Da http://giulianolazzari.myblog.it
Un presupposto dello scatenarsi della violenza è la capacità
di immaginazione.
E’ la fantasia che porta l’uomo fuori dalla sfera di influenza
delle sue esperienze.
Lo esonera dalle sue condizioni di vita e lo libera dalle solite
abitudini.
Gli permette di diventare qualcun’altro.
La fantasia non è legata al vissuto o al reale e non è sottoposta
a inibizioni.
Non ci sono limiti che gli uomini non possono pensare di superare.
La violenza immaginata è libera, la si può pensare senza pericoli,
e per questo stimola l’azione. Infatti, una volta aperta la prospettiva
attraente di superare il limite, il primo passo a volte è breve.
Forse all’inizio si sperimenta ancora con esitazione, un tira e molla di
tentativo ed errore. Ma se l’occasione è propizia, è lo stesso primo atto
ad aprire la strada a ulteriori fantasie e atti.
L’immaginazione è senza limiti e ossessiva, inventa nuove pratiche,
sperimenta nuove perturbazioni mentali.
La capacità di immaginazione non è solita limitarsi all’uccisione, il
culmine di tutta la violenza (prima di essa vi è la tortura).
E’ l’immaginazione, una facoltà del tutto umana, che mette al mondo
nuove forme di violenza e fa sì che la storia della violenza continui.
I motivi della violenza sono molteplici.
E’ illusorio credere che chi compie atti di violenza sia sempre mosso dall’
aggressività.
La natura e le proposizioni di alcune atrocità portano a supporre che chi le
ha compiute debba essere stato spinto da un fortissimo fanatismo o da
impulsi molto intensi.
Già la pura logica contraddice questa intuizione.
Gli uomini possono manifestare comportamenti molto diversi per
gli stessi motivi. E viceversa possono fare la stessa cosa per motivi
molto diversi.
Tra l’atto e il motivo non c’è un rapporto di necessità.
La violenza può essere legata al compiacimento e alla voglia di arbitrio,
alla rabbia cieca o al disgusto, al senso del dovere o al bisogno di
farsi notare, alla brama di APPROVAZIONE ed al successo conseguente,
al sangue freddo o all’assuefazione sorda e senza motivo.
In altre parole: per quanto riguarda i loro stati d’animo,
coloro che compiono atti di violenza non sono tutti uguali.
Inoltre è una caratteristica dell’uomo la capacità di variazione
di sé.
Soltanto l’uomo è in grado di compiere le peggiori atrocità, la
Natura assiste inerme ed impietrita.
Poiché è per sua costituzione aperto è anche pericoloso.
Nella maggior parte dei casi la violenza è un processo di
trasformazione sociale.
Il compito prioritario di uno studio sulla violenza quindi non è
l’individuazione di cause presumibili, bensì la descrizione analitica del
processo stesso della violenza.
(W. Sofsky, Il paradiso della crudeltà, Einaudi)