LA FINE DEL LAVORO 3

Da http://giulianolazzari.myblog.it

      http://pietroautier.myblog.it

Si è scritto e letto molto sui circoli di qualità, sul lavoro di gruppo e sulla maggiore 

partecipazione dei lavoratori sul luogo del lavoro. 

Poco o nulla si è detto e scritto, invece, sulla dequalificazione del lavoro, sui ritmi di

produzione sempre più accelerati, sui maggiori carichi di lavoro e sulle nuove forme

di coercizione e di sottile intimidazione utizzate per costringere il lavoratore a sottomettersi

alle esigenze della produzione post-fordista.

Le tecnologie dell’informazione sono progettate per eliminare le ultime, pallide vestigia 

del controllo che l’uomo ha sul processo produttivo, attraverso la programmazione di

istruzioni dettagliate direttamente nella macchina, che è così in grado di eseguirle alla

lettera. 

Il lavoratore viene privato dalla capacità di esercitare il libero arbitrio, sia in fabbrica sia

negli uffici, e del controllo sul risultato, che viene pianificato in anticipo da esperti 

programmatori. Prima del computer, il manager produceva istruzioni dettagliate in forma

di ‘schedulazioni’ che ci si aspettava venissero rispettate dai dipendenti; poichè l’esecuzione

dell’incarico era nelle mani dei lavoratori, era possibile introdurre nel processo un elemento

soggettivo: nel mettere in atto la pianificazione del lavoro, ogni lavoratore dava la propria

impronta personale al processo produttivo. Il passaggio della produzione pianificata alla

produzione programmata ha profondamente alterato il rapporto tra lavoratore e lavoro;

oggi un numero crescente di lavoratori agisce esclusivamente come osservatore, incapace di

partecipare o intervenire sul processo produttivo: qualunque cosa accade in fabbrica o nell’

ufficio è già stata pre-programmata da un’altra persona che potrebbe non partecipare mai 

alla realizzazione del futuro che ha creato.

(J. Rifkin, La fine del lavoro)

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