BILLIE HOLIDAY

billie holiday

 

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Avevano cominciato a chiamarla Lady le ragazze che lavoravano in

un locale di Harlem insieme a lei, allora all’inizio della sua carriera

di cantante e ancora adolescente: Lady perché si dava tante arie da

rifiutarsi di raccogliere le mance come si usava lì, e cioè alzando le

sottane e afferrando fra le cosce il biglietto di banca che il cliente

aveva messo sul bordo del tavolo.

 

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Anni dopo, Lester Young, che aveva un talento particolare per

escogitare soprannomi da affibiare agli amici, e che era affettuo-

samente legato a lei, ci aggiunse Day, per fare Lady Day, che so-

migliava a Holiday, e il nomignolo le restò addosso.

Ma non era affatto una Lady, né aveva mai preteso di esserlo.

 

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Era cresciuta come una piccola selvaggia nelle strade del quartiere

negro di Baltimora, dove era nata il 17 aprile 1915, e aveva conosciuto

troppo presto gli aspetti più squallidi dell’esistenza. Sua madre,

che l’aveva messa al mondo a tredici anni e le aveva imposto il

nome di Eleonora da aggiungere al suo cognome, Fagan, non era

certo in grado di impartirle un’educazione qualsiasi: era un’umile

donna di servizio che visse quasi sempre sola perché Clarence Holiday,

musicista di jazz, che l’aveva sposata tre anni dopo la nascita della

loro bambina, l’aveva abbandonata presto, e perché il suo secondo

marito la lasciò vedova dopo qualche anno.

 

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La piccola Nora (ma sua madre la chiamava Bill perché andava in

bicicletta e faceva a pugni come un maschio) dovette subito industriarsi

per guadagnare qualche centesimo: strofinava gli scalini dinanzi alle

porte delle abitazioni dei bianchi e faceva piccole commissioni.

Per queste pretendeva sempre un pagamento; faceva eccezione

Alice Dean, che gestiva un bordello a pochi passi da casa: a lei la

ragazzina chiedeva, in compenso per le commissioni che faceva,

di poter passare alcuni minuti in salotto in compagnia dei dischi

di Bessie Smith e di Louis Armstrong. 

 

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Era l’unico posto che conosceva in cui certa musica si potesse

ascoltare.

Aveva solo dieci anni quando fu violentata da un omaccione, un

inquilino della madre. Lui fu condannato a qualche anno di prigione;

lei, giudicata corrotta, fu rinchiusa in un riformatorio. Avrebbe 

dovuto restarvi fino alla maggiore età, ma vi trascorse solo alcuni

mesi: quanto bastò per rimanere traumatizzata per tutto il resto

della sua vita e per imparare quale fosse il mestiere che le avrebbe

potuto far guadagnare in fretta parecchi soldi.

Fu così che Eleonora Fagan divenne una prostituta adolescente, 

con una cameretta tutta per sé in una pensioncina di Harlem, in

cui la madre, ingenuamente, l’aveva collocata. Non aveva che 

quindici anni quando fu arrestata per esercizio della prostituzione

e nuovamente processata, e quindi mandata per quattro mesi

in un carcere femminile a Walfare Island, sull’East River.

 

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Quando uscì non si sentì di riprendere la professione che aveva

appena iniziato. Pensava di arrabattarsi in qualche modo, come

aveva fatto fin da quando era bambina; andò a finire che divenne

cantante, per caso. 

Un giorno, avendo disperatamente bisogno di denaro per sé

e per sua madre, non trovò di meglio che offrirsi come ballerina

al gestore di un locale di Harlem, il Pod’s & Jerry’s; bocciata, fu

invitata a cantare, e fu subito assunta. 

(A. Polillo, Jazz)

 



 

 

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BILLIE HOLIDAYultima modifica: 2012-08-04T00:00:00+02:00da giuliano106
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