L’UOMO E LA NATURA

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l'uomo e la natura

 

 

 





Paragona a questi la dottrina                                     87ujnju78.jpg

giudaica, il giardino piantato

da dio, Adamo da lui plasmato

e quella che era la sua donna.

Dio dice: ‘Non è bene che

l’uomo sia solo; creiamogli

un aiuto che gli assomigli’,

che non lo aiutò affatto,

ma lo ingannò e fu causa

per lei stessa e per lui

della cacciata dalle delizie

del giardino.

Questa è pura favola.

Come può infatti essere logico che dio ignori che l’essere che

egli fa nascere come aiuto sarà un male piuttosto che un bene

per chi lo riceve?

Ma perché insomma ha anche dato una legge ed ha proibito

qualche cibo?

Ha infatti permesso di mangiare da ogni albero, eccetto solo

che da quello che stava nel centro del giardino. Se non ci fosse

stata una precisa prescrizione, non ci sarebbe stato peccato.

E se dio è buono, perché ha punito?

(Giuliano Imperatore, Contra Galilaeos, fr. 13,14)

 

l'uomo e la natura (1)


….Nell’Inghilterra dei Tudor e degli Stuart s’era consolidata ormai

da tempo l’opinione che il mondo fosse stato creato per il bene dell’

uomo, e che le altre specie fossero subordinate ai suoi voleri e ai suoi

bisogni.

Il comportamento della grande maggioranza degli uomini che non si

soffermavano a riflettere su questa questione si fondava, implicitamente,

su tale presupposto.

Tuttavia i teologi e gli intellettuali che sentivano la necessità di

giustificarlo, potevano facilmente far ricorso ai filosofi classici e

alla Bibbia.

La natura non ha fatto nulla d’inutile, diceva Aristotele, e ogni cosa

ha il suo scopo. Le piante sono state create per il bene degli animali

e gli animali per il bene dell’uomo. Gli animali domestici sono  stati

creati per lavorare, e quelli selvatici per essere cacciati.

Gli stoici avevano insegnato la stessa cosa: la natura esiste soltanto

per servire all’uomo.

I commentatori di epoca Tudor interpretavano la narrazione biblica

della creazione secondo questo spirito. Oggi gli studiosi individuano

dei motivi conflittuali nella narrazione della Genesi, ma il più delle

volte i teologi dell’inizio dell’età moderna non avevano alcuna difficoltà

a pervenire a una sintesi generalmente accettata.

Il giardino dell’Eden, dicevano, era un paradiso per l’uomo, nel quale

Adamo aveva il dominio, datogli da Dio, su tutte le cose viventi.

In principio l’uomo e gli animali convivevano in pace.

Probabilmente gli uomini non erano carnivori e gli animali erano

mansueti.

Con il peccato originale, però, i rapporti mutarono.

Ribellandosi a Dio, l’uomo fu privato del suo facile predominio su

altre specie.

La terra degenerò.

E dopo il diluvio universale, Dio instaurò nuovamente l’autorità

dell’uomo sul mondo animale. Da allora gli uomini furono carnivori

ed ebbero il diritto di uccidere e di mangiare gli animali, essendo

unicamente sottoposti alle consuete restrizioni alimentari.

Il dominio dell’uomo sulla natura si fondava dunque su questo

privilegio sancito dall’Antico Testamento.

Esso fu ulteriormente riaffermato dalla venuta di Cristo, il quale,

secondo alcuni commentatori, riconfermò i diritti dell’uomo sul mondo

naturale, sebbene fosse ormai possibile sostenere che soltanto i veri

cristiani rigenerati godevano legittimamente di tali diritti.

(……) Persino coloro che volevano uccidere gli animali per loro piacere

potevano, come osservava Thomas Fuller nel 1642, far riferimento al

‘privilgio del dominio dell’uomo sulle creature viventi’.

A proposito del divertimento consistente nell’aizzare dei cani contro

un orso incatenato e dei combattimenti di galli essi potevano dire:

‘Il cristianesimo ci dà il permesso per praticare questi sport’.

Nel 1735 il poeta e cacciatore William Somervile così sintetizzava

l’opinione corrente circa l’autorità dell’uomo sugli animali:

‘Le creature brute son di sua proprietà, al suo voler son serve,

e create per lui.

Le nocive egli uccide, ed alle utili

ei risparmia la vita, lor solo e volubile re’.

La teologia del tempo forniva così i fondamenti etici di quel predominio

sulla natura che, all’inizio dell’età moderna, era diventato il fine, accettato

da tutti, delle fatiche dell’uomo.

