte,
– Dovesse anche portarselo con sé nei più profondi e oscuri recessi
dell’inferno. Seguimi, Sancio, che la carretta va piano, e con le le sue
mule compenserò la perdita dell’asino.
– Non c’è più bisogno che vi prendiate questa briga, signore,
rispose Sancio,
– La signoria vostra temperi la sua ira, perché, a quanto pare, il
Diavolo ha lasciato l’asino, che ritorna all’ovile.
Ed era vero, perché, essendo caduto il Diavolo con l’asino, per
imitare don Chisciotte e Ronzinante, il Diavolo se n’era andato
a piedi al paese e l’asino era tornato al suo padrone.
– Ciò nonostante,
disse don Chisciotte,
– Sarà bene castigare l’insolenza di quel demonio su qualcuno di
quelli della carretta, fosse anche l’Imperatore in persona.
(Miguel de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia)