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il fagiolo nell’antichità se
Ateneo lo citava, insieme
con la fava e il fico secco,
come alimento degno degli
Spartani e Virgilio nelle
Georgiche lo definiva
‘vile’, cioè comune, poco
pregiato. Tuttavia Galeno
ne sottolineava le proprietà
nutritive, pur avvertendo che
non era facilmente digeribile.
Apicio a sua volta offriva
tre ricette per cucinare i
fagioli: la prima li voleva
lessi e conditi col sale,
poco vino puro, cumino
fritti in salsa acida di vino e
insaporiti di pepe; la terza
prescriveva di lessarli;
‘poi, grani e gusci insieme,
si apprestano per salumi,
acconci in tegame con finocchio
verde, pepe, savore e un po’
di sapa; o anche semplicemente
senza salumi’. Si trattava del
fagiolo dell’occhio, piccolo e
contraddistinto dalla tipica macchia
scura, come un minuscolo occhio
disegnato sulla superficie del seme.
Chiamato dai Greci ‘phàselos’ e
tradotto nel latino ‘phaseolus’, venne
classificato nel 700 in due generi:
Dolichos, dal greco
‘dolchos’, ovvero
‘lungo’, per la forma
del frutto, e Vigna,
nome ispirato al
botanico pisano
Vigni.
Come tutti i
legumi, anche
il fagiolo era
considerato un
cibo associato al
ciclo perenne della
natura, al succedersi di vita e morte, e dunque impuro, tant’è vero che il Diale,
il sacerdote di Giove, non poteva cibarsene. Per questo motivo nella Roma si
estraeva un fagiolo per designare il re dei Saturnali, colui che regnava su quei
giorni carnascialeschi di caos rituale, di rovesciamento dei ruoli, di ‘con-fusione’
fra vita e morte, che segnavano la fine del vecchio anno preludendo al nuovo.
Una volta i fagioli comparivano come segnalatori anche nel gioco natalizio della
tombola, svago rituale che accompagna ancora oggi in qualche famiglia il
passaggio fra vecchio e nuovo anno. E’ un eco sbiadito dei giochi d’azzardo dei
Saturnali, in stretta connessione con la funzione rinnovatrice di Saturno,
il quale distribuiva le sorti agli uomini per il nuovo ciclo calendariale. Si diceva
che la fortuna del giocatore non fosse legata al caso, ma al volere della divinità.
Anche nel delta del Tonchino i fagioli appaiono nelle cerimonie del Capodanno,
annamita, quando si offrono sugli altari i dolci ‘bahntrung’, confezionati con riso,
carne di maiale e questi legumi.
Un eco delle credenze e degli usi che collegano il fagiolo al mondo del rinnovamento
naturale, alla ‘con-fusione’ di morti e vivi, al riaffiorare di forze infere, si ritrovava
fino a qualche decennio fa nelle campagne, quando si raccomandava ai bimbi di
non giocare o attardarsi nei campi di fagioli perché poteva apparir loro il demonio.
(Florario, Miti, leggende e simboli di fiori e piante)
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