UN CASO DI PAZZIA

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Da: pietroautier.myblog.it

 

un caso di pazzia

 

 

….Dal giorno in cui Danco morì la nostra esistenza si fece più cupa.

Sembrava che la morte, questa morte che ci aveva da così poco tempo

visitati, avesse lasciato ovunque traccia del suo malaugurato passaggio,

gettando a bordo come la sementa di una pianta perniciosa.

In un certo qual modo diminuì la nostra vitalità; ci sentimmo tutti

pervarsi da un tenue languore; ed in ciascuno di noi il medico ebbe

anche a constatare la decolorazione delle mucose e l’acceleramento

del polso divenuto irregolare e irrequieto. 

un caso di pazzia

Accadeva che pur dopo il minimo sforzo fisico, o dopo una semplice

escursione, di una mezz’ora appena, il polso giungeva ad avere 130

e anche 140 pulsazioni e non pochi di noi cominciarono a soffrir di

vertigini.

Qualsiasi lavoro intellettuale, per poco che lo si fosse prolungato,

diveniva impossibile il seguitarlo, ed il nostro sonno era interrotto

da lunghe veglie morbose quando non veniva agitato dal tormentoso

incubo. 

un caso di pazzia

Così, ci mancavano nell’un tempo le due sole cose che avrebbero

potuto darci conforto e cioè la distrazione e il riposo.

Ben presto il nostro colorito prese una tinta giallo-verdastra; i nostri

organi di secrezione funzionavano male ed inquietanti sintomi di

affezioni cardiache e cerebrali cominciarono a manifestarsi…

Uno dei marinai, difatti, fu assalito da convulsioni isteriche sì forti,

che ebbe a mancargli – per qualche giorno – l’udito e la parola, e fu

soltanto il ritorno del sole che lo salvò da una quasi certa pazzia. 

un caso di pazzia

Per un altro degli uomini, un novegiano, le conseguenze di un

inverno antartico, dovevano essere ancorar più gravi.

Questo marinaio, intelligentissimo, dato il suo vivo interesse ai

lavori del laboratorio scientifico, vi era assai sovente addetto

quale aiutante per lo scuoiamento e la imbalsamazione sommaria

di alcuni animali. Un bel giorno, senza ragione, dichiarò che lo si

adibiva ad un lavoro indegno di lui, rifiutandosi così, ostinatamente,

da quel momento di continuarlo.

un caso di pazzia

Ci ritornarono alla memoria, allora, alcuni altri piccoli incidenti che

ci avevano, per il passato, sorpresi e, al dottore non fu cosa difficile

il dimostrare che il povero giovane era stato colpito dalla mania di

grandezza.

Questa sua follia che rimase sempre mite assunse, nondimeno,

a’nostri occhi un carattere di maggiore inquietudine allorquando

dichiarò che i suoi compagni attentavano alla sua esistenza che non

sentivasi più al sicuro presso di loro. 

un caso di pazzia

Perseguitato da questa idea fissa disertò la sua branda e addormentavasi

in un angolo remoto del falso ponte. Da quel giorno il povero marinaio

divenne oggetto di una ininterrotta sorveglianza, poiché temevano il

verificarsi di qualche personale accidente o che la sua pazzia divenisse,

ad un tratto, furiosa.

Serie inquietudini, infine, ci diede anche il povereo Van Rysselberghe,

colpito da attacchi cardiaci; e, benché non abbia mai avuto occasione di

tenere il letto, pure, il suo stato richiese le più grandi precauzioni.

Ogni giorno prendeva, a schiena nuda, un bagno di calore presso la

stufa della piccola sala.

Riguardo agli ufficiali, non uno poté sottrarsi alla malattia.

Arctowski e Racovitza soffrivano orribilmente di mal di stomaco; 

Leiconte fu in pericolo vari giorni ed io stesso ebbi a soffrire ben

seriamente. Ci fu un momento in cui il dottore si credette in dovere

di dirmi che egli aveva osservato nel mio stato alcuni sintomi che in

generale non ingannano e per i quali mi riteneva colpito dallo scorbuto.

Da tutto ciò, vedesi, come l’ufficio di medico, a bordo, non fosse 

certo una sinecura…

Il Cook, che aveva acquistate grandi esperienze in una spedizione

artica condotta dal luogotenente Peary, trovò in mezzo a noi numerose

occasioni di dar prova di una abnegazione che non ebbe a smentirsi

giammai.

Ma le cause dell’infelice stato della nostra salute non erano soltanto 

la oscurità prolungata, l’isolamento, il freddo e, più ancora del freddo, 

la continua umidità; ma erano anche prodotte dall’uso costante ed 

esclusivo, abuso quasi, al quale ervamo obbligati, delle conserve 

alimentari; quantunque esse fossero eccellenti, quest’uso, anzi dirò

quest’abuso, avevano determinato in ciascuno di noi una vera e propria

atonia intestinale estremamente dannosa.

(De Gerlache, Il viaggio della ‘Belgica’ al Polo Sud)

 

 

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UN CASO DI PAZZIAultima modifica: 2011-06-03T19:00:00+02:00da giuliano106
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