Il 1° dicembre 1955 la signora Rosa Parks rifiutò di cambiare posto quando il
conducente dell’autobus le disse di alzarsi e spostarsi in fondo alla vettura.
La signora Parks occupava il primo sedile del settore non sottoposto a
restrizione. Tutti i posti a sedere erano occupati; se la signora Parks avesse
obbedito al conducente sarebbe dovuta rimanere in piedi, lasciando il posto a
un passeggero bianco di sesso maschile, che era appena salito. Con un
atteggiamento calmo, sommesso e dignitoso, caratteristico della sua splendida
personalità, la signora Parks rifiutò di muoversi.
La conseguenza fu l’arresto.
Chi vuole capire il gesto della signora Parks deve rendersi conto che arriva il giorno
in cui il calice della sopportazione trabocca, e la persona umana esplode in un grido:
“Non posso più sopportarlo”.
Agli occhi del mondo, il rifiuto da parte della signora Parks di spostarsi i fondo all’
autobus ha rappresentato l’intrepida e coraggiosa dichiarazione di averne avuto
abbastanza.
La signora Parks era la vittima delle forze della storia e delle forze del destino:
per il ruolo che le assegnava la storia era il personaggio ideale, aveva reputazione
immacolata e una innata dedizione al dovere. Tutti elementi che facevano di lei
una delle persone più rispettate nella comunità dei cittadini negri di Montgomery.
Il processo a suo carico era fissato per il 5 dicembre, un lunedì.
Soltanto E.D. Nixon – che aveva firmato la cauzione per lei – e un paio di altre
persone avevano saputo dell’arresto, che era avvenuto nelle prime ore serali
del giovedì. Nixon era sempre stato nemico giurato dell’ingiustizia.
Bastava guardarlo in faccia, alto, scuro di pelle, i capelli un po’ grigi, per capire
che era un lottatore. Poiché lavorava come addetto alle carrozze pulmann dei
treni, era a stretto contatto con le organizzazioni sindacali; era stato presidente
della NAACP dell’Alabama e anche presidente della Sezione di Montgomery:
in tutte queste situazioni si era sempre adoperato con impavida determinazione
per assicurare i diritti del suo popolo, e per scuotere i negri dall’apatia.
Il 2 dicembre, il venerdì mattina presto, Nixon mi chiamò.
Era così concentrato in quel che stava per dire da dimenticare di salutarmi con
il solito ‘pronto’: invece attaccò subito il racconto di quel che che la sera prima
era accaduto alla signora Parks. Ascoltai, profondamente scosso, la sua descrizione
dell’umiliante episodio.
“Abbiamo già sopportato troppo a lungo questo genere di cose” concluse Nixon,
e la voce gli tremava. “Ho la sensazione che sia arrivato il momento di boicottare
gli autobus. Soltanto con il boicottaggio possiamo far capire ai bianchi che non
accetteremo più di essere trattati in questo modo”.
Fui d’accordo con lui, una protesta era necessaria, e il metodo del boicotaggio
sarebbe stato efficace.
Prima di chiamarmi, Nixon aveva parlato del progetto con il reverendo Ralph Abernathy,
il giovane ministro della Prima chiesa battista di Montgomery, destinato a diventare
uno dei personaggi centrali della protesta. Anche secondo Abernathy il boicottaggio
degli autobus poteva essere il partito migliore. Perciò tutti e tre passammo trenta o
quaranta minuti a telefonarci per concordare il modo di procedere e la strategia.
Nixon propose di convocare tutti i ministri e i cittadini in vista quella stessa sera, in
modo da sentire le loro opinioni sul progetto, e io misi a disposizione la chiesa per
l’assemblea. Mentre si avvicinava l’ora dell’incontro, mi avviai verso la chiesa con
una certa apprensione, chiedendomi quanti esponenti del movimento avrebbero
risposto alla nostra convocazione. Più di quaranta persone, rappresentanti di
tutte le professioni e i mestieri della popolazione negra di Montgomery, affollavano
l’ampia sala riunioni della chiesa. I più numerosi erano i ministri delle chiese
cristiane. Quando vidi che erano presenti in così gran numero provai una grande
gioia, perché capii che stava per succedere un evento fuori dell’ordinario.
Il reverendo L.Roy Bennett, presidente della Interdenominational Alliance di
Montgomery e ministro della chiesa americana metodista episcopaliana
del Monte Sion, avanzò la proposta che, in segno di protesta, il lunedì
successivo i cittadini negri di Montgomery boicottassero gli autobus.
“Questo è il momento di muoverci” concluse Bennett.
“Non è tempo di parlare; è tempo di agire”.
(M.L. King, I have a dream)
Da http://giulianolazzari.splinder.com