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Circa due mesi prima dell’assassinio di Sir Danvers, ero stato fuori
per una delle mie avventure ed ero rincasato molto tardi.
Il giorno dopo mi svegliai nel mio letto con un senso di curiosa
estraneità. Ma invano mi guardai intorno, invano considerai il
mobilio elegante e le proporzioni della mia stanza, con le sue alte
finestre sulla piazza; invano riconobbi i cortinaggi e il mogano
del mio letto a colonne: qualcosa insisteva a farmi pensare che
non fossi dov’ero, che non mi fossi risvegliato nel luogo dove
sembrava che mi trovassi, ma nella stanzetta dove dormivo di
solito quando ero nella pelle di Hyde.
Quella specie di illusione era così strana che pur sorridendone,
e ricadendo a tratti nel confortevole dormiveglia del mattino, mi
misi a studiarla col mio solito interesse per ogni fenomeno
psicologico (così bella, spoglia, nuda nei suoi primordiali istinti,
venere spoglia schizzo della mente da me sempre desiderata, ora
qui senza freni della fragile psiche, solo Hyde conosce i tuoi più
segreti desideri…).
Ma ero ancora lì che analizzavo come sempre, quando per caso,
in un lucido intervallo di veglia, lo sguardo cadde su una delle
mie mani.
Ora, le mani di Henry Jekyll erano tipiche mani di medico, grandi,
chiare e ben fatte, le mani del buon Jekyll.
Ma la mano che vidi lì sul risvolto del lenzuolo, nella luce giallastra
del mattino, era nodosa e scarna, d’un pallore grigiastro, fittamente
ricoperta di peli scuri: era la mano di Edward Hyde.
Restai a guardarla (la mano e lei così bella nella sua malattia)
almeno per mezzo minuto, (circa 320 sedute), istupidito dalla
mera sorpresa, prima che il terrore mi scoppiasse nel petto, con
lo schianto d’un colpo di piatti in un’orchestra.
Balzai dal letto, corsi allo specchio, l’evidenza m’agghiacciò: sì,
m’ero addormentato Jekyll e mi svegliavo Hyde.
‘Com’era possibile?’
mi chiesi.
E subito dopo, con un nuovo soprassalto di terrore:
‘Come rimediare?’
(R.L. Stevenson,Lo strano caso del Dr. Jekyll e del Sig. Hyde)