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Van der Veer rifiuta di servire l’esercito (2) &
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Van der Veer rifiuta di servire non secondo il comandamento ‘Voi non
ucciderete’, non perché è cristiano, ma perché crede che l’omi-
cidio contrario alla ragione dell’uomo.
Egli scrive che odia ogni omicidio e a un tal punto che è divenuto
vegetariano per non farsi complice del massacro degli animali, e
soprattutto aggiunge che rifiuta di servire perché considera l’omi-
cidio per ordine, vale a dire l’obbligo di uccidere quelli che vi si
ordina di uccidere, come un atto incompatibile con la dignità u-
mana.
All’obiezione corrente: ‘Se voi non servite e altri imitano il vostro
esempio, l’ordine attuale sarà distrutto’, risponde che, precisamen-
te, egli non vuole mantenere l’ordine attuale, perché quest’ordine
dà ai ricchi il potere sul povero e questo non dev’essere.
Quantunque avesse egli avuto qualche dubbio sul carattere di
obbligazione o non al servizio militare, il solo pensiero che,
soldato egli diveniva per la violenza e la minaccia l’appoggio
del ricco oppressore contro il povero oppresso, avrebbe fatto
di lui un refrattario.
Se Van der Veer avesse dato, come motivo del suo rifiuto di
obbedienza, la sua qualità di membro di una delle confessioni
cristiane, gli uomini che debbono entrare al servizio avrebbero
potuto dire: ‘Io non sono di alcuna setta, non riconosco la reli-
gione cristiana, e per conseguenza, non mi credo tenuto ad agi-
re come lui’.
Ma le ragioni allegate da Van der Veer sono così semplici, così
chiare, così comuni a tutti, che è impossibile non farle proprie.
D’ora innanzi ogni uomo che non vorrà disconoscere per se stes-
so il carattere di obbligazione dovrà dire: ‘Io amo uccidere, sono
pronto a uccidere, non solo i miei nemici, ma pure i miei disgra-
ziati compatrioti oppressi, e non trovo niente di male nell’impe-
gno che prendo di uccidere, sull’ordine del primo venuto dei
miei capi, tutti quelli che quest’ordine indicherà di uccidere’.
La cosa è ben semplice.
Si è insegnato a un giovane qualunque, in qualunque luogo, in
qualunque famiglia, in qualunque confessione sia egli cresciuto,
che bisogna essere buoni, che è male battere o uccidere, non solo
i propri simili, ma pure gli animali, che l’uomo deve essere gelo-
so della sua dignità, e che la dignità consiste nell’agire secondo la
propria coscienza.
Questi principi di educazione sono dovunque gli stessi, fra i cine-
si discepoli di Confucio, come fra i giapponesi scintoisti o buddi-
sti, come fra i turchi mussulmani. Ed ecco che, tutto penetrato dall’-
insegnamento ricevuto, questo giovane entra nel servizio militare
dove si esige da lui proprio il contrario di quel che gli si è insegna-
to: gli si comanda di prepararsi a ferire e a uccidere non degli ani-
mali ma degli uomini; gli si comanda di sottomettersi per eseguire
quest’opera di morte, a degli estranei che non conosce che non ha
mai visti.
A simili ingiunzioni che può rispondere un giovane del nostro
tempo?
Evidentemente una sola cosa:
‘Io non voglio, no, io non voglio’.
E’ precisamente ciò che ha fatto Van der Veer!
(Lev Tolstoj, Una rondine fa primavera)