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Il ruolo dell’Intellettuale: ‘oggettivare’ il male
Il Divino Intelletto (3) & (4) &
Da:
Il tema di questo saggio non è la cosiddetta Libertà del Volere,
così infelicemente contrapposta a quella che viene impropria-
mente denominata dottrina della Necessità Filosofica; il nostro
tema è piuttosto quello della Libertà Civile o Sociale: la natura e
i limiti del potere che la società può legittimamente esercitare
sull’individuo.
E’ una questione, questa, che raramente viene posta, e tanto
meno discussa, nei suoi termini generali: ma tuttavia essa in-
fluenza profondamente, con la sua presenza latente, le con-
troversie del nostro tempo su problematiche di carattere pra-
tico, e con ogni probabilità si rivelerà come la questione fon-
damentale del futuro.
Non è affatto un problema nuovo: anzi in un certo senso ha
diviso l’umanità quasi fin dai tempi più remoti; ma il livello di
progresso che hanno raggiunto i settori più civilizzati della
specie umana, la questione si presenta in nuovi contesti e
richiede uno studio diverso e più approfondito.
La lotta fra Libertà e Autorità è il tratto più evidente di quei
periodi della storia che impariamo per primi, in particolare la
storia della Grecia, di Roma, e dell’Inghilterra. Ma nei tempi
antichi si trattava di un conflitto fra governo e sudditi, o certe
classi di sudditi.
Per libertà si intendeva la protezione contro la tirannia dei
capi politici, concepiti come in posizione necessariamente
antagonistica rispetto ai popoli governati.
A governare era uno, una sola persona, o una tribù o una
casta, che aveva acquisito la sua autorità o per eredità o
come frutto di conquista, e in ogni caso non per volontà
dei governanti; non ci si azzardava a contestare la sua
supremazia, ma forse neanche lo si desiderava, pur se
magari si cercava di cautelarsi contro un suo esercizio
oppressivo.
Il potere dei governanti era considerato necessario, ma
anche altamente pericoloso: un’arma che i governanti
avrebbero cercato di usare contro i loro sudditi, non me-
no che contro i nemici esterni. Per evitare che i membri
più deboli della comunità venissero depredati da innume-
revoli avvoltoi, occorreva la presenza di un animale da
preda più forte di tutti gli altri, incaricato di tenerli a bada.
Ma siccome il re degli avvoltoi era altrettanto bramoso di
depredare il gregge quanto le arpie minori, bisognava sem-
pre tenersi in guardia contro il becco rapace e i suoi artigli.
Lo scopo dei patrioti, quindi era quello di porre dei limiti tol-
lerabili al potere del capo sulla comunità: in queste limitazio-
ni consisteva ciò che essi intendevano per libertà.
C’erano due strade possibili da tentare.
Innanzi tutto, ottenere il riconoscimento di certe immunità,
chiamate libertà o diritti politici: una di loro ipotetica violazio-
ne da parte del governante sarebbe stata un’infrazione ai
suoi doveri, e una loro violazione effettiva avrebbe giustifi-
cato una precisa azione di resistenza o una ribellione gene-
rale.
Un secondo metodo, in genere più recente era quello di sta-
bilire dei vincoli costituzionali in base ai quali si imponeva co-
me condizione necessaria, per alcuni dei più importanti atti
del potere di governo, quella di ottenere il consenso della
comunità o di un qualche tipo di organismo inteso a rappra-
sentarne gli interessi.
Alla prima di queste due imposizioni restrittive, il potere dei
governi è stato costretto più o meno a piegarsi, in quasi tutti
i Paesi europei.
Non così è stato per la seconda; e raggiungere lo scopo, o
realizzarlo più compiutamente quando lo si fosse raggiunto
in parte, divenne l’obiettivo principale degli amanti della liber-
tà.