Da molti altri eventi ancora il decadimento si dimostrava.
Essi erano simili alla eruzione, che appare e scompare e ritorna; e vi
erano anche giorni sereni, nei quali tutto appariva come una volta.
La magistrale arte del Forestaro si dimostrava appunto nel somministrare
il terrore a piccole dosi, accresciute a poco a poco, allo scopo di produrre
una paralisi delle forze che gli si opponevano.
Egli assumeva la parte della forza ordinatrice, in questi torbidi, che assai
finemente tramava nei suoi boschi; e mentre i suoi agenti minori, entrati
a far parte delle leghe della Campagna, aiutavano il diffondersi dell’anarchia,
gli iniziati s’introducevano negli impieghi, nella magistratura e persino nel
clero, e vi erano stimati spiriti forti, capaci di dominare la plebaglia.
Così il Forestaro agiva al modo di un cattivo medico, che aggrava il male
per trarre dal malato gli sperati guadagni.
Fra i magistrati vi era senza dubbio chi vedeva chiaro nel gioco, ma non aveva
potere sufficiente a impedirlo.
La Marina aveva sempre assoldate truppe straniere, e queste avevano fatto buon
servizio ai tempi dell’ordine.
Ma quando la discordia giunse sino alla riviera, ogni fazione cercò di guadagnarsi
le soldatesche, e Biedenhorn, il loro capo, da un giorno all’altro assunse
importanza.
Egli non poteva esser disposto a mutare una situazione che gli era tanto
favorevole; e piuttosto cominciò a fare il difficile e distribuì le truppe
parcamente come un avaro che presti denaro a usura.
Egli si era asserragliato in una vecchia fortezza, la Bastia, assieme alle sue
truppe, e là viveva come un topo nel lardo.
Nel sotterraneo della grande torre aveva collocato una bevitoria, ov’egli
se la passava, banchettando al sicuro fra quelle mura.
Ai vetri colorati delle finestre si poteva scorgere dipinta la sua arma,
due corni con sopra di essi il motto: “BENVENUTO A TE. BEVI CON ME”.
(E. Junger, Sulle scogliere di marmo, Guanda)