….Quello che vi trovai sarebbe potuto uscire da un romanzo poliziesco.
Joe Hill era un emigrato svedese che aveva combattuto nella guerra contro
il Messico. Aveva condotto un’esistenza nuda e misera, intorno al 1910 era
stato un militante sindacale nell’Ovest, una figura messianica che VOLEVA
ABOLIRE L’ORDINAMENTO CAPITALISTICO DEL LAVORO, operaio
meccanico, musicista e poeta.
Lo chiamarano il Robert Burns degli operai.
Aveva scritto ‘Pie in the Sky’ ed era stato il precursore di Woody Guthrie.
Questo era tutto quello che avevo bisogno di sapere. Poi, nello Utah, era
stato condannato per omicidio in base a prove indiziarie e fucilato.
La storia della sua vita è intensa e profonda.
Era un organizzatore sindacale
per conto dei Wobblies, il
settore militante della
classe operaia
americana.
Viene messo sotto processo
per aver ucciso il
proprietario DI UNA
DROGHERIA e suo figlio
in una rapina a mano
armata da pochi
dollari e la sua unica difesa
consiste nel dire:
‘PROVATELO!’.
Il figlio del droghiere, prima di morire, spara un colpo a qualcuno, ma non ci
sono prove che la pallottola colpisca il bersaglio. Joe però presenta una ferita
da pallottola e la circostanza è considerata incriminante. Quella stessa notte
sono cinque le persone ferite da un’arma da fuoco. Vengono curate allo stesso
ospedale, poi rilasciate, e tutte spariscono. Joe sostiene che si trovava altrove
al momento del crimine, ma non dice dove e con chi. Non fa nessun nome,
nemmeno per salvarsi la pelle. La supposizione di tutti è che ci sia coinvolta
una donna e che Joe non voglia esporla alla vergogna.
La faccenda diventa ancor più strana e complicata.
Un amico di Joe sparisce il giorno dopo.
Tutto si fa contorto.
Joe è adorato dai lavoratori dell’intera nazione, minatori e lavoratori dei macelli,
pittori di insegne e fabbri ferrai, stuccatori, installatori di canne fumarie, metallurgici.
Chiunque fossero, Joe li aveva uniti e aveva combattuto per i diritti di tutti, aveva
rischiato la sua vita per rendere la vita migliore alle classi più povere, agli
svantaggiati, ai lavoratori peggio pagati e peggio trattati di tutta la nazione.
Se leggete la sua storia, il suo personaggio viene fuori per quello che è.
Lo capite benissimo che non è il tipo di persona che si mette a rapinare e a uccidere un
droghiere a caso. Non rientra minimamente nel suo carattere. E’ impossibile che abbia
fatto una cosa del genere per quattro soldi. Tutto, nella sua vita, parla di onore e di
giustizia. Era un instancabile viaggiatore e un protettore dei deboli in servizio di
pattuglia permanente. Ma per I POLITICI E GLI INDUSTRIALI che lo odiavano
era solo UN CRIMINALE INCALLITO E UN NEMICO DELLA SOCIETA’.
Da anni cercavano l’occasione per liberarsi di lui.
Joe era stato giudicato colpevole ancora prima che cominciasse il processo.
L’intera storia è stupefacente.
Nel 1915 le marce e le manifestazioni in sua difesa riempirono le strade di tutte le
grandi città americane, Cleveland, Indianapolis, St. Louis, Brooklyn, Detroit e molte
altre, dovunque ci fossero lavoratori e sindacati. Fino a quel punto lo conoscevano
e lo amavano. Perfino il presidente degli Stati Uniti, Woodrow Wilson, cercò di
convincere la magistratura dello Utah a riprendere in mano il caso, ma il governatore
dello Utah fece marameo al presidente. Quando tutto sta per finire, Joe dice:
‘SPARGETE LE MIE CENERI DOVUNQUE TRANNE CHE NELLO UTAH’.
‘Joe Hill’ venne scritta non molto tempo dopo questi fatti.
Di canzoni di protesta ne avevo sentite parecchie, ‘Bourgeois Blues’ di Leabelly,
‘Jesus Christ e Ludlow Massacre’ di Woody, ‘Strange Fruit’ resa celebre da Billie
Holiday e altre ancora, ed erano tutte migliori di Joe Hill. Le canzoni di protesta
sono difficili da scrivere senza dal loro un tono che sa troppo di predica.
Rischiano di venire fuori a una sola dimensione.
Bisogna saper mostrare alle persone un lato del loro carattere che loro stesse ignorano.
Joe Hill non ci va neanche vicino, ma se mai c’è stato qualcuno che poteva ispirare una
canzone, quello era lui. Joe aveva quella luce negli occhi.
Pensavo che, se la canzone l’avessi scritta io, l’avrei immortalato in maniera differente,
più come un Casey Jones o un Jesse James.
Era così che bisognava fare.
C’erano due maniere di realizzare la cosa.
Una consisteva nell’intitolare la canzone ‘Scatter My Ashes Any Place but Utah’, spargete
le mie ceneri dovunque tranne che nello Utah, e fare di quel verso il ritornello.
come ‘Long Black Veil’,
qualcuno che parla dalla
tomba, una canzone dal
mondo dei morti.
E’ una ballata nella quale
un uomo sacrifica la sua
vita per non far cadere
l’onta su una donna e a
causa di ciò che non può
dire deve pagare PER IL CRIMINE COMMESSO DA UN ALTRO.
Più ci pensavo, più ‘Long Black Veil’ mi sembrava una canzone che avrebbe potuto
scrivere lo stesso Joe Hill, la sua ultima.
Non scrissi la canzone per Joe Hill.
Ci pensai, ma non lo feci.
La prima canzone di una certa importanza che finii per scrivere, la scrissi per….
Woody Guthrie.
(Bob Dylan, Chronicles)