Prosegue in:
La competizione fra gli uomini (2)
Il mio maestro Oskar Heinroth diceva, nel suo solito
modo drastico:
– Dopo lo sbatter d’ali del ‘fagiano argo’, il ritmo del
lavoro dell’umanità moderna costituisce il più stupi-
do prodotto della selezione intraspecifica.
Al tempo in cui fu pronunziata, questa affermazione
era decisamente profetica, ma oggi è una chiara esa-
gerazione per difetto.
Per l’argo, come per molti animali con sviluppo ana-
logo, le influenze ambientali impediscono che la spe-
cie proceda, per effetto della selezione intraspecifica,
su strade evolutive mostruose e infine la catastrofe.
Ma nessuna forza esercita un salutare effetto regola-
tore di questo tipo sullo sviluppo culturale dell’uma-
nità; per sua sventura essa ha imparato a dominare
tutte le potenze dell’ambiente estranee alla sua specie,
e tuttavia sa così poco di se stessa da trovarsi inerme
in balìa delle conseguenze diaboliche della selezione
intraspecifica.
‘Homo homini lupus’: anche questo detto, come la fa-
mosa frase di Heinroth, è ormai divenuto un ‘under-
statement’.
L’uomo, che è l’unico fattore selettivo a determinare l’-
ulteriore sviluppo della propria specie, è ahimè, di
gran lunga più pericoloso del più feroce predatore.
La competizione fra l’uomo e uomo agisce, come nes-
sun fattore biologico ha mai agito, in senso direttamen-
te opposto a quella ‘potenza eternamente attiva, bene-
ficamente creatrice’ e così distrugge con fredda e diabo-
lica brutalità tutti i valori che ha creato, mossa esclusi-
vamente dalle piùcieche considerazioni utilitaristiche.
Sotto la pressione di questa furia competitiva si è dimen-
ticato non solo ciò che è utile per l’umanità intera, ma an-
che ciò che è buono e vantaggioso per il singolo indivi-
duo.
La stragrande maggioranza degli uomini contemporanei
apprezza soltanto ciò che può assicurare il successo nella
concorrenza spietata, ciò che permette loro di superare i
propri consimili.
Ogni mezzo che serve a questo fine viene considerato, a
torto, un valore in sé.
L’errore dell’utilitarismo, gravido di conseguenze delete-
rie, sta proprio in questo: nel confondere il fine con i mez-
zi.
(K. Lorenz, Gli otto peccati capitali della nostra civiltà)