La tradizione religiosa dominante non tollerava quella ‘venerazione’

della natura ancora viva in molte religioni orientali e che lo scienziato

Robert Boyle giustamente definiva ‘uno scoraggiante ostacolo al

dominio del’uomo sulle creature inferiori’.

(……) L’incivilimento dell’uomo equivaleva dunque, in pratica, alla

conquista della natura.

Il mondo vegetale era sempre stato la fonte del nutrimento e del

combustibile; la caratteristica principale dell’Occidente, in questo

periodo, fu quella di contare in maniera singolare sulle risorse animali

per la forza lavoro, il nutrimento, l’abbigliamento e i trasporti.

(……) Nel frattempo gli scienziati e i promotori di progetti economici

del 600 prevedevano ulteriori trionfi dell’uomo sulle specie inferiori.

Per Bacone lo scopo della scienza era quello di restituire all’uomo quel

dominio che aveva in parte perduto con il peccato originale, mentre

Robert Boyle era esortato dal suo corrispondente John Beale a stabilire,

secondo l’espressione di quest’ultimo, ‘l’impero del genere umano’.

Per gli uomini di scienza formati in questa tradizione, il fine

complessivo dello studio del mondo naturale era ‘che, se si conosceva

la Natura, la si poteva dominare, governare e utilizzare al servizio della

vita dell’uomo’.

(K.Thomas, L’uomo e la natura)

Da 

l'uomo e la natura (1)

giulianolazzari.myblog.it

l'uomo e la natura (1)

storiadiuneretico.myblog.it

pietroautier.myblog.it

l'uomo e la natura (1)

 lazzari.myblog.it

www.giulianolazzari.com

 

l'uomo e la natura

frammenti-in-rima.html

 

 

 

 

 

 

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L’UOMO E LA NATURA (4)

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Innanzi tutto, dunque, gli avversari                                             2005-03-n2-pitagora.gif

dicono che la giustizia è violata e

che l’immoto è mosso, se estendiamo

il diritto non solo al genere razionale

ma anche a quello irrazionale:

perché così non riteniamo legati

da parentela soltanto gli

uomini e gli dei, ma abbiamo

familiarità anche con le altre

bestie, le quali non hanno

nessun legame di parentela

con noi, e, servendoci di

alcune per i lavori, di altre

per il nutrimento, non le

consideriamo estranee e

indegne della nostra

comunità come di una

cittadinanza.

Chi infatti usa le bestie come se fossero uomini, risparmiandole e non offendendole,

attribuendo così alla giustizia una funzione che essa non può avere, non soltanto

ne distrugge la forza, ma rovina anche quel che è a noi proprio con l’introduzione

di quel che ci è estraneo.

‘Poiché ci capita o che siamo necessariamente ingiusti se non risparmiamo le bestie

o che viviamo una vita impossibile e impraticabile se non ci serviamo di esse, e in

un certo senso vivremo una vita di bestie se rinunziamo all’uso delle bestie.

Tralascio le multitudini incalcolabili dei Nomadi e dei Trogloditi, i quali come

alimento conoscono la carne e nient’altro: ma anche a noi che crediamo di vivere in

maniera civile ed umana quale occupazione rimane sulla terra, quale sul mare, qual

arte produttiva, quale raffinatezza se assumiamo nei riguardi degli animali un

atteggiamento inoffensivo come se fossero della nostra stessa razza e se ci comportiamo

con prudenza nei loro confronti?

Non c’è alcun bisogno di dirlo.

Noi non abbiamo altro aiuto né altro rimedio per questo dilemma che ci priva e della

vita o della giustizia se non conserviamo quest’antica legge e norma, per la quale,

secondo Esiodo, Zeus, distinguendo le specie naturali e dando a ciascuna un suo

specifico dominio, diede ‘ai pesci, alle bestie, agli uccelli alati di divorarsi l’un l’altro,

perché fra essi non c’è giustizia, ma agli uomini diede la giustizia’ ..fra loro.

E nei confronti di coloro ai quali non è possibile praticare la giustizia nei nostri

riguardi neppure a noi capita di essere ingiusti. Sicché coloro i quali hanno respinto

questo argomento non hanno lasciato alla giustizia altra strada né larga né stretta in cui

essa possa infilarsi’.

Come infatti abbiamo già osservato, poiché la nostra natura non è sufficiente a se stessa

ma ha bisogno di molte cose, se la si tiene lontano dall’aiuto derivato dagli animali,

ciò significa distruggerla completamente e ridurla ad una vita senza risorse, priva

di strumenti e sfornita del necessario. Dicono che i primi uomini non vivessero una

vita felice: poiché la superstizione non si ferma agli animali ma usa violenza anche

alle piante. Infatti, chi scanna un bue o una pecora qual ingiustizia maggiore compie

di colui che taglia un ulivo o una quercia, se anche in questi è insita un’anima,

secondo la metensomatosi?

