Da http://giulianolazzari.myblog.it
Nel 1999 i dirigenti della DuPont, elaborando una strategia volta ad allegerire l’impatto
sull’ambiente, si sono coraggiosamente impegnati a ridurre entro il 2010 le emissioni di
gas serra del 65% rispetto al livello del 1990. Il progetto consisteva in parte nel diversicare
le linee di prodotto mettendo da parte le divisioni come nylon e farmaceutici per concentrarsi
sui materiali a basse emissioni, come l’isolante Tyvek per aumentare l’efficenza energetica
delle abitazioni.
L’iniziativa ha avuto successo: nel 2007 la DuPont ha diminuito le emissioni del 72%
rispetto al 1991 e l’utilizzo globale di energia del 7% e in tutto questo processo ha risparmiato
3 miliardi di dollari. L’azienda ora progetta di andare oltre i semplici miglioramenti nel
rendimento dei processi per arrivare alla creazione di prodotti che imitano la natura,
tra cui quelli di sintesi chimica come il Bio-Pdo che possono sostituire il petrolio nei
polimeri e nei prodotti detergenti, cosmetici e antigelo.
Le azioni della DuPont, così come quelle di altre aziende, stanno a indicare la nascente
consapevolezza che nel secolo della sostenibilità il modo in cui vengono prodotti
merci e servizi deve essere completamente ripensato.
Nel corso dei passati cento anni l’umanità ha creato e venduto beni e servizi con
sistemi che hanno richiesto un pesante tributo, ora le compagnie più sensibili riconoscono
la necessità di muoversi oltre il ‘business as usual’ per andare incontro alle esigenze
delle persone in modo sostenibile.
Ogni anno vengono estratte, elaborate e infine gettate via più di 500 miliardi di tonnellate
di materie prime, delle quali meno dell’1% è incorporato in un prodotto e ancora
utilizzato sei mesi dopo la vendita.
Tutto il resto si trasforma in rifiuti.
Questo schema di produzione e i consumi che genera ora minacciano tutti gli ecosistemi
della Terra.
Nell’arco di tempo in cui mediamente un manufatto viene progettato, ma prima che
sia effettivamente costituito, l’80-90% del suo ciclo di vita economico e i costi ecologici
relativi sono già diventati inevitabili. Ad esempio, questo libro che stiamo leggendo,
la sedia su cui siete seduti, l’aeroplano sul quale potreste volare, il terminal in cui
atterrerete, il veicolo con cui continuerete il viaggio sono tutti risultanti da una
miriade di scelte fatte da policymaker, designer, ingegneri, artigiani, venditori,
distributori e via dicendo.
Ogni passaggio rappresenta l’opportunità di far nascere un’idea, una parte o un
intero processo produttivo in modo che questo utilizzi più o meno risorse per migliorare
il risultato finale.
Pensando in modo più olistico e selezionando in ogni momento l’opzione più saggia
si può ridurre l’impatto di queste scelte sul pianeta e sui suoi abitanti.
Questi sono i fondamenti del capitalismo naturale, la cornice di sostenibilità che
suggerisce come soddisfare le necessità in modo da raggiungere anche un durevole
vantaggio competitivo, risolvere con profitto la maggior parte delle sfide ambientali e
molte di quelle sociali che il pianeta deve affrontare e assicurare una migliore qualità
di vita ai suoi abitanti.
(L. Hunter Lovins)