VIAGGI IN ALTRI MONDI: IL JAZZ (Gerry Mulligan) (7)

Precedente capitolo

http://dialoghiconpietroautier.myblog.it/archive/2010/12/11/viaggi-in-altri-mondi-il-jazz-gerry-mulligan-6.html

 

Il disco, che costò all’editore ben 50.000 dollari, non valse tuttavia a riportarlo

sulla cresta dell’onda, come era nelle sue speranze, e non lo aiutò molto neppure

la sua, pur abbastanza intensa, attività svolta dopo di allora alla testa di complessi

di medie dimensioni: sestetti o ottetti, per lo più.

“Se non hai un gruppo fisso, che suoni tutte le sere, la gente e i produttori di

dischi non si accorgono neppure che esisti”.

Si lamenta Mulligan, “quanto a quel disco, ‘The Age of Steam’, lo sbaglio della

A & M è stato di presentarlo come un album jazz. Ma allora erano tutti pieni

di ottimismo a proposito di una resurrezione del jazz”.

E aggiunge con un po’ di amarezza:”Del resto io non ho mai saputo far bene i

miei affari”.

Prescindendo da qualche incisione con Dave Brubeck, sono dovuti passare più

di tre anni prima che il sassofonista si assumesse nuovamente la capacità e

paternità – sia pure condivisa con un altro – di un microsolco. Per inciderlo,

nell’autunno del 1974 venne addirittura a Milano, dove si incontrò col compositore

argentino Astor Piazzolla – che aveva conosciuo, e subito apprezzato, attraverso

dei dischi – per registrare con lui una serie di tanghi, in gran parte composti e

tutti orchestrati dallo stesso Piazzolla: musiche sontuose e molto originali,

a cui Mulligan aggiunse una lieve coloritura jazzistica.

mulligan.jpg

E forse altre cose importanti accadranno per lui nel prossimo futuro: la voglia

di fare non gli manca di sicuro.

Il bilancio del suo apporto al mondo del jazz, tuttavia, si può già fare, ed

è molto positivo. Benché si tratti di un eccellente e personalissimo strumentista –

è certamente il miglior baritonsassofonista che il jazz abbia espresso, assieme

a Harry Carney -, merita considerazione soprattutto come compositore e

arrangiatore, come capo di complessi di grandi o piccole dimensioni e più in

generale come musicista: un musicista che riesce a far prevalere le proprie

concezioni anche nelle partiture commissionate da altri.

Forse anche per questo i numerosi bei temi scritti da lui sono rimasti quasi

esclusivamente nel repertorio dei suoi complessi. Di alcuni dei più conosciuti

si è già fatto cenno. Se ne possono aggiungere altri, eseguiti infinite volte

dai suoi complessi e registrati quasi tutti in più versioni: ‘Bweebida Bobbida’,

‘Westwood walk’, ‘Turnstile’, ‘Motel’, ‘Utter chaos’, ‘A ballad’, ‘Demanton’, e

il più recente ‘Unfinished woman’.

Non esistono praticamente suoi figli spirituali fra i baritonsassofonisti, ma

non sono mancati coloro che si sono rifatti alle sue concezioni orchestrali e

più in generale musicali. gran parte del jazz bianco prodotto verso la metà

degli anni 50, infatti, fu fortemente influenzato dalla musica dei suoi primi

complessi: il cosiddetto ‘West Coast jazz’ sarebbe stato probabilmente molto

diverso se Mulligan non avesse affascinato, col quartetto e con le incisioni del

‘tentette’ per la Capitol, gli ex alunni di Stan Kenton da poco insediatisi a Los

Angeles.

(A. Polillo, Jazz)

vedi anche

mulligan

Da pietroautier.myblog.it

www.giulianolazzari.com

giulianolazzari.myblog.it

lazzari.myblog.it

mulliganpiazzolla.jpg

 

 

 

 

VIAGGI IN ALTRI MONDI: IL JAZZ (Gerry Mulligan) (7)ultima modifica: 2010-12-18T20:00:00+01:00da giuliano106
Reposta per primo quest’articolo