Precedenti capitoli:
Le vie dei canti: ‘tutto si capovolge, sai?’ (5)
Prosegue in:
Le vie dei canti: i coloni (6)
Foto del blog:
Da:
Seduto sulla veranda della sua modesta casa su una collina
sopra Wyndham, Reg Birch guardò verso l’Universo, gli occhi
messi a fuoco sul Tempo del Sogno.
Dietro di lui sul muro esterno della casa, fatto di fogli di lamiera
ondulata, c’era un dipinto realistico, molto ben realizzato, di una
donna aborigena che sbircia da dietro le tende di una finestra.
In lontananza, mentre stavamo salendo per la strada, sembrava
che qualcuno fosse in piedi alla finestra.
Reg sorrise e spiegò: ‘Ho dipinto un ingresso lì, proprio sul muro
frontale della casa: una porta aperta con un uomo in piedi che
guarda fuori. In effetti, una immagine di me stesso. Visto da lag-
giù dalla strada principale, sembra vero. Fa in modo che i bambi-
ni e gli estranei non vengano quassù a ficcare il naso dappertut-
to quando non sono in casa, sai.
Ogni tanto rifaccio il dipinto così per mantenerli nel dubbio’.
Reg sembrava una persona diversa quassù, lontano dai pallidi
confini del suo ufficio di funzionario a Kununurra. Si era verificata
una sottile trasformazione. In qualche modo sembrava fisicamen-
te più grande, più a suo agio e meno formale, e certamente più fe-
lice, addirittura sereno.
Una rozza camicia grigia da lavoro e dei pantaloni sciupati aveva-
no preso il posto della ordinata ‘divisa’ dell’impiegato statale di ieri.
E i suoi piedi erano beatamente nudi. In grembo teneva amorevol-
mente una chitarra, che strimpellava senza pensare mentre sten-
deva appunti con una matita su un grosso notes al rotondo tavolo
bianco in plastica davanti a lui.
‘Stai scrivendo una canzone, Reg?’, chiese Mike mentre ci avvici-
navamo. ‘No, no… sto solo cercando le parole di una canzone che
ho scritto alcuni anni fa. Ho provato a cantarla ieri sera, e mi sono
accorto che avevo dimenticato alcune strofe. Perciò la sto scri-
vendo giù per intero. Mi sta ritornando in mente’, disse. ‘Solo oc-
corre sforzarsi mentalmente un po’ di più dopo tutti questi anni’.
‘Belli gli accordi che stai suonando. Che canzone è, Reg?’.
‘Oh, solo qualcosa che ho scritto per un concorso locale di qual-
che anno fa. Era una rassegna riguardante il fiume Ord, e tutte le
canzoni in gara dovevano essere intitolate ‘Canzone dell’Ord’.
Il vero scopo era celebrare il fiume, quanto è bello eccetera.
Una specie di trovata pubblicitaria per i turisti, sai?
Ma io volevo scrivere ciò che era il vero problema dell’Ord – alme-
no come io lo vedo – cioè il modo in cui noi l’abbiamo quasi distrut-
to.
Così ho intitolato la mia ‘La vera canzone dell’Ord’.
‘Potresti cantarne alcuni brani, Reg?’.
‘Ho una voce terribile’, disse scusandosi, appoggiando le dita sul col-
lo. ‘Mi sono ferito alla gola anni fa mentre ero a caccia di coccodrilli…’.
Che cosa hanno fatto al nostro fiume,
Caro portatore di vita su questa terra?
Una volta così maestoso e terrificante,
Ora strozzato, congestionato, e disonorato.
Dovremmo essere condannati e seppelliti
Per aver manomesso la Terra di Dio…
Dacci una possibilità di recuperarti.
Non sei escluso dalla rinascita.
(H. Arden, Custodi del sogno)