UN REO DE MUERTE

Quando un incomprensibile impulso a scrivere mi mise per la

prima volta la penna in mano per imbastire in forma di discorso

le mie idee, il teatro mi si presentò come primo bersaglio per quella

che molti hanno qualificato come la mia mordace maldicenza.

Non so se a un’attenta considerazione l’umanità abbia diritto a

lamentarsi di ogni tipo di critiche, né se di essa si possa dire tutto

il male che merita, ma poiché ci sono migliaia di pseudo-filantropi

che difendendo l’umanità pare che vogliano indennizzarla del fatto

di esserne componenti, non insisterò in questa riflessione.

Dal cosiddetto teatro per antonomasia mi lasciai scivolare dolcemente

verso il vero teatro: quella moltitudine in costante movimento, quella

società dove senza prove né previo avviso di cartelloni, e a volte in

modo gratuito quanto vano, si rappresentano tanti ruoli fra loro così

diversi.

Vi feci la mia discesa, e posso assicurare che comparando questo teatro

 al primo non poté che venirmi l’idea che quello era più consolante di

questo.

Perché, a essere sinceri, è triste contemplare sulla scena la civettuola,

l’avaro, l’ambizioso, la gelosa, la virtù decaduta e vilipendiata, gli 

incessanti intrighi, il crimine regnante e talvolta trionfante; ma uscendo

da una tragedia per rientrare nella società si può almeno esclamare

‘tutto ciò è falso, è pura invenzione, è un evento forgiato per divertirci’.

Nel mondo è tutto il contrario : l’immaginazione più accesa non riuscirà

mai ad abbracciare tutta l’orribile realtà.

(Mariano José De Larra, Un condannato a morte, Colonnese ed.)

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UN REO DE MUERTEultima modifica: 2011-06-23T21:00:00+02:00da giuliano106
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