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Tenuto consiglio colle guide, si stabilì di compiere
prima la traversata dei Charmoz e poscia di tenta-
re il Réquin, come chiusura….
Ed allora, per tranquillare le nostre famiglie, telegra-
fammo a casa che la campagna era finita e che ci
si avviava pel ritorno.
Fummo prigionieri due giorni in causa del tempo in-
certo. Il Petit Dru, strana vetta che è dura persin nel
nome, andava coprendosi talora di fitte nubi minac-
ciose o coprendosi fantasticamente d’un tratto, e
sembrava ora crescere, ora scemare in altezza.
Era il barometro delle nostre speranze e segnava
variabile… In quelle ore di noia ebbi campo a studia-
re l’ambiente curioso di Montanvert. Il paesino è il ve-
stibolo di uno dei templi più grandi e più venerati dell’-
Alpi, il punto di contatto, la frontiera fra una piccola o-
ligarchia di alpinisti ed una grande (ed apparente) re-
pubblica di non alpinisti.
In quella zona neutra, che è l’albergo, s’incontrano
quelli che scendono dalle pericolose cime con quelli
che salgono dalla valle senza alcun desiderio di arri-
vare più alto; e gli uni guardano gli altri con indifferen-
za, come genti di lingue diverse, e destinate a non…
comprendersi mai!
Vidi centinaia di viaggiatori salire da Chamonix, osser-
vare, guardare e scrutare col binocolo (gli avventurieri,
gli intrepidi conquistatori del nulla….), bere una bottiglia,
e ripartire per Chamonix (attenti solo ai loro forzieri…).
I più coraggiosi s’imbarcano per la traversata del Mare
di ghiaccio; essi discorrono con inquietudine del ‘mau-
vais pas’ che troveranno su l’altra sponda….