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Racconti della Domenica…
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I racconti della Domenica:
ovvero un Rampicante in casa (24)
Legato il cavallo ai primi alberi continuò a piedi un centinaio di metri
finché giunse al corso d’acqua.
Era largo venti piedi, senza corrente, a vederlo, fresco e attraente, ed
egli aveva una gran sete. Ma attese dietro la cortina del fogliame, gli
occhi fissi alla cortina sull’altra sponda. Per rendere sopportabile l’
attesa, si sedette per terra, con la carabina sulle ginocchia.
Passarono dieci minunti, e lentamente la tensione dei nervi si allontanò.
Alla fine decise che non vi era alcun pericolo; ma proprio nel momento
di aprire i rami e di chinarsi sull’acqua, un movimento dei rami dall’
altra parte, gli colpì l’occhio.
Poteva essere un uccello.
Attese.
Nuovamente i rami s’agitarono, e poi, improvvisamente, così che
quasi egli mandò un grido, i rami s’aprirono e apparve tra essi un
volto.
Un volto coperto da una barba color zafferano, non rasata da
settimane. Gli occhi erano turchini e molto discosti l’uno dall’altro,
tra rughe di riso agli angoli, appariscenti nonostante l’espressione
di stanchezza e di ansia di tutto il volto.
Egli poteva vedere tutto questo con microscopica chiarezza, poiché
la distanza non era di più di venti piedi. E tutto questo egli vide in
così breve tempo che appena poté portare la carabina alla spalla.
Mirò, pur sapendo che quell’uomo era come morto, perché era
impossibile sbagliare un bersaglio così da vicino.
Ma non sparò.
Lentamente abbassò la carabina e rimase a guardare.
Apparve una mano che stringeva una bottiglia, e la barba color
zafferano si piegò in avanti come ad accompagnare l’atto di riempire
la bottiglia.
Poteva udire il gorgoglio dell’acqua.
Il braccio, la bottiglia e la barba color zafferano sparvero poi dietro i
rami. Egli attese a lungo e, alla fine, con la sete insoddisfatta, ritornò
cautamente al cavallo, attraversò lentamente la spianata battuta dal
sole ed entrò nell’ombra del bosco.
Un altro giorno caldo e afoso.
Una grande casa colonica deserta, con molti fabbricati adiacenti e
un brolo, nel mezzo una spianata. Dal bosco, su un cavallo roano,
la carabina attraverso la sella, venne il giovane dai nobili occhi neri.
Egli respirò con sollievo quando fu alla casa.
Apparivano chiare le tracce di un combattimento avvenuto al principio
della stagione. Cartucce vuote, macchiate di verderame, giacevano
al suolo, bagnato, sconvolto dagli zoccoli dei cavalli. Vicino all’orto
vi erano delle tombe segnalate da quattro pali agli angoli e numerate.
Dalla quercia, presso la porta, della cucina, in abiti stracciati, battuti
dalle intemperie penzolavano i cadaveri di due uomini.
I volti erano aggrinziti e sfigurati e non somigliavano più a volti
umani. Il cavallo roano sbuffò sotto di essi, e il giovane l’accarezzò
e tranquillò legandolo più lontano.
Entrato in casa, trovò tutto in rovina.
Camminò su cartucce vuote passando da una stanza all’altra per
spiare dalle finestre. Uomini s’erano accampati da per tutto; sul
pavimento di una stanza osservò delle macchie che non lasciavano
dubbio: lì avevano adagiato un ferito.
Tornato fuori, condusse il cavallo dietro la stalla e entrò nel brolo.
Una dozzina d’alberi erano carichi di mele.
Egli se ne riempì le tasche, mangiandone mentre le raccoglieva.
Poi gli venne un’idea, e guardò il sole, calcolando il tempo per
ritornare al suo accampamento. Si tolse la camicia, ne legò le
maniche, facendo un sacco, e incominciò a riempirlo di mele.
Al momento di risalire a cavallo, l’animale improvvisamente
drizzò le orecchie. L’uomo pure, ascoltò e udì, debole, un
rumore di zoccoli di cavallo su terreno molle.
(J. London, Guerra)