Precedenti capitoli del business:
Precedenti capitoli dell’infamia…:
storia universale dell’infamia: la ‘maffia’ (8)
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storia universale dell’infamia: un business che spara (6/10)
…..Negli Stati Uniti la mafia perde la sua caratterizzazione
regionale e si incrocia con altre forme di criminalità; si col-
lega a una problematica che è quella, nuova, dell’universo
multietnico, molto più che quella, residuale, della società
di partenza.
Gli anglosassoni scandalizzati per le resistenze all’omolo-
gazione culturale del ‘melting-pot’ sono i medesimi che raf-
forzano i collanti interni delle Little Italy, utilizzando come
mediatori i prominenti italo-americani che con il cosiddetto
padrone-system indirizzano gli immigrati verso il mercato
del lavoro, dell’abitazione, del credito; i quali della gestione
dei connazionali fanno una fruttuosa impresa.
Il crimine organizzato rappresenterebbe in questo caso una
variante del ‘bossism’ politico, affaristico o parasindacale.
Sin dagli anni venti, con approccio onestamente funziona-
lista, molti studiosi americani, spesso di origine italiana,
hanno lavorato su questi temi rilevando il legame tra il cri-
mine e le ‘macchine’ politico-clientelari delle grandi città,
uno dei pochi veicoli di integrazione e promozione sociale
disponibili per gli emigrati; funzione questa riconosciuta
già all’inizio del secolo con simpatica spudoratezza da uno
dei massimi dirigenti di Tammay Hall, l’organizzazione
elettorale democratica newyorkese.
Di tali ‘macchine’, a seconda delle fasi del ciclo migratorio,
sono protagonisti tedeschi, irlandesi, ebrei, italiani, gli stes-
si che si alternano alla testa del ‘crimine organizzato’, il
quale si configura come un tramite tra le istituzioni (poli-
zie locali, municipalità) e il sottomondo del gioco d’azzar-
do, della prostituzione, del contrabbando.
Come ha sottolineato Albini, la xnefobia anglosassone pre-
suppone che l”innocente, indifeso pubblico americano sia
vittima di malfattori stranieri che segretamente lo deruba-
no della sua verginità morale’.
Nella realtà richiedendo questi beni e servizi più o meno
illegali, la società americana esprime per suo conto germi
patogeni tali da valorizzare ogni tradizione criminale ‘im-
migrata’; ad esempio quella siciliana che qui come in pa-
tria ritrova il sistema triangolare comprendente classe po-
tica, polizia, delinquenza.
Solo dal 1901 al 1914 arrivano negli Stati Uniti più di ….
800.000 siciliani.
Mentre la Sicilia arriva in America attraverso i suoi uomi-
ni, in ogni piccolo paese della Sicilia l’America si presenta
col volto dell”agente di emigrazione’, il broker per eccellen-
za che paga i biglietti dei piroscafi e procura lavoro al di
là del mare.
Inizialmente andare in America vuol dire sparire, tanto che,
secondo l’autorevole testimonianza del brigante Bufalino
(1901), l’espressione ‘mandar(e) all’America, far(e) le carte
per l’America’ sta ironicamente per ‘ammazzare qualcuno’.
Però col tempo le due sponde sembrano avvicinarsi essendo
tra esse singolarmente diffusa l’emigrazione temporanea.
Partono, tornano e poi ripartono i poveri, gli avventurosi, i
perseguitati per ragioni politiche o per meno nobili motivi.
E’ ovvio che si ritrovino nel Nuovo Mondo pregiudicati, am-
moniti, latitanti provenienti dalla Sicilia, così come troviamo
in Sicilia mafiosi appena rimpatriati che provano a (re)inse-
rirsi negli equilibri locali ‘portando somme rilevanti di dena-
ro di sospetta provenienza’ e lasciandoci magari la pelle.
Le famiglie di mafia, come quelle naturali, si dividono e si
ricongiungono nell’intreccio di relazioni che attraversa nei
due sensi l’oceano.
(S. Lupo, Storia della mafia)