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Ammazzare il Tempo (la nostra infanzia) (13)
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Ammazzare il Tempo (mondo organico, unità feconda, ricchezza infinita) (15) &
Ammazzare il Tempo (finalismo & meccanicismo) (16)
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Il che significa che nell’evoluzione si potrà vedere qualcosa di
completamente diverso da una serie di adattamenti alle circo-
stanze, come vorrebbe il meccanicismo, e anche dalla realiz-
zazione di un piano globale, come vorrebbe la dottrina della
finalità.
Non contestiamo affatto che la condizione necessaria dell’e-
voluzione sia l’adattamento. E’ sin troppo evidente che quan-
do una specie non asseconda le condizioni di esistenza che
le sono imposte è destinata a scomparire.
Ma una cosa è riconoscere che le circostanze esterne sono
forze con cui l’evoluzione deve fare i conti, altra cosa è soste-
nere che esse siano le cause che governano l’evoluzione.
Quest’ultima è la tesi del meccanicismo, che esclude asso-
lutamente l’ipotesi di uno slancio originario, ovvero di una
spinta interiore che porterebbe la vita, attraverso forme via
via più complesse, verso destini sempre più alti.
Eppure, questo slancio è visibile, ed è sufficiente rivolgere
un semplice sguardo alle specie fossili per constatare che
la vita avrebbe potuto fare a meno di evolversi entro limiti
assai ristretti, se avesse scelto la soluzione, per lei molto
più comoda, di anchilosarsi nelle sue forme primitive.
Alcuni foramiferi non hanno subito nessuna variazione sin
dall’epoca siluriana. E le lingule, impassibili testimoni delle
innumerevoli rivoluzioni che hanno sconvolto il nostro piane-
ta, sono ancora oggi ciò che erano ai tempi più remoti dell’-
era paleozoica.
Il fatto è che l’adattamento può spiegare le sinuosità del mo-
vimento evolutivo, ma non le direzioni generali, e tanto meno
il movimento stesso.
La strada che porta alla città è certo obbligata a risalire i pen-
dii e a discendere le chine, ad adattarsi alle accidentalità del
terreno; ma non sono queste la causa della strada, né ciò
che le imprime la sua direzione.
In ogni momento, le forniscono quanto le è indispensabile, per-
sino il suolo su cui poggiare; ma se si considera la strada
nel suo insieme e non ogni sua singola parte, le accidentali-
tà del terreno risultano essere soltanto degli ostacoli o delle
cause di ritardo, poiché la strada, puntando semplicemente
verso la città, avrebbe voluto essere una linea retta.
Lo stesso vale per l’evoluzione della vita e per le circostan-
ze che attraversa; però con questa differenza: che l’evolu-
zione non traccia una strada unica, si dirige in molteplici
sensi senza tuttavia mirare e dei fini, e che, da ultimo, non
perde la sua inventiva neanche nelle forme di adattamento.
Ma se l’evoluzione della vita non è una serie di adattamenti
a circostanze accidentali, non è nemmeno la realizzazione
di un piano.
Un piano è qualcosa che viene prima.
E’ rappresentato, o quanto meno rappresentabile, prima di es-
sere realizzato nei particolari. La sua esecuzione completa può
anche essere rimandata a un futuro lontano, o addirittura rinvi-
ata indefinitivamente: può tuttavia esserne formulata l’idea da
subito e nei termini attualmente dati.
Ma se invece l’evoluzione è una creazione che si rinnova di
continuo, essa crea via via non solo forme di vita, ma anche
le idee che consentirebbero a un’intelligenza di comprender-
la, e i termini che potrebbero servire a esprimerla.
Questo significa che il suo futuro eccede il suo presente e
non potrebbe inscriversi in un’idea.
(H. Bergson, L’evoluzione creatrice)