DOVE SI NARRA DELL’INCONTRO DI DON CHISCIOTTE CON L’ESERCITO DI ALIFANFARONE E MOLTE ALTRE SCHIERE (11)

 

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Io non sento altro che belati di pecore  (12)

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L’assedio di Namur  (1)  &  (2)

  

 

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   …..E devi sapere, Sancio, che quest’esercito che viene di fronte

a noi, lo conduce e lo guida il grande imperatore Alifanfarone,

signore della grande isola Trapitalia, mentre quello che avanza

alle mie spalle è del suo nemico, il re dei garamanti Pentapolino

dalla Manica Rimboccata, perché nelle battaglie entra sempre coi

piedi scalzi ed ignudi che l’odor ci ricorda il moro che non per-

dona, …ed anche il braccio destro nudo, come lo piede biforcuto.

….Ove molte genti s’accalcano ….e aggrappano….(per li loro mi-

sfatti).

Sia ai piedi che alli…bracci…..

 

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– E perché non si possono vedere quei due nobil…signori?,

chiese Sancio.

– Non si possono vedere,

rispose don Chisciotte,

– Perché questo Alifanfarone è un arrabbiato ed è innamorato del-

la figlia di Pentapolino, che è una bellissima dama e per giunta di

squisito sentire, ed è cristiana, e suo padre non la vuole dare al re

pagano se prima questi non rinnega la legge del falso profeta

Maometto, per convertirsi alla sua.

– Per la mia barba!,

disse Sancio.

– Pentapolino fa benissimo e io dovrò aiutarlo come posso.

– Così facendo, farai il dovere tuo, Sancio,

rispose don Chisciotte;

– Perché per entrare in battaglie come questa non è richiesto es-

sere armato cavaliere.

 

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– Lo credo bene,

rispose Sancio;

– Ma dove lo mettiamo quest’asino, che poi possiamo esser certi

di trovarlo quando sarà cessata la mischia? Perché entrarvi su

una cavalcatura simile non credo si sia mai usato finora.

– E’ vero,

disse don Chisciotte.

– Ciò che puoi farne è lasciarlo vagare alla ventura, che si perda e

no; perché saranno tanti i cavalli che avremo quando saremo usci-

ti vittoriosi, che anche Ronzinante corre il pericolo che io lo cambi 

con un altro. Ma stammi bene attento e guarda, che voglio darti 

conto dei cavalieri più importanti che si trovano nei due eserciti.

 

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E perché tu possa meglio vederli e osservarli, ritiriamoci su quel

piccolo rialzo di terra che si eleva laggiù, da dove potranno 

scoprirsi i due eserciti.

– Quel cavaliere che vedi là, dalle armi gialle, che porta sullo scu-

do quell’araldo, un leone coronato, coricato ai piedi di una don-

zella, è il valoroso Laurcalco, signore di Ponte d’Argento; l’altro

dall’armatura coi fiori d’oro, che porta sullo scudo tre corone d’-

argento in campo azzurro, è il temuto Micocolembo, granduca di

Quirozia; quell’altro dalle membra di gigante, lo vedi che porta-

mento da vero cavaliere, che è alla sua mano destra, è il senza-

paura Brandabarbarano di Boliche, sire delle tre Arabie, che è ri-

coperto di cuoio di serpente, ed ha per scudo una porta che, se-

condo la fama, è una di quelle del tempio che fece crollare Sanso-

ne, allorché con la propria morte si vendicò dei suoi nemici.

Tutta gente importantissima, temutissima, prodi e valorosi cava-

lieri, e la loro corte…che da qui non riusciamo a scorgere. 

Ma ora rivolgi da gli occhi da quest’altra parte, e vedrai dinanzi

alla fronte di quest’altro esercito il sempre vincitore e mai vinto

Timonello di Carcassona, principe della nuova Biscaglia, dall’ar-

matura divisa in quarti: azzurri, verdi, bianchi e gialli, e nello scu-

do ha un gatto d’oro su campo lionato, con un motto che dice:

Miau, che è come il nome della sua dama, che è, a quanto si dice,

l’impareggiabile Mialuna, figlia del duca Alfegnichén dell’Algar-

be, temutissimo signore di terre lontane e sconosciute…..

(Miguel de Cervantes, Don Chisciotte della Mancia)

 

 

 

 

 

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COME IL CAVALIERE E IL SUO SCUDIERO

ANDARONO A CHIEDERE PERDONO AL PAPA

E COME IL PAPA FINSE DI PERDONARLI



Dopo aver narrato per esteso come egli avesse disobbedito

al suo Creatore per le grandi delizie e piaceri mondani godu-

ti per lo spazio di 330 giorni, il papa rimase corrucciato e

dolente, pur essendo molto contento, d’altra parte, di vederlo

così pentito.

Sul momento non volle né perdonarlo né assolverlo.

Quindi assai rudemente, come uomo perduto, lo scacciò dalla

sua presenza. E ciò, non perché non volesse o potesse perdo-

narlo, ma per far conoscere a tutti il gravissimo peccato in cui

egli era per tanto tempo rimasto tra i vani piaceri di quella

regina Sibilla, e perché nessuno avesse speranza d’ottenere

facile perdono.

Il cavaliere se ne partì così sconfortato che nessuno poté nascon-

dere la pietà al vederlo e udirlo. Nei suoi pietosi lamenti egli

malediceva la sua dolcissima vita.

Vi fu allora un cardinale che n’ebbe pietà, lo fece venire in sua

presenza, lo confortò nel miglior modo possibile, lo distolse

dalla disperazione, e gli fece sperare di ottenergli il perdono. 

Ne fece, infatti, ripetute richieste al papa; ma questi fingeva

di negarlo, affinché ciascuno prendesse esempio e lasciasse la

speranza di una facile grazia.

 

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Il cavaliere che era tanto pentito da esser pronto a sopportare

qualsiasi pena pur di ottenere il perdono, andava e veniva

spesso dai cardinali, dai prelati e da altre personalità.

Ma il diavolo che è astuto, e giorno e notte non smette di fuor-

viare gli amici di Dio, mise nel cuore dello scudiero una tale

brama di ritornare, che non passava un’ora senza desiderare

e rimpiangere i grandi piaceri che aveva lasciato.

Si lamentava di giorno e di notte e tanto insistette, che fece an-

noiare il cavaliere per il gran ritardo del suo perdono.

Tuttavia egli avrebbe ancora pazientato, se lo scudiero, per

tentazione del demonio, non l’avesse una volta convinto, e

le altre volte persuaso, a ritornare nella grotta.

Per riuscire al suo scopo, lo scudiero si presentò al cavaliere

correndo con grande finzione, e dicendo, come se l’inseguis-

sero: – Ah! Signore, per carità, salviamoci! Ho incontrato

poco fa molti vostri amici, il tale e il tale, che vi cercano per

avvertirvi che il papa ha fatto il processo e che ci fa cercare

per farci morire.

(prosegue in: come-il-cavaliere-e-il-suo-scudiero.html)





 

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