IL PIONIERE (5)

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indiani

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Conversazione con M. Houston il 31 dicembre 1831.

 

 

La storia di quest’uomo è straordinaria.

Dopo una giovinezza tempestosa e inquieta, si era

stabilito nello stato del Tennessee.

Là le sue doti naturali e senza dubbio anche la sua

umile origine gli avevano procurato i suffragi del

popolo ed era stato eletto governatore dello Stato.

In quel periodo la sua famiglia dovette attraversa-

re numerose traversie.

Sembra che egli avesse da lamentarsi della condot-

ta della moglie, altri dicono che si comportava mol-

to male con lei.

La cosa certa è che abbandonò il Tennessee, attraver-

sò il Mississippi e si stabilì nel paese dei Creeks, nel

distretto dell’Arkansas.

Là fu adottato da uno dei capi del quale si dice sposò

una figlia. Da allora visse in zone desertiche, mezzo

europeo e mezzo selvaggio.

Lo incontrammo il 27 dicembre all’imbarco del White

River, dove ci eravamo fermati per lasciar scendere i

Chactaws. Cavalcava un superbo cavallo selvaggio

catturato nelle praterie che dividono il Messico dagli

Stati Uniti.

Questi immensi deserti sono abitati da numerosi bran-

chi di cavalli selvaggi che a volte vengono catturati da-

gli Spagnoli o dagli Indiani. Gli rivolgemmo molte do-

mande su questi ultimi.

 

indiani

 

 

 

D. GLI INDIANI HANNO UNA RELIGIONE?

R. Qualcuno di loro non crede all’immortalità dell’ani-

ma, ma generalmente credono all’esistenza di un Dio

che punisce o ricompensa in un altro mondo gli atti di

questa vita.

D. HANNO UN CULTO?

R. Tutte le mattine gli Osagi, che abitano alle frontiere

con il Messico, pregano al levar del sole. I Creeks non

hanno un culto, soltanto in tempi di grandi calamità o

quando stanno per iniziare qualche importante spedi-

zione si dedicano a qualche pratica di religione.

D. AVETE CONOSCIUTO SPESSO INDIANI DIVEN-

TATI CRISTIANI?

R. Pochi. Sono del parere che sia un grave errore man-

dare missionari con lo scopo di civilizzarli. Il cristiane-

simo è la religione di un popolo illuminato e intelligen-

te, è troppo al di sopra della mentalità di un popolo

qual è quello Indiano così poco progredito nella civil-

tà e così schiavo dei soli istinti materiali. A mio parere

si dovrebbe cominciare con il tentativo di strappare gli

Indiani alla vita errabonda, incoraggiandoli a coltivare

la terra. Al cambiamento avvenuto nella condizione so-

ciale seguirebbe naturalmente l’introduzione della reli-

gione cristiana. Ho notato che soltanto il cattolicesimo

riusciva a produrre un’impressione duratura sugli In-

diani colpendone i sensi e parlando all’immaginazione.

D. QUALE SPECIE DI GOVERNO AVETE VISTO ADOT-

TARE DAGLI INDIANI?

R. Generalmente un governo patriarcale. I capi sono ta-

li per diritto di nascita. Nelle tribù diventate più illumi-

nate a contatto con gli Europei si ricorre alle elezioni.

D. HANNO UNA GIUSTIZIA?

R. Nell’anima di ogni Indiano vi è un’idea profondamen-

te radicata che per molte tribù costituisce l’unico codice

penale: che il sangue deve essere lavato con il sangue: in

una parola, la legge del taglione. Se un uomo ha ucciso è

abbandonato alla vendetta dei parenti del morto ai quali

viene consegnato.

D. LA LEGGE DELLA COMPENSAZIONE ESISTE PRES-

SO LE TRIBU’ CHE AVETE CONOSCIUTE?

R. No, gli Indiani del Sud considererebbero un’infamia

accettare denaro quale prezzo della vita dei fratelli.

D. I METODI DI GIUSTIZIA DI CUI MI PARLATE SO-

NO MOLTO GROSSOLANI, MA SI APPLICANO DEL

RESTO SOLTANTO ALL’OMICIDIO. CHE ACCADE IN

CASO DI FURTO?

R. Il furto era completamente sconosciuto agli Indiani pri-

ma che gli Europei introducessero fra loro oggetti adatti a

risvegliarne la cupidigia. Da quel momento è stato neces-

sario promulgare leggi per proibire il furto. Presso i Cre-

eks che cominciano a civilizzarsi e hanno un codice pena-

le scritto, il furto è punito con le frustate. Sono i capi a pro-

nunciare la sentenza. Nello stesso modo è punito l’adulte-

rio della moglie, alla quale inoltre vengono tagliati naso e

orecchie. Ugualmente la legge dei Creeks punisce la formi-

cazione.

D. QUALE E’ LA CONDIZIONE DELLA DONNA PRES-

SO GLI INDIANI?

R. Una schiavitù totale. Le donne devono sottostare a tut-

ti i lavori più faticosi e vivono in uno stato di estrema de-

gradazione.

D. E’ LECITA LA POLIGAMIA?

R. Sì. Si possono avere tante mogli quante si è in grado di

mantenerne; anche il divorzio è permesso.

D. VI SEMBRA CHE GLI INDIANI ABBIANO UNA GRAN-

DE INTELLIGENZA INNATA?

R. Sì, credo che non siano inferiori a nessuna razza umana

riguardo a questo. Del resto sono anche convinto che la stes-

sa cosa accada per i negri. L’unica differenza che si nota fra

Indiani e negri mi sembra consista nella diversità dell’educa-

zione ricevuta. L’Indiano nasce libero e fruisce della libertà

fin dai primi passi della vita. Dal momento nel quale è in

grado di agire da solo viene lasciato a se stesso, l’autorità

paterna è inesistente per lui. Circondato da pericoli, incal-

zato dai bisogni, non potendo contare su nessuno deve con-

tinuamente mantenere l’intelligenza per trovare i mezzi di

prevenire gli inconvenienti e di difendere l’esistenza. Tale

necessità imposta all’Indiano conferisce alla sua intelligen-

za un grado di sviluppo e un’acutezza spesso ammirevoli.

Il negro comune è stato schiavo ancor prima di nascere, pri-

vo sia di soddisfazioni che di bisogni, inutile a se stesso; le

prime nozioni che percepisce sull’esistenza gli rivelano che

è di proprietà altrui, che la preoccupazione per il suo avve-

nire non aspetta a lui e che perfino la facoltà di pensare nel

suo caso è un dono inutile della provvidenza.

(Alexis De Tocqueville, Viaggio negli Stati Uniti)

 

 

 

 

 

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IL PIONIERE (5)ultima modifica: 2013-03-05T00:00:00+01:00da giuliano106
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