Il potere totalitario oppressore è il suo Dio (con lui anche ex nazisti);
il modello che egli ha dell’ordine è la simmetria delle croci in un cimitero.
In tale simmetria si incasella, lui stesso, senza discutere: non può immaginare
nulla di nuovo o di diverso.
Il nuovo e il diverso lo spaventano.
Devoto quanto un prete a sistemi già collaudati, divinizza i regolamenti e vi
obbedisce (anche nella ragione di stato contro i suoi fedeli amici) nel modo
in cui obbedisce ai banali canoni dell’eleganza: abito blu, camicia bianca,
cravatta blu.
Il vero inquisitore è un uomo lugubre.
Filosoficamente è il vero fascista assommato al nazista, privo di colore
che serve tutti i fascismi ( e ne diventa docile strumento), tutti i totalitarismi,
tutti i regimi purché servano a mettere gli uomini in fila come croci in un
cimitero.
Lo trovi ovunque vi sia un’ideologia, un principio assoluto, una dottrina
che proibisca all’individuo di essere se stesso.
L’inquisitore si dichiara idealista ma odia gli ideali.
Ha uffici in ogni contrada della Terra, capitoli in ogni volume di storia,
ieri serviva i tribunali dell’Inquisizione cattolica (a caccia di cani!) e del
terzo Reich, oggi serve la caccia alle streghe delle tirannie orientali e
occidentali, di destra e di sinistra.
Egli è eterno, onnipresente, immortale.
E mai umano.
Forse si innamora, all’occorrenza piange e soffre come noi, forse ha
un’anima.
Ma, se ce l’ha giace dentro una tomba così profonda che per disseppellirla
ci vorrebbe un bulldozer, o un trattore.
(Oriana Fallaci, Un Uomo, Rizzoli)