Questi dunque, sono i principali argomenti degli Stoici e dei Peripatetici.

(Porfirio, Astinenza dagli animali)

Da www.giulianolazzari.com

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L’UOMO E LA NATURA (il futuro)(13)

(Appunto dell’autore del BLOG:                               rifkin1.jpg

l’economista e

divulgatore di cui

mi accingo a citare

alcuni passi

importanti, dopo un

seminario,

in una nota città

industriale,

ha raccolto i frutti

della ‘nuova prima

grande rivoluzione

biotecnologica’.

Forse è proprio

questo

– per talune economie –

il senso e il dovere della ‘parola’ apportata, ed il suo significato nella ‘specificità’ dell’idealismo.

Piantare quei ‘germi’ di nuova cultura BIOTECNOLOGICA spacciandola per ‘traguardo’, 

per ciò che loro intendono progresso, e sviluppo economico, ma soprattutto, visto i

fallimentari risultati conseguiti, business e facile accesso a finanziamenti che non sono

‘traguardi sociali’ come troppo spesso vengono paventati all’ignara opinione pubblica,

ma sempre e solo sperpero di ‘denaro pubblico’. In Comuni e province dove i bilanci

di taluni amministrazioni sono irrimediabilmente ed incomprensibilmente in ‘ROSSO’,

e spesso i loro amministratori, coinvolti in aule di tribunali per corruzione e molto altro.

‘Buchi, sperperi, inefficienza,incompetenza, privilegio, nepotismo, corruzione,

falso in bilancio, SONO LE PAROLE D’ORDINE DI TALUNI AMMINISTRAZIONI,

di cui godono solo i valenti ed inefficienti amministratori pubblici e di cui nessuno

della cosidetta società civile ‘assapora’ i reali benefici sbandierati come traguardi conseguiti.

I traguardi spesso ‘spacciati’ per nuove frontiere del benessere, nel nostro caso, di progresso

BIOTECNOLOGICO, mèta di ambiziosi investimenti pubblici e privati. In sedi pubbliche dove

il ‘privato cittadino’ è costretto sempre e troppo spesso a ricorrere al ‘privato’ per i più

elementari accertamenti diagnostici, e dove troppo spesso, costosissimi ‘macchinari’ sono o

in disuso, o obliterati di lavoro, ove le liste di attesa sono interminabili a beneficio, sempre

più di strutture private o convenzionate, con alti costi per la cosiddetta sanità…pubblica.

Dove la sanità, appunto, per il comune e povero cittadino è ultimo traguardo di efficienza.

Efficiente SOLO E SEMPRE PER UNA RISTRETTA CERCHIA O CASTA DI ADDETTI AI

LAVORI, FACCENDIERI, POLITICI, PORTABORSE,E NON PER ULTIMI…ALTI PRELATI.

Mi accingo a riportare taluni passi salienti dell’economista, nonché divulgatore ed ecologista,

allo ‘SPACCIO DELLA BESTIA TRIONFANTE’….):

Mentre parte dell’attenzione dell’opinione pubblica è stata diretta verso l’inquinamento

agricolo e verso i potenziali effetti di un rilascio, accidentale o volontario, delle mortali

tossine e degli agenti patogeni negli esperimenti di guerra biologica, minore attenzione

è stata rivolta agli impatti dell’inquinamento genetico sulla salute degli animali, a 

dispetto dei rapporti pubblicati sul marcato aumento delle sofferenze degli animali a

causa della ricerca condotta sugli animali trasgenici. Migliaia di animali transgenici,

chimerici e clonati, dai maiali ai primati, sono in questo stesso momento oggetto di

sperimentazioni in tutti i laboratori del mondo, allo scopo di migliorare l’allevamento

e di creare modi più efficienti per la produzione di farmaci e di prodotti chimici e di

trovare cure e terapie per le malattie che colpiscono l’uomo. L’inserimento di geni

estranei nel codice genetico di un animale può scatenare una serie di molteplici

reazioni e può essere la causa di una sofferenza per la creatura mai riscontrata in 

passato.  

