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Dialoghi con Pietro Autier 2 &
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Le luci vengono abbassate fino al punto che rimane soltanto
un lieve chiarore.
Poi aprono una tenda, rivelando un fondale su cui, gradual-
mente, si comincia a distinguere il Taj Mahal. Il tessuto del
fondale di velluto blu scuro o nero, e le gemme incastonate
che brillano formano una copia perfetta del Taj Mahal.
L’orchestra è andata avanti così bene, con Billy Strayhorn
al pianoforte, che sembra non abbia affatto bisogno di me,
poveraccio che non sono altro.
Il quotidiano ‘Indian Express’ del 7 ottobre, ad esempio, ha
intitolato: ‘Gli Ellingtoniani sconvolgono Madras’.
“Tutta la musica è un canto di lode al Signore. Il jazz, che
certa gente non capisce o non vuole capire, il vero jazz di
ascendenze spirituali, è davvero il salmo musicale per il
tormento dell’uomo del ventesimo secolo, attraverso il
brontolio tigresco della tromba e il suono di latte e miele
del sax.
Duke Ellington a Delhi, eppure nessuno era presente, fisi-
camente e spiritualmente, come il vecchio maestro, quan-
do la band ha dato la sua prima prova di fronte a una sa-
la gremita di gente, all’Accademia Musicale di Madras.
Gli Ellingtoniani hanno suonato con sconvolgente … fre-
schezza esistenziale, profondità autentica, e un’unità ine-
stricabile delle diverse identità musicali.
Hanno suonato per un pubblico innamorato.
La performance di Madras è stata un trionfo per la band,
per la sua armonia ad alto voltaggio, e un alleluia dalla
forza surreale; non solo il magico tantra degli assolo di
tromba di Cootie Williams, o il voodoo della batteria di
Sam Woodyard, anche se a lui manca ancora molto per
essere all’altezza di Buddy Rich.
E’ stato un trionfo per ognuno dei musicisti, nessuno me-
no importante dell’altro.
I momenti dello spettacolo una ‘simmetria incredibile di
suoni mai visti’: Suoni che si levavano come bolle in un bic-
chiere di champagne quando Johnny Hodges ha suonato
il sax alto con le sue formicolanti sollecitazioni. Un furo-
re di selvaggia baraonda ritmica ha ornato il palco come
un bagliore di lucciole dalla tromba di Rolf Ericson, e dal
baritono grizzly della tromba di Cootie Williams.
Un sax brillava nel buio come una sigaretta.
Una tenera, magica melodia lascivamente sospesa come
un bacio d’addio, la magia di Billy Strayhorn al pianofor-
te. Una furia di fuochi d’artificio di Deepavali nel ritmo
rauco e cool di di Russell Procope e Cat Anderson.
Come se tutte le anime del cielo fossero scesi in quel pic-
colo quadrato di terra…
L’orchestra di Duke Ellington ha suonato la poesia jazz…
per chi c’era e per chi non c’era……
Si pensa ad una replica del concerto in una vasta area
all’aperto…sempre che l’organizzazione riesca nell’inten-
to……”.
Passati quei magici momenti di gloria, cominciamo a ce-
nare in camera.
Ho appena detto la preghiera quando suona il telefono.
Uno dei funzionari del Dipartimento di Stato è giù e di-
ce che mi deve parlare subito. Gli dico di salire, e quan-
do entra, esclama:
‘…Il presidente è stato assassinato….’
(D. Ellington, L’autobiografia)