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SEBASTO : …Ma vorrei intendere come questa bestiaccia potrà
distinguere che colui che gli monta sopra, è Dio o diavolo, è un
uomo o un’altra bestia non molto maggiore o minore, se la più
certa cosa ch’egli deve avere, è che lui è un asino e vuole essere
asino, e non può far meglior vita ed aver costumi migliori che di
asino, e non deve aspettare meglior che di asino, nè è possibile,
congruo e condigno ch’abbia altra gloria d’asino ?
SAUL : Fidele colui che non permette che siano tentati sopra quel
che possono : lui conosce li suoi, lui tiene e mantiene gli suoi per suoi,
e non gli possono esser tolti.
O santa ignoranza, o divina pazzia, scrivendo a Caio, afferma che la
ignoranza è una perfettissima scienza ; come per l’equivalente volesse
dire che l’asinità è una divinità.
Il dotto Agostino, molto inebriato di questo divino nettare, nelli suoi
Soliloquii testifica che la ignoranza più tosto che la scienza ne conduce
a Dio, e la scienza più tosto che l’ignoranza ne mette in perdizione.
In figura di ciò vuole ch’il redentor del mondo con le gambe in piedi
de gli asini fusse entrato in Gerusalemme, significando anagogicamente
in questa militante quello che si verifica nella trionfante cittade; come
dice il profeta salmeggiante : ” Non in fortitudine equi voluntatem
habebit, neque in tibiis viri beneplacitum erit ei. “
( G. Bruno, Dialogo primo, Cabala del cavallo Pegaseo )