Nello sviluppo degli animali transgenici, il ‘contesto’ è essenziale per qualsiasi

discussione morale. Quando il problema della creazione di animali transgenici viene

sollevato in un contesto commerciale per suscitare interesse nei probabili investitori di

Wall Street, i biologi molecolari spesso parlano delle potenzialità rivoluzionarie delle 

nuove tecnologie. Essi si vantano della capacità di superare milioni di anni di evoluzione

e migliaia di anni di procreazione classica e di creare organismi interamente progettati

bioindustrialmente dagli illimitati utilizzi commerciali. Quando, invece, la stessa 

sperimentazione sugli animali transgenici viene messa in dubbio dagli ambientalisti

e da quelli che difendono i diritti degli animali, i biologi molecolari assumono una

posizione molto più conservatrice, affermando che i loro sforzi rappresentano un

piccolo passo avanti rispetto alle convenzionali tecniche di procreazione.

Per la prima vola i biologi molecolari credono di avere il potere di controllare il 

processo dell’evoluzione in sé, di dettare i termini, anche se in una forma veramente

primitiva, del ‘viaggio’ dello sviluppo della natura. 

David Martin Jr., della facoltà di medicina dell’Università della California a San

Francisco, affermò: IL GENERE UMANO STA PARTECIPANDO AL PROCESSO

DELL’EVOLUZIONE. CON QUESTO INTENDO DIRE CHE LA NOSTRA CAPACITA’,

ACQUISITA ATTRAVERSO L’EVOLUZIONE, DI MANIPOLARE I GENOMI GRAZIE

ALLA PROCREAZIONE SELETTIVA E PIU’ RECENTEMENTE GRAZIE ALLE 

TECNOLOGIE DI DNA RICOMBINATE, E’ PARTE INTEGRANTE DELL’EVOLUZIONE

STESSA E NON STA, ANCHE SE QUESTO E’ STATO AFFERMATO IN PASSATO, 

‘ARMEGGIANDO CON L’EVOLUZIONE’. …INVECE E’ L’EVOLUZIONE.

Se questi nuovi strumenti transgenici conferiscono una sorta di paternità sulle altre

creature, molto in anticipo rispetto ai tipi di manipolazione con i quali siamo stati

abituati a sperimentare nel passato, allora la questione diventa stabilire se le altre

specie debbano o no essere appropriatamente il soggetto della totale riconfigurazione

secondo le nuove linee di sviluppo. In altre parole, è possibile dimostrare che la

‘specificità’ o la ‘realtà’ delle molte specie animali che esistono sulla Terra deve essere

onorata e rispettata?

Le nozioni di valore intrinseco e di ‘specificità’ furono animosamente rifiuatata dai 

biologi molecolari, che pensavano che tali termini appartenessero al mondo del 

‘misticismo’ e non avessero alcuna collocazione nella discussione sui problemi

scientifici. Non è difficile comprendere perché i biologi molecolari siano così contrari

all’idea di ‘specificità’. Attraversare i confini delle specie è l’essenza della nuova

rivoluzione biotecnologica. Per riconoscere anche la più remota possibilità di una

questione morale, etica o filosofica per la protezione delle specie bisogna chiedersi

quale sia la vera natura della tecnologia dell’ingegneria genetica.

Altro aspetto importante dei presunti traguardi conseguiti per la salute dell’uomo, 

con l’apporto di biotecnologie è la tecnica dell’XENOTRAPIANTO. I timori di usare

gli organi dei babbuini e di altre scimmie per gli xenotrapianti hanno spinto le

industrie biotecnologiche a rivolgere la sperimentazione sugli organi dei maiali

come alternativa più valida e potenzialmente più sicura. I ricercatori affermano

che le scrofe, al contrario delle scimmie, sono state fatte crescere in ambienti privi

di agenti patogeni e, di conseguenza, sono libere dai virus pericolosi che potrebbero

essere trasmessi alla popolazione umana. La loro fiducia venne minata nel 1997 

quando gli scienziati comunicarono la scoperta di un retrovirus endogeno suino (Perv)

che infettava le cellule umane in vitro, sollevando la possibilità che altri retrovirus

suini, non ancora scoperti, potessero superare i confini di specie ed essere causa

di insorgenza di nuove malattie nei pazienti. Ancora più inquietante è il fatto, 

che molti retrovirus sono agenti patogeni trasmessi per via ematica o per via 

sessuale supponendo che il Perv, come il virus dell’Aids, potrebbe essere trasmesso

attraverso il contatto diretto e dare origine a una vera e propria epidemia. 

Allan sostiene che il risultato di queste ultime scoperte sui retrovirus dei suini

‘potrebbe obbligare le istituzioni sanitarie pubbliche, a considerare gli organi degli

animali trapiantati nell’uomo come un contenitore onnicomprensivo per i retrovirus,

i quali potrebbero dare luogo a virus ricombinati con caratteristiche patogene alterate’. 

(Jeremy Rifkin, Il secolo Biotech)

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