Nel 1863 (circa, nel giovane stato americano…) nel regno del denaro
e delle banche era in atto una rivoluzione non meno sconvolgente
dell’emancipazione.
Nei decenni che avevano preceduto l’attacco a Fort Sumter, la funzione
più importante di un istituto di credito era in genere emettere carta moneta.
Normalmente costituiva un fondo di riserva di monete d’oro, poi concedeva
prestiti emettendo la propria carta moneta.
La gente usava per i normali pagamenti queste banconote stampate
privatamente, sulla base del fatto che potevano essere cambiate in oro
presso la banca emittente. Un istituto ben gestito metteva in circolazione
carta per una somma equivalente al massimo a due o tre volte le sue
riserve monetarie.
Questo era almeno l’ideale.
In realtà molti istituti spericolati – definiti ‘banche a rischio’ emettevano
banconote per un valore molto superiore alle loro riserve (sempre che
ne avessero), e spesso fallivano!
Se invece la situazione era normale le banconote venivano scontate da
chi le accettava come pagamento, in base alla reputazione e alla distanza
della banca emittente, dato che la possibilità di cambiare i biglietti in
metallo dipendeva appunto da questi due fattori.
‘Un uomo non poteva viaggiare da uno stato all’altro’ lamentava il
‘St. Louis Democrat’ senza subire una decurtazione che va dal 5 al 25%
del suo denaro. La contraffazione imperversava: nel 1860 si calcolava
che circolassero 5000 varietà di banconote false.
Questo sistema confuso e incoerente crollò definitivamente nel 1861.
Allo scoppio della guerra, gli americani allarmati corsero a cambiare
le banconote in oro, proprio mentre il governo federale attingeva
denaro liquido dalle banche per i prestiti di guerra.
Da Manhattan al Missouri rurale, le banche smisero improvvisamente
di riscattare le loro banconote. ‘Non esiste una moneta d’oro o d’
argento in circolazione nel paese’, osservò il senatore John Sherman.
‘Sono tutte ben nascoste’.
La gente si ritrovava in mano fasci di banconote quasi senza valore,
mentre il governo statunitense non poteva più vendere obbligazioni
alle banche per finanziare lo sforzo bellico. In un modo o nell’altro il
Congresso doveva intervenire. Dichiarò Sherman:
– Occorrono soldi o avremo un governo spaccato.
La risposta federale alla crisi cambiò per sempre la faccia dell’economia
americana. Innanzitutto il Congresso creò una moneta cartacea nazionale,
soprannominata immediatamente greenback, ‘biglietto verde’.
A differenza delle banconote private, il greenback era valuta legale –
era obbligatorio accetarlo come pagamento in tutte le transazioni pubbliche
e private – e, a differenza di tutti gli altri tipi di carta moneta della
storia americana non poteva essere cambiato in oro. Era denaro non
perché rappresentasse un bene con un suo valore intrinseco, ma perché
lo stabiliva la legge. Poi il Congresso istituì un sistema di banche
nazionali dotate di statuti federali. Questo provvedimento doveva
servire sia a stabilizzare la struttura finanziaria del paese, sia a creare
un mercato per le obbligazioni nazionali.
Per spingere le banche degli stati a entrare in questo sistema il Congresso
impose una pesantissima tassa del 10% sulle loro banconote.
Di consenguenza le banche nazionali potevano permettersi di emettere
carta moneta , che era standardizzata.
Le nuove banconote nazionali recavano stampato il nome della banca
emittente e potevano essere cambiate solo in greenbacks, non in oro.
Alla fine del 1865 quasi 1000 banche statali si erano trasformate in
banche nazionali.
(T.J. Stiles, Jesse James, storia del bandito ribelle)
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