IL PRIMO DIO (La genesi 15)

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la genesi 15







Come l’artista scavo la pietra,

animo la scultura della mia illusione

scolpita nel principio di una diversa

passione.

La pietra è più dura di ogni cuore

che incontra la mia penna,

la dura pena per ogni tortura

ombra del loro Dio.

Perché raccontano

che è la più bella visione,

Madonna che aspetta la sua offerta,

con il bambino gravido e senza rancore.   (12, 1)


Era la nostra Dèa nel principio,

prima del libro del profeta,

le hanno rubato il sorriso,

acqua di torrente che sgorga

nella mente.

Mentre Cibele semina il campo

del mio paradiso,

dove coltivo con solo il sorriso,

il frutto proibito tributo

per un nero aguzzino.

Cui debbo anche il dolce vino,

dona l’ebrezza e la comprensione,

una penna che incide la dura pietra

divenuta passione.

Rito nuovo come sangue che sgorga

da una ferita della nuda terra.  (12, 2)


Scavo nella memoria,

scavo nella zolla,

scrivo con l’aratro il sogno nascosto

confuso con il peccato.

La pietra assume visione

di un altro Dio,

per tanti è solo un caprone

mal scolpito.

La pietra mi racconta

un’altra visione,

coniata nel profilo di una moneta,

nella giara antica dove la tomba

l’ha restituita.

Racconta un diverso amore

e la terra di un altro colore.

Racconta la gloria di un altro peccato,

racconta la storia di un altro Dio,

forma la statua di un altro oracolo.

Racchiuso nella pergamena di un filosofo,

raccolto dalla parola di un’astronomo,

raccontato per bocca di uno storico,

intuito nella mente di un matematico.  (12, 3)






